Beatificazione di padre Popiełuszko: un uomo libero che ha vinto il male con il bene
La testimonianza eroica di padre Jerzy Popiełuszko ci insegna che i regimi passano,
ma la Chiesa e i suoi figli restano: è uno dei passaggi forti dell’omelia dell’arcivescovo
Angelo Amato nella Messa di ieri a Varsavia per la Beatificazione del cappellano di
Solidarnosc, ucciso in odio alla fede dalla polizia comunista 26 anni fa. Un evento
che ha raccolto 150 mila fedeli e che ha visto la concelebrazione di oltre cento vescovi
e duemila sacerdoti. Il servizio di Alessandro Gisotti:
La
grande Piazza Pilsudski di Varsavia si è vestita a festa ieri per la Beatificazione
di padre Jerzy Popiełuszko. Sotto un cielo terso, una moltitudine
di fedeli ha pregato per il suo amato padre Jerzy, con il Rosario tra le mani, ma
anche sventolando bandiere di Solidarnosc e innalzando poster con la foto del sacerdote
martire. Alla cerimonia, tra i tanti esponenti istituzionali ed ecclesiali,
c’era anche la madre novantenne di padre Popiełuszko, Marianna. “Prego Dio
innanzitutto”, ha detto con semplicità a quanti le chiedevano se dopo la Beatificazione
avrebbe pregato suo figlio. Dal canto suo, l'arcivescovo di Varsavia, Kazimierz
Nycz, ha dato inizio alla cerimonia definendo l’evento “un grande giorno per la Chiesa
di Polonia e la patria”. Nella sua omelia, il prefetto della Congregazione delle Cause
dei Santi, mons. Angelo Amato, ha ripercorso la vita dell’eroico sacerdote assassinato
a 37 anni perché diventato troppo scomodo al regime comunista polacco. L’arcivescovo
Amato ha iniziato la sua omelia rivolgendo il pensiero al volto massacrato di padre
Jerzy:
“Il volto orrendamente sfigurato di questo mite
sacerdote somigliava a quello flagellato e umiliato del Crocifisso, senza più bellezza
e decoro”.
Perché questo scempio, si è chiesto il presule?
Padre Jerzy, ha affermato, non era un omicida, un terrorista, ma solo un “leale sacerdote
cattolico” che annunciava Cristo. Ma il Vangelo, ha rilevato con amarezza, non era
in sintonia con l’ideologia marxista. Padre Popiełuszko, ha detto, è
stato “un testimone eroico della bellezza e della verità del Vangelo di Gesù”. Un
martire che "trovò la sua forza nel Signore presente nell’Eucaristia”. Con la sua
testimonianza, ha affermato l’arcivescovo Amato, padre Popiełuszko ci ha mostrato
che “i regimi passano come temporali d’estate lasciando solo macerie, ma la
Chiesa e i suoi figli restano per beneficare l’umanità con il dono della carità senza
limiti”:
“Il messaggio eterno che deve far battere
il nostro cuore oggi, di fronte alle rinnovate persecuzioni contro il Vangelo e la
Chiesa, è quello che il Santo Padre Benedetto XVI ripropone come sintesi della testimonianza
martiriale del Beato Jerzy Popiełuszko, che – dice il Papa - fu sacerdote e
martire, fedele e instancabile testimone di Cristo: egli vinse il male col
bene fino all’effusione del sangue”.
“Vinci il male
con il bene”: questa esortazione di San Paolo fu scelta da padre Popiełuszko come
motto della sua vita e della sua testimonianza evangelica. In un’omelia del
marzo 1983, padre Jerzy affermò: “Mostriamoci forti nella carità, pregando per i fratelli
che sbagliano; non condannando nessuno, ma stigmatizzando e smascherando il male”.
Coincidenza
particolarmente significativa, la Beatificazione di padre Jerzy Popiełuszko è avvenuta
mentre si va concludendo l’Anno Sacerdotale voluto da Benedetto XVI. Sull’attualità
della testimonianza di padre Jerzy per tutti i sacerdoti, si sofferma Annalia Guglielmi,
autrice del libro “Popiełuszko. Non si può uccidere la speranza”, profonda conoscitrice
della realtà polacca che conobbe il cappellano di Solidarnosc in gioventù. L’intervista
è di Alessandro Gisotti:
R.
- Padre Jerzy era un sacerdote in tutto ciò che faceva, era un sacerdote che viveva
una profondissima unità personale e spirituale con Gesù Cristo ed era un sacerdote
per il legame profondissimo che lo univa al suo popolo. Padre Jerzy si pone nella
tradizione, nella grande scia dei grandi sacerdoti santi polacchi, a cominciare proprio
dai primi due santi polacchi, Sant’Adalberto e San Stanislao, per continuare con padre
Kolbe, con il cardinale Wyszynski, con Giovanni Paolo II. Sacerdoti innamorati di
Cristo, obbedienti alla Chiesa e totalmente dediti al popolo loro affidato e per questo
credo che sia una grande testimonianza per tutti i sacerdoti.
D.
- Questo legame con Cristo lo faceva un uomo libero ed è questo che lo ha portato
poi al martirio, la libertà non era consentita…
R.
- Padre Jerzy era un uomo assolutamente libero. Tanto è vero che una volta un suo
amico sospirando disse: potessimo essere un giorno finalmente liberi. Lui lo guardò
dicendo: ma io sono già libero, io sono libero adesso. Era un uomo libero nel senso
che non aveva bisogno di una conferma dalle condizioni esterne per la propria libertà.
Un regime totalitario ha sempre paura degli uomini liberi. Un regime totalitario per
la sua stessa natura e la sua stessa definizione vuole avere il potere assoluto, innanzitutto,
sull’anima dei propri sudditi e il fatto che si possa essere liberi, anche se tutto
ciò che è al di fuori contraddice questa libertà, è una sfida inaccettabile per un
potere totalitario.
D. - Lei ha conosciuto
personalmente padre Jerzy Popiełuszko: cosa le resta di questo incontro
con la persona?
R. - Quello che mi viene
da dire è che la santità è veramente una grazia che il Signore accorda a chi gli si
affida totalmente. Padre Jerzy, quando lo conobbi, a me dava proprio l’impressione
di un giovane sacerdote desideroso solo di affidarsi alla volontà del Signore. La
sua strada lo ha portato fino alla cerimonia di ieri.