Polemiche per una direttiva che nega i trapianti a pazienti con ritardo mentale
“Non esiste alcun motivo razionale per negare a priori un organo a pazienti con ritardo
mentale”: così Nicola Panocchia del servizio di emodialisi del Policlinico Gemelli,
che insieme al collega Maurizio Bossola e allo psicologo californiano Giacomo Vivanti,
ha pubblicato uno studio sulla rivista American Journal of Transplantation dopo una
direttiva in senso opposto della Regione Veneto (n. 851 del 31 marzo 2009). In sostanza
si smontano punto per punto le linee guida fatte proprie dalla giunta precedente a
quella del governatore Luca Zaia, denunciando - di fatto - una pesante deriva eugenetica
ed eutanasica. Massimiliano Menichetti ha intervistato lo stesso dott. Nicola
Panocchia:
R. - Siamo
rimasti molto sorpresi dal fatto che un’istituzione pubblica avallasse di fatto -
con la pubblicazione nella Gazzetta Regionale - un criterio che a nostro avviso non
trova un riscontro né giuridico né etico né clinico e vale a dire quello di escludere
a priori i pazienti con ritardo mentale dalla trapiantabilità. D.
- Viene ribadito anche dal Centro Nazionale Trapianti: fino ad oggi a livello nazionale
non c’è questa discriminazione anche se il veto apre a questa possibilità… R.
- Di fatto a livello nazionale quasi tutti i centri hanno finora sempre valutato il
paziente caso per caso, senza - diciamo - avere dei valori soglia, come il Qi inferiore
a 50 o a 70, ma sempre valutando il singolo paziente. Questa a noi sembra essere la
valutazione più corretta da fare. D. - Voi ribadite che il problema
non è politico, ma è molto più grave… R. - E’ chiaro che le
linee guida pubblicate dal Veneto hanno recepito verosimilmente delle linee guida
cliniche, mediche, psicologiche e quindi elaborate da esperti. Il problema è ancor
prima che politico - vorrei dire - un problema medico. D’altra parte noi ritroviamo,
soprattutto in letteratura anglosassone, alcuni autori che sostengono che il trapianto
- anche se salvavita - non è indicato di beneficio ai pazienti con ritardo mentale,
perché questi non miglioreranno la loro qualità di vita con il trapianto. Ma la qualità
di vita è decisa da chi? E’ misurata da chi? E’ questo il vero nocciolo della questione!. D.
- Chiaramente per quanto riguarda il caso del Veneto, ora ci si aspetta un correttivo? R.
- Questo ce lo auguriamo tutti. D. - Dottor Panocchia, per quale
motivo - secondo il Veneto - c’è la possibilità di escludere chi ha un ritardo mentale
dal trapianto? R. - Queste linee guida non motivano questo,
ma verosimilmente almeno tra gli autori che in letteratura si trovano favorevoli all’esclusione
di questi pazienti dal trapianto, noi troviamo quattro motivazioni fondamentali, che
però noi nel nostro articolo argomentiamo e riteniamo non siano valide. La prima è
appunto quella di una ridotta aspettativa di vita, ma questo non è necessariamente
vero. Il secondo problema, che è quello - diciamo - più importante, è quello della
“mancanza di compliance”, della mancanza cioè di capacità del paziente di aderire
alla terapia. Ma anche un bambino, di fatto, non è in grado da solo di aderire ad
una terapia: se non ha un nucleo familiare che lo sorregge, un bambino non è infatti
in grado di assumere nessun tipo di terapia. Poi c’è l’incapacità di comprendere il
processo del trapianto: ma anche qui basta pensare ai bambini e a molti adulti che
non capiscono completamente alcune procedure mediche a cui vengono sottoposti. Infine,
e questo è poi il problema che si ritrova molto spesso nella letteratura anglosassone,
ci sono alcuni articoli ed anche alcuni bioeticisti che sostengono che
sia inutile trapiantare queste persone, perché poi in termini di qualità di vita non
gioveranno del trapianto. Ma ripeto ancora: chi la valuta la loro qualità di vita? D.
- Viene messa in discussione addirittura la dignità umana? R.
- Siamo al solito problema del concetto chi è persona e chi no. In fondo questo è
alla base di molte controversie proprio in bioetica. D. - Un’eugenetica,
un uomo cioè fatto ad immagine di qualcuno che lo pensa come perfetto? R.
- Direi proprio di sì.