La Convenzione dei Diritti dei Minori delle Nazioni Unite in Indonesia è rimasta lettera
morta. La denuncia arriva dall’Ong Coalition for Child Rights Monitoring che ha stilato
un rapporto sull’applicazione della Convenzione Onu tra il 1997 e il 2009. Nel documento
citato dalla Fides emerge che milioni di bambini indonesiani sono ancora privi dei
diritti fondamentali e rimangono molto vulnerabili a causa degli abusi, degli sfruttamenti
e delle discriminazioni subiti. Contrariamente alla Convenzione, la legge indonesiana
consente ai bambini di 12 anni di avere relazioni sessuali, mentre già ad 8 anni sono
soggetti a giudizi penali, possono essere messi in carcere come gli adulti. Secondo
la National Commission for Child Protection, l’89.8% dei bambini rinviati a giudizio
nel 2009 sono stati mandati in prigione. Da alcuni dati raccolti dall’Università dell’Indonesia,
il 57% di questi bambini vengono tenuti in carcere con gli adulti. Il Paese aveva
ratificato la Convenzione nel 1990 e nel 2002 ha pubblicato un decreto presidenziale
a tutela dei bambini. Tuttavia, Coalition for Child Rights Monitoring ha ritenuto
inadeguato il decreto e ha richiesto una legge specifica su tutti i diritti dei minori,
all’istruzione gratuita, alla libertà di religione e alla tutela sanitaria. Nel rapporto
sono indicate diverse raccomandazioni a tutela dei bimbi indonesiani. Tra queste,
la ratifica di protocolli contro la vendita dei minori, la pornografia e la prostituzione
infantile; l’inserimento nella Costituzione di un emendamento che includa i diritti
dei bambini. La relazione dell’Ong è il risultato di uno studio durato due anni e
mezzo e ha preso in esame 377 bambini di 14 province di tutto il Paese. Tra questi
c’erano bimbi che hanno dovuto lasciare la scuola, alcuni indigeni e appartenenti
a minoranze religiose, sopravvissuti a violenze sessuali, bambini di strada. Lo studio
della “coalizione” è una pietra miliare in quanto fornisce dati alternativi da confrontare
con i risultati governativi. “Il governo riporta solo le cose belle”, si legge in
una dichiarazione di un rappresentante del Crc, “mentre il nostro rapporto dà voce
ai bambini, rendendoli partecipi di processi decisionali”. (M.G.)