2010-06-07 15:07:22

Turchia: non solo cristiani ai funerali di mons. Padovese


In Turchia, fedeli cattolici e non solo renderanno nel pomeriggio l’ultimo saluto a mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale di Turchia, ucciso lo scorso 3 giugno dal suo autista Murat Altun. I funerali, nella cattedrale di Iskenderun, saranno presieduti dall’arcivescovo metropolita di Smirne, mons. Ruggero Franceschini. Dolore e commozione pervadono quanti stanno per partecipare alle esequie, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato di "Avvenire" a Iskenderun, Giorgio Ferrari:RealAudioMP3

 

R. – E’ un’atmosfera di composta mestizia. Ci sono persone arrivate un po’ da varie parti della Turchia: fedeli, amici, conoscenti. Evidentemente, stiamo parlando di una minoranza molto esigua di persone, quindi non abbiamo delle folle sterminate. E’ però significativo il tragitto che hanno fatto: sono persone che vengono da lontano e naturalmente non si tratta solo di religiosi.

 

 

D. – Parteciperanno ai funerali non solo fedeli cattolici, ma anche esponenti di altre religioni, tra cui islamici…

 

 

R. – Sì. Ho visto l’elenco di coloro che dovrebbero essere presenti ai funerali. Dovrebbero arrivare esponenti della comunità musulmana turca e sicuramente anche della Chiesa ortodossa. C’è dunque una testimonianza ed una partecipazione interreligiosa.

 

 

D. – Quali segni lascia nella società turca quest’uccisione così drammatica di mons. Padovese?

 

 

R. – Secondo me questi segni si capiranno tra un po’ di tempo: questo tragico episodio viene derubricato come il frutto della follia. Quindi, da questo punto di vista, non lascia uno strascico pericolosamente polemico come potrebbe essere, invece, nel caso del delitto per motivi religiosi o, peggio ancora - ma questo lo escluderei del tutto - per motivi politici, per ritorsione ai fatti di Gaza. Rimane però l’umana testimonianza di fronte ad un delitto. Non credo che lasci uno strascico di odio e di risentimento.

 

 

D. – Resta poi la testimonianza di un pastore dedito al dialogo. Quel dialogo sottolineato anche dal Papa nel suo viaggio a Cipro…

 

 

R. – La speranza è che non sia stata una morte vana, visto che mons. Padovese aveva dedicato quasi la sua intera esistenza al dialogo fra le varie religioni, alla pace, alla continua vicinanza, al modo d’intendersi anche se si hanno obiettivi diversi. Il segno più eloquente è questo. E’ bello pensare che questa, forse, sarà la testimonianza più forte che resterà e continuerà.

 

 

D. – Una testimonianza di un uomo che ha speso la vita per il Vangelo, come altri in questa terra…

 

 

R. – Esattamente. Sono questi i segni, anche espliciti, del fatto che in queste terre non è facile vivere, non è facile convivere. Le cause si accavallano. Le ragioni vere forse non le sapremo mai del tutto, però si muore. Si muore per la fede, per il fatto di essere una minoranza. Insomma, non è una terra facile. Questi pastori lo sapevano fin dall’inizio e qui sta la loro grandezza.








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