Porre fine alla speculazione dei cosiddetti “fondi avvoltoio” che ingrassano i Paesi
più ricchi rendendo ancora più miseri i Paesi poveri: è l’appello lanciato dell’arcivescovo
Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio
Onu di Ginevra, nel suo intervento alla 14.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani
in corso nella città elvetica. Ma cosa sono i “fondi avvoltoio”? Ci risponde lo stesso
mons. Tomasi, al microfono di Sergio Centofanti:
R.
- I “fondi avvoltoio” sono dei fondi o degli investimenti che prendono il nome da
questo uccello che spolpa le ossa delle carcasse degli altri animali oppure attacca
quando un animale è quasi pronto a morire. In altre parole, questi “fondi avvoltoio”
sono dei fondi speculativi che acquistano a basso prezzo i debiti dei Paesi in via
di sviluppo, da creditori pubblici o privati, ma soprattutto dallo Stato. Dopo di
che, la compagnia che compra il debito ad un prezzo molto ridotto va a chiedere al
Paese debitore, in maniera del tutto legale, il rimborso del credito iniziale, aumentando
la richiesta e chiedendo anche gli interessi, in modo che il costo iniziale cresca
di molto. Quando il Paese poi non può pagare, specialmente i Paesi in via di sviluppo
dell’Africa, questi “fondi avvoltoio” tentano di prendersi il denaro proveniente dai
finanziatori pubblici o da qualche risorsa primaria di questo Paese, come petrolio
o altre materie prime, in modo non solo da recuperare la spesa iniziale, ma facendo
degli enormi profitti a scapito appunto di questi Paesi.
D.
– Che cosa chiede la Santa Sede?
R. – Queste speculazioni
vanno eliminate, perché vanno a danno dei Paesi più poveri, che hanno diritto invece
ad avere il necessario per la loro gente e avviarsi verso lo sviluppo. In altre parole,
l’economia ha delle conseguenze sociali e queste conseguenze sociali devono essere
prese in considerazione e a queste si deve dare priorità, perché alla fine è il bene
comune che stiamo cercando: il bene delle persone è al di sopra dei meccanismi del
profitto.
D. – In quali Paesi si praticano queste speculazioni
ai danni dei Paesi poveri?
R. – In genere si tratta
di compagnie americane o europee che operano nei Paesi dell’Africa, come Zambia, Congo,
Camerun, Sierra Leone ecc.
D. – Il debito estero dei
Paesi poveri è un fardello che impedisce lo sviluppo. Qual è l’appello della Santa
Sede?
R. – Certo il principio che i debiti devono essere
pagati noi lo sosteniamo, ma nello stesso tempo si dice anche che le popolazioni hanno
diritto alla sopravvivenza: bisogna garantire l’esercizio dei loro diritti umani fondamentali.
In questo contesto, il debito non deve diventare una forma di oppressione, bloccando
lo sviluppo e la sopravvivenza. Si devono cercare delle formule per incoraggiare sia
i Paesi indebitati ad evitare la mancanza di una gestione trasparente, evitare la
corruzione, evitare una programmazione fallimentare, ma dall’altra anche i Paesi ricchi
a condonare quando è possibile questi debiti, in modo da garantire una ripresa nuova
per questi Paesi.