2010-06-01 14:46:52

A 100 anni dalla Conferenza di Edimburgo, leader di ogni confessione cristiana a confronto nella città scozzese per parlare di evangelizzazione


Edimburgo è di nuovo capitale dell'ecumenismo. Da oggi al 6 giugno, leader di ogni confessione cristiana si incontrano nella città scozzese per riflettere sulle risposte dell'uomo di oggi al mandato di evangelizzare il mondo. A guidare la delegazione cattolica alla Conferenza di Edimburgo è il vescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani. Al microfono di Philippa Hitchen, della redazione inglese della Radio Vaticana, il presule spiega anzitutto l'avvenimento storico che è alla base dell'attuale incontro: RealAudioMP3

R. - Si tratta di celebrare i 100 anni dalla Conferenza di Edimburgo che - nel 1910 - ha segnato l’inizio del Movimento moderno ecumenico. Movimento nato perché coloro che erano presenti - nella grandissima maggioranza protestanti - si resero conto che predicare il Vangelo al mondo rappresentava un compito impossibile proprio a causa di tutte le divisioni che esistono fra i cristiani. Del Movimento ecumenico parla anche il Vaticano II quando dice che “questo è un dono dello Spirito Santo” e la Chiesa cattolica entra formalmente in questa ricerca dell’unità, che è per noi non soltanto un dovere, ma anche un elemento essenziale della missione stessa della Chiesa: quella dell’unità, che è centrale in tutta la nostra fede. Cent’anni dopo, noi saremo ad Edimburgo per partecipare, insieme a molti altri, ad una riflessione seria e profonda sul compito di predicare il Vangelo al mondo, partendo dalle circostanze che sono cambiate nel mondo e che esigono quindi una specifica riflessione su come portare il Vangelo alle società di oggi. Una volta era tutto chiaro: si andava nelle terre lontane per predicare Cristo; oggi le “terre lontane” sono, invece, proprio a casa nostra. C’è quindi una seria riflessione da fare. Saremo ad Edimburgo anche per sostenere il Movimento ecumenico che deve essere al centro dell’opera della Chiesa, perché è vero che il mondo non crederà se i cristiani rimarranno divisi.
 
D. - Questa è una Conferenza di quattro giorni, ma è il frutto di un lungo processo di mesi e mesi di lavoro in varie parti del mondo…
 
R. - La cosa importante da sottolineare è che non si tratta di una Conferenza di quattro giorni per celebrare un qualcosa avvenuto 100 anni. E’ da più di due anni, infatti, che un grandissimo numero di Facoltà universitarie, di gruppi, di associazioni interessati all’ecumenismo e alla vocazione missionaria nel cristianesimo hanno seguito un corso che ha prodotto poi una serie di studi importanti, relativi alla situazione attuale e alle nuove esigenze della missione.
 
D. - Ci sono tante divisioni e tante idee sul futuro del cristianesimo rappresentate in questa Conferenza. Quanto sarà difficile riuscire a tirare qualche conclusione che si possa poi mettere veramente in atto?
 
R. - Si tratta di trovare nella diversità delle Chiese e delle comunità ciò che si ha di comune. Alle nostre spalle c’è un secolo: un secolo di riscoperta degli elementi comuni che abbiamo tutti noi cristiani, fondati anzitutto sul comune Battesimo e sulla fede in Gesù Cristo. Siamo ormai abituati a trovare modi per collaborare con le altre Chiese in vari progetti ed ora parliamo di collaborazione proprio in campo di missione.







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