Turchia: non solo cristiani ai funerali di mons. Padovese
In Turchia, fedeli cattolici e non solo renderanno nel pomeriggio l’ultimo saluto
a mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza
episcopale di Turchia, ucciso lo scorso 3 giugno dal suo autista Murat Altun. I funerali,
nella cattedrale di Iskenderun, saranno presieduti dall’arcivescovo metropolita di
Smirne, mons. Ruggero Franceschini. Dolore e commozione pervadono quanti stanno per
partecipare alle esequie, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’inviato
di "Avvenire" a Iskenderun, Giorgio Ferrari:
R.
– E’ un’atmosfera di composta mestizia. Ci sono persone arrivate un po’ da varie parti
della Turchia: fedeli, amici, conoscenti. Evidentemente, stiamo parlando di una minoranza
molto esigua di persone, quindi non abbiamo delle folle sterminate. E’ però significativo
il tragitto che hanno fatto: sono persone che vengono da lontano e naturalmente non
si tratta solo di religiosi.
D. – Parteciperanno
ai funerali non solo fedeli cattolici, ma anche esponenti di altre religioni, tra
cui islamici…
R. – Sì. Ho visto l’elenco
di coloro che dovrebbero essere presenti ai funerali. Dovrebbero arrivare esponenti
della comunità musulmana turca e sicuramente anche della Chiesa ortodossa. C’è dunque
una testimonianza ed una partecipazione interreligiosa.
D.
– Quali segni lascia nella società turca quest’uccisione così drammatica di mons.
Padovese?
R. – Secondo me questi segni
si capiranno tra un po’ di tempo: questo tragico episodio viene derubricato come il
frutto della follia. Quindi, da questo punto di vista, non lascia uno strascico pericolosamente
polemico come potrebbe essere, invece, nel caso del delitto per motivi religiosi o,
peggio ancora - ma questo lo escluderei del tutto - per motivi politici, per ritorsione
ai fatti di Gaza. Rimane però l’umana testimonianza di fronte ad un delitto. Non credo
che lasci uno strascico di odio e di risentimento.
D.
– Resta poi la testimonianza di un pastore dedito al dialogo. Quel dialogo sottolineato
anche dal Papa nel suo viaggio a Cipro…
R.
– La speranza è che non sia stata una morte vana, visto che mons. Padovese aveva dedicato
quasi la sua intera esistenza al dialogo fra le varie religioni, alla pace, alla continua
vicinanza, al modo d’intendersi anche se si hanno obiettivi diversi. Il segno più
eloquente è questo. E’ bello pensare che questa, forse, sarà la testimonianza più
forte che resterà e continuerà.
D. –
Una testimonianza di un uomo che ha speso la vita per il Vangelo, come altri in questa
terra…
R. – Esattamente. Sono questi
i segni, anche espliciti, del fatto che in queste terre non è facile vivere, non è
facile convivere. Le cause si accavallano. Le ragioni vere forse non le sapremo mai
del tutto, però si muore. Si muore per la fede, per il fatto di essere una minoranza.
Insomma, non è una terra facile. Questi pastori lo sapevano fin dall’inizio e qui
sta la loro grandezza.