Consacrazione episcopale di mons. Shomali, nuovo vescovo ausiliare di Gerusalemme
Si svolge questo pomeriggio, nella Basilica di Santa Caterina a Betlemme, la consacrazione
episcopale di mons. William Hanna Shomali, nominato il 31 marzo scorso da Benedetto
XVI vescovo ausiliare di Gerusalemme. Presiederà la consacrazione il Patriarca latino
di Gerusalemme, mons. Fouad Twal. Sul sito del Patriarcato, mons. Shomali affronta
in un’intervista le sfide del suo nuovo compito a partire dalla difficile situazione
in Terra Santa. Ascoltiamo le sue riflessioni:
R. – E’ vero
che la situazione politica è difficile e, specialmente, che la natura del conflitto
che viviamo ormai da anni - da circa un secolo - non è soltanto di natura militare,
territoriale o politica, ma è specialmente di natura ideologica. Sappiamo che è difficile
riuscire a sradicare un’ideologia, ma bisogna provare a convincere, bisogna dialogare
e questo non viene certo aiutato dalla violenza. La violenza non è la chiave per la
soluzione del conflitto mediorientale. E’ stata usata tanta violenza, ma senza arrivare
ad alcuna utilità. Dobbiamo dialogare, pazientare, lavorare insieme e pregare, perché
il Signore è il più forte. La pace è il nostro pane quotidiano e questo pane quotidiano
dobbiamo chiederlo ogni giorno e soprattutto dobbiamo meritarlo. Verrà l’ora della
pace, forse non sarà domani, forse sarà dopodomani. Il tempo del Signore, l’orologio
del Signore è diverso dal nostro orologio. Ma noi dobbiamo pregare, lavorare e pazientare,
sempre con la speranza – e di questo siamo sicurissimi – che la pace in Terra Santa
arriverà. D. – La situazione dei cristiani in Terra Santa è
molto difficile e c’è il dramma dell’emigrazione… R. – Sì, i
cristiani di Terra Santa sono quelli che emigrano di più. La maggioranza delle nostre
comunità si trova fuori: solo in Cile ci sono 300 mila cristiani di origine palestinese.
Noi non vogliamo perderne più, perché l’esiguo numero che è rimasto, deve ora rimanere,
altrimenti questo diverrà una povertà per tutta la Terra Santa, per tutte le Chiese,
ma anche per tutti gli abitanti di questa terra, perché noi rappresentiamo un elemento
moderatore. E questo tutti lo riconoscono. Anche i musulmani e gli ebrei riconoscono
che la presenza dei cristiani è una presenza moderata e moderatrice. Dobbiamo riuscire
a convincere le nostre comunità e i nostri cristiani che la loro presenza non è legata
ad una fatalità, ma è una benedizione, una missione, una vocazione. Il Signore ci
vuole qui, testimoni della sua presenza, della sua missione e della sua Resurrezione.
Riuscire a convincere i nostri cristiani di questa realtà è certamente un grande lavoro.
Un lavoro che, però, darà loro molta speranza. Devo anche dire che c’è una grande
tentazione che minaccia tutti noi proprio a causa del nostro piccolo numero, quella
cioè di vivere isolati, di vivere in un ghetto parrocchiale o intellettuale o religioso.
Dobbiamo uscire da questo nostro ghetto, da questo nostro isolamento e, come hanno
fatto gli Apostoli nel giorno della Pentecoste, che sono usciti dal Cenacolo molto
forti, anche noi dobbiamo avere questa forza per essere testimoni sereni della bella
missione di Gesù Cristo. D. – Sentite la solidarietà della Chiesa
universale? R. – Riceviamo abbondantemente da tutte le Chiese
del mondo. Posso dire che la Provvidenza non ci ha mai abbandonati, in tutti i tempi
e nell’arco di tutti i secoli. Più c’è difficoltà e più riceviamo solidarietà. Un
motivo, questo, per ringraziare tutte le Chiese, i vescovi, i parroci e i pellegrini
per tutto il loro aiuto. Questi aiuti, che provengono specialmente dalla Colletta
del Venerdì Santo, ma anche da diverse organizzazioni internazionali come l’Ordine
Equestre del Santo Sepolcro, ci permettono di mantenere i Luoghi Santi, che sono numerosi
in Terra Santa, ma anche di mantenere le strutture, le scuole (abbiamo molte scuole
con migliaia e migliaia di studenti), gli ospedali (abbiamo 12 ospedali cattolici),
le parrocchie, il clero e le congregazioni religiose, ma anche di portare avanti progetti
e manutenzioni. L’aiuto viene speso in modo molto proficuo per tutto. D.
– Qual è la situazione ecumenica e l’impegno della minoranza cristiana in Terra Santa? R.
– Posso dire certamente che dovremmo fare di più, che dovremmo cercare di lavorare
insieme ai vescovi non cattolici per cercare di accelerare l’unità tra le Chiese.
C’è ancora molto da desiderare, tanto più che nei Luoghi Santi spesso ci sono ancora
conflitti tra le diverse chiese e questo crea certamente uno scandalo al di fuori
di qui: i mezzi di comunicazione pubblicano all’istante tutto quello che accade in
Terra Santa e soprattutto all’interno dei Luoghi Santi. Dobbiamo, quindi, cercare
di fare uno sforzo enorme per migliorare il clima ecumenico. E’ un precetto del Signore
ed è una richiesta popolare: il popolo è scioccato, è scandalizzato dalle divisioni
delle Chiese, non capisce le diversità teologiche e chiede soltanto l’unità. Noi dobbiamo
quindi lavorare con tutte le nostre forze per accelerare l’unità tra le Chiese.