Sintesi dell'Instrumentum laboris: cristiani uniti in Medio Oriente per testimoniare
il Vangelo della pace e della giustizia
L’Instrumentum laboris del Sinodo per il Medio Oriente, ovvero il documento di lavoro
per l’assise sinodale, è pubblicato in 4 lingue: arabo, francese, inglese ed italiano.
Il testo, di una quarantina di pagine, è stato realizzato dall’elaborazione delle
numerose risposte al Questionario dei Lineamenta, pervenute dai Sinodi dei Vescovi
delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze episcopali, dai Dicasteri
della Curia Romana, dall’Unione dei Superiori Generali come pure da tante persone
singole e gruppi ecclesiali. Ecco una sintesi del documento nel servizio di Alessandro
Gisotti:
Il
“piccolo gregge” dei cristiani del Medio Oriente è chiamato a testimoniare il Vangelo,
impegnandosi per la pace, la giustizia e la dignità dell’uomo. E’ quanto sottolinea
l’Instrumentum laboris che indica innanzitutto i due obiettivi principali del Sinodo:
“Confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio
e i Sacramenti” e “ravvivare la comunione ecclesiale tra le Chiese” per “offrire una
testimonianza di vita cristiana autentica, gioiosa e attraente”. Sottolineati con
forza anche l’impegno ecumenico e il dialogo con ebrei e musulmani “per il bene dell’intera
società” e perché “la religione, soprattutto di quanti professano un unico Dio”, diventi
“sempre di più motivo di pace”. Il documento constata che i conflitti regionali rendono
particolarmente fragile la situazione dei cristiani.
“L’occupazione
israeliana dei territori Palestinesi – si legge nell’Instrumentum – rende difficile
la vita quotidiana per la libertà di movimento, l’economia e la vita sociale e religiosa”.
Inoltre, viene rilevato, “alcuni gruppi fondamentalisti cristiani giustificano, basandosi
sulle Sacre Scritture, l’ingiustizia politica imposta ai palestinesi, il che rende
ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi”. Del resto, si ricordano le difficoltà
dei cristiani in Iraq, in Libano, in Egitto. “In altri Paesi – si legge ancora – l’autoritarismo,
cioè la dittatura, spinge la popolazione, compresi i cristiani, a sopportare tutto
in silenzio per salvare l’essenziale”. L’estremismo islamico, nel frattempo, continua
a crescere in tutta l’area costituendo “una minaccia per tutti, cristiani, ebrei e
musulmani”. Purtroppo, si legge nel documento, in questo contesto di conflittualità,
difficoltà economiche e limitazioni politiche e religiose, i cristiani continuano
ad emigrare. Un intero capitolo del documento è incentrato sulla “comunione ecclesiale”
in cui si incoraggia “lo spirito di cooperazione tra le varie comunità”. In particolare,
viene espresso l’auspicio che il Sinodo esorti i fedeli a promuovere iniziative pastorali,
specie per quanto riguarda l’impegno sociale, in comunione con i pastori della Chiesa.
Ampio
spazio viene dedicato al tema della testimonianza cristiana, anche in funzione del
dialogo interreligioso. Il dialogo con gli ebrei è definito “essenziale, benché non
facile” risentendo del conflitto israelo-palestinese. La Chiesa auspica che “ambedue
i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini
sicuri ed internazionalmente riconosciuti”. Si ribadisce la ferma condanna dell’antisemitismo.
I cristiani, afferma il documento, sono chiamati “a portare uno spirito di riconciliazione
basata sulla giustizia e l’equità per le due parti”. “Le relazioni tra cristiani e
musulmani – prosegue l’Instrumentum – sono, più o meno spesso, difficili soprattutto
per il fatto che i musulmani non fanno distinzione tra religione e politica, il che
mette i cristiani nella situazione delicata di non-cittadini, mentre essi sono cittadini
di questi Paesi già da ben prima dell’arrivo dell’Islam”.
Di
qui, la convinzione che “la chiave del successo della coesistenza tra cristiani e
musulmani dipende dal riconoscere la libertà religiosa e i diritti dell’uomo”. Si
suggerisce a tal fine “la revisione dei libri scolastici e soprattutto di insegnamento
religioso, affinché siano liberi da ogni pregiudizio e stereotipo sull’altro” e si
invita al dialogo della “verità nella carità”. Nella situazione conflittuale della
regione i cristiani sono dunque esortati a promuovere “la pedagogia della pace”.
Il
documento non manca di soffermarsi su alcune sfide urgenti per la Chiesa locale. La
crisi delle vocazioni, si legge nel documento, è dovuta a varie cause, dall’emigrazione
delle famiglie ad “un ambiente sempre più contrario ai valori evangelici”. E si ribadisce
che la scomparsa dei cristiani rappresenterebbe una perdita per il pluralismo del
Medio Oriente. D’altro canto, i cristiani sono chiamati a promuovere un concetto di
“laicità positiva” dello Stato per permettere più uguaglianza tra i cittadini di religioni
differenti.