Dal 6 al 10 maggio scorsi, il cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese
Orientali ha compiuto la sua prima visita in Romania. Nell’incontro con i vescovi
greco-cattolici, svoltosi a Blaj, ha esordito richiamando quanto Papa Benedetto XVI
fin dall’inizio del Pontificato ha ricordato alla Chiesa, ossia che la scelta ecumenica
compiuta dal Concilio Ecumenico Vaticano II è irreversibile e costituisce il punto
di riferimento delle relazioni interecclesiali, anche se talvolta comporta sofferenza:
«Nulla dobbiamo lasciare di intentato — ha affermato il porporato — per condividere
la preghiera di Cristo al Padre: ut unum sint». Ha quindi aggiunto che le sfide del
dialogo costituiscono una strada ardua. Nonostante ciò, concentrarsi su di esso è
una grazia e comporta l’accettazione dell’altro e ciò esige reciproca conversione
interiore. Il Santo Padre lo aveva ricordato anche nella recente «visita ad Limina»
compiuta dai vescovi orientali e latini di Romania, sottolineando che la comprensione
delle urgenze evangeliche diventa difficile se è alimentata da tentativi di rivalsa
gli uni sugli altri, che sono estranei allo spirito ecclesiale. A questo proposito,
ha invitato la “Chiesa Romena Unita con Roma”, come essa si qualifica ufficialmente,
a promuovere iniziative ecumeniche con rinnovata fiducia, soprattutto nella celebrazione
della Settimana di preghiera per l’unità, nelle reciproche feste patronali e in tutta
la possibile collaborazione pastorale, tentando di raggiungere una intesa sulle questioni
delle proprietà e dell’uso dei luoghi di culto e compiendo ogni possibile passo concreto
di riconciliazione e di avvicinamento. Ha citato la Lettera apostolica Orientale Lumen,
di cui ricorreva il 2 maggio scorso il XV anniversario di pubblicazione per ricordare
l’invito rivolto dal Servo di Dio Giovanni Paolo II alla Chiesa latina «a farsi sempre
più attenta al patrimonio dell'Oriente cristiano considerandolo un tesoro spirituale
per tutta la Chiesa». Passando ai problemi interni alla Chiesa greco-cattolica, il
prefetto ha richiamato l'attenzione sullo «stato attuale della secolarizzazione per
unire le forze nel confronto con un mondo piuttosto ostile nella pratica dei valori
cristiani». Ciò comporta, in primo luogo, un attento discernimento spirituale e un'adeguata
formazione dei seminaristi «per avere un clero responsabile e dedito al Vangelo».
Un altro punto su cui si è soffermato è stato le necessità di «migliorare l'organizzazione
dei seminari della Chiesa greco-cattolica romena” e di curare adeguatamente le vocazioni
al celibato sacerdotale, vivamente raccomandato in un contesto che conosce la prassi
antica del sacerdozio uxorato: ogni eparchia potrebbe pensare a condizioni migliori
per la formazione del clero celibe, perché esso costituirebbe un grande vantaggio
per la Chiesa greco-cattolica in patria e per la pastorale dei fedeli emigrati, il
cui numero è sempre in crescita. Si tratterebbe — ha ribadito il porporato — «di una
apprezzabile e urgente espressione di missionarietà in linea con l'ecclesiologia di
comunione inter-ecclesiale postulata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Ma certo
questa riflessione non vuole significare un invito alla fuga dalla realtà e dalle
urgenze pastorali della amata patria romena». In precedenza, il cardinale Sandri aveva
partecipato alla divina liturgia nella cattedrale di Blaj, sottolineando nell'omelia
come «attraverso le tenebre della persecuzione sia stato possibile preparare e contemplare
il miracolo della risurrezione». La visita del prefetto ha avuto altri momenti significativi,
quali la sosta di preghiera nella chiesa di san Basilio Magno del vicariato greco-cattolico
di Bucarest, un ricevimento con i fedeli greco-cattolici al quale hanno partecipato
diversi ambasciatori, tra i quali quelli di Italia, Francia, Germania, Spagna, Libano,
Argentina, ad attestare il riconoscimento del mondo diplomatico per il significativo
apporto della comunità cattolica alla vita sociale del Paese. Altra tappa del viaggio
è stata la visita al monastero della Congregazione delle Suore della Madre di Dio
di Cluj e la Divina Liturgia nella Cattedrale della Trasfigurazione, dove era presente
l’arcivescovo Gheorghe Gutiu, pastore emerito di Cluj, che il cardinale ha salutato
come “testimone della fede”, avendo affrontato carcere e persecuzioni in assoluta
fedeltà alle promesse del battesimo e del ministero sacerdotale. Ultimo appuntamento
l'incontro con i consacrati, i seminaristi e i docenti universitari nella sede vescovile
di Cluj. Ma il momento forse più toccante è avvenuto a Sighet, nella zona di Baia
Mare, luogo sacro alla memoria dei martiri della persecuzione comunista del secolo
scorso. Nel corso della visita il cardinale prefetto ha incontrato nella residenza
patriarcale di Bucarest il patriarca ortodosso di Romania, Sua Beatitudine Daniel:
il porporato ha recato il saluto del Santo Padre per il Patriarca e la Chiesa Ortodossa,
col dono di una pregevole medaglia del pontificato, ricevendo in risposta attestazioni
di fraternità e di profondo rispetto verso il Papa. A Bucarest ha avuto luogo anche
un cordiale e proficuo incontro col Ministro degli Esteri. Ovunque il cardinale Sandri
si è fatto latore del saluto e della benedizione apostolica di Benedetto XVI, accolti
con gioia da pastori e fedeli, coltivando nel riferimento al pastore universale il
ricordo incancellabile dei romeni per la visita di Giovanni Paolo II e della liturgia
che la sigillò col grido: “unitate, unitate”.