2010-05-24 15:05:18

Solenne chiusura dell'Ostensione della Sindone. Il cardinale Poletto: non sia dispersa la grande speranza della Passio Christi


Si è conclusa ieri pomeriggio, nella Solennità della Pentecoste, la prima Ostensione della Sindone del Terzo millennio. L’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, ha presieduto in Duomo la concelebrazione conclusiva con i vescovi del Piemonte. All’inizio del rito è stato letto il messaggio del Papa al porporato: Benedetto XVI ha ricordato la sua “intima e commossa gioia” di poter venerare il Sacro Lino durante la sua recente visita a Torino e ha rievocato i vari incontri avuti nell’occasione, “specialmente quello entusiasmante con i giovani e quello toccante con gli ammalati”, ringraziando tutti i fedeli per il “profondo affetto” manifestato al Successore di Pietro. Ma veniamo alla Messa del cardinale Poletto. Ce ne parla la nostra inviata Emanuela Campanile:RealAudioMP3



(canto)

 

Una omelia, quella dell'arcivescovo di Torino, fatta di gratitudine per aver avuto il privilegio di vedere in queste sei settimane di Ostensione le meraviglie compiute da Dio nel cuore delle persone ma anche fatta di testimonianza personale. Il cardinale Poletto

“Ho visto ancora una volta, con grande commozione, l’immagine del Crocifisso della Sindone e ho fissato il mio sguardo d’amore sui segni impressionanti dell’umana sofferenza affrontata da Gesù nella sua Passione e Morte. Una sofferenza che mi ha parlato d’amore, di un amore infinito e personale, donato a tutti, ma anche e in modo infinito a ciascuno di noi… Mi sono sentito rinfrancato perché quell’amore di Cristo crocifisso mi ha avvolto di una luce nuova, quella della sua Risurrezione: «Sono risorto e sono sempre con te» (Liturgia della Messa pasquale). Questo mi ha dato la certezza che il mio peccato è perdonato e che anche la mia morte sarà annientata dalla gloria della Risurrezione”. 

E come ogni pastore lo sguardo non poteva non soffermarsi si volti dei tanti pellegrini giunti a Torino anche d’oltre oceano e desiderosi di trovarsi, pur se pochissimi istanti, faccia a faccia con l’immagine dell’Uomo dei dolori: 

“Ho anche visto scolpita sul volto dei numerosi pellegrini l’immagine di tutta l’umanità: un’umanità sofferente (la Passio hominis) che sperimenta nelle proprie membra i patimenti di Cristo e da questi si sente redenta e consolata; un’umanità in cammino alla ricerca di un Volto, il volto di un uomo che è Volto di Dio, il Volto di Gesù, per riuscire a ritrovare la forza di andare avanti con fiducia, quella che nasce dal sentirsi veramente amati da un Dio che si fa uomo per entrare nelle nostre più terribili oscurità e così introdurci in quella luce che dà la certezza che nulla di quanto viviamo è privo di senso”.



Ma cosa accadrà ora, dopo che dai cinque continenti più di due milioni sono accorsi per contemplare o anche semplicemente vedere quel corpo così trafitto ma ricolmo di pace? Cosa succederà ora che il Sacro Lino verrà dunque riposto nella sua teca blindata? Le parole conclusive sembrano rispondere a ognuna di queste domande o meglio sembrano indicare la strada da percorrere:



“Chiedo sinceramente al Signore che nessuno disperda quella grande speranza che la Passio Christi ha seminato nei cuori di tanti fratelli e sorelle chiamati a portare ogni giorno croci pesanti: la Passio hominis. Il Signore Gesù, di cui la Sindone ci parla, ci lascia nel cuore la certezza che dobbiamo avere fiducia, perché Egli ci precede sempre ed ovunque: sulla strada del Calvario, nella sofferenza della Croce, nel buio profondo della morte, ma soprattutto ci precede nella luce della Pasqua di Risurrezione e nella gloria definitiva alla destra del Padre, dove, come ci ha detto con chiarezza, è andato a prepararci un posto”.



Torino risplende oggi sicura del sole di questi ultimi giorni certa della fede in cui è stata confermata.



(musica)



L’Ostensione della Sindone si è dunque conclusa con un notevole successo dell’organizzazione che ha gestito in modo sereno e ordinato oltre due milioni di pellegrini: ma quali sono i frutti spirituali di questo evento? Emanuela Campanile lo ha chiesto a mons. Giuseppe Ghiberti, biblista e presidente della Commissione diocesana della Sindone:RealAudioMP3



R. - Calcolare i frutti è una cosa molto difficile. In ultima istanza solo il buon Dio li vede. Noi abbiamo qualche indizio, la gente si è interessata molto alla Sindone. Mi pare di capire che tante persone che lungo il cammino erano piuttosto distratte, rumorose, arrivate davanti dalla Sindone hanno fatto silenzio e si sono allontanate con atteggiamento molto diverso da quello con cui erano entrate nella sala di prelettura, perché quello è il momento in cui le cose incominciano a cambiare. Questo fa sperare che il messaggio fondamentale, che è difficile da applicare ma non tanto difficile da capire, venga recepito nella sua sostanza più semplice.

 

D. - Nella sua storia di biblista che cosa significa porsi di fronte all’immagine dell’Uomo dei dolori? Che esperienza è la sua? In un certo senso mi verrebbe da dirle che lei è un privilegiato…

 

R. - Io sono un privilegiato per questo, che corre il rischio di non avvertire più il suo privilegio perché le ore che ho avuto da passare a contatto diretto con la Sindone, cioè a distanza o di pochi metri o qualche volta di pochi decimetri, la maggior parte della gente non lo avrà mai. Questo crea uno stato d’animo che poco per volta si differenzia da quello di altri. In tutto questo tempo, ho sempre l’attenzione costante a dire: adesso ti fermi un momento. Soprattutto durante l’Ostensione, al mattino presto, prima delle Messe, stare davanti alla Sindone. Lì il dialogo avviene con un po’ più di calma ed è possibile valorizzare i particolari delle sofferenze del capo, del corpo, delle mani e dei piedi. Lì dove, poi, l’applicazione alla propria vita viene molto spontanea: quel capo che ha sofferto perché io non ho ragionato sempre bene con la mia testa; quel corpo che ha sofferto perché io ho concesso al mio corpo ciò che per lui è stato motivo di sofferenza; le mie mani, i miei piedi che sono andati dove lui forse desiderava che non andassero e avanti di questo passo. Allora, diventa un motivo di dialogo, di verifica, di richiesta di perdono.(Montaggio a cura di Maria Brigini)








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