Rapporto sui diritti globali: famiglie italiane sempre più povere
La crisi economica ha due pesi e due misure: se le famiglie italiane sono sempre più
povere, manager e dirigenti continuano ad avere stipendi da capogiro: lo afferma il
Rapporto sui diritti globali 2010 presentato oggi a Roma. Le famiglie, in particolare
quelle numerose, sono sempre più indebitate e hanno mutui per la casa che non consentono
alcun risparmio. In sei anni, tra il 2002 e il 2008, il reddito netto familiare ha
perso ogni anno circa 1.600 euro tra gli operai e 1700 tra gli impiegati. La Chiesa
e il mondo dell’associazionismo continuano a chiedere il sostegno delle istituzioni.
Ma in che modo aiutare i nuclei familiari in Italia? Antonella Palermo lo ha
chiesto ad Andrea Olivero, presidente delle Acli.
R. – Innanzitutto,
riconoscere il protagonismo delle famiglie. Proprio nei tempi di crisi si vede quanto
la famiglia sia l’unica struttura che davvero riesca a modificare il proprio modello,
la propria capacità anche di andare incontro alle esigenze delle persone, per adeguarsi
ai bisogni di tutti. Eppure noi, troppe volte, l’abbiamo dimenticata e non le diamo
adesso quello che necessita, cioè la possibilità effettivamente di esercitare questo
suo grande ruolo sociale. D. – Cosa fare, dunque? R.
– Ritengo che si debba incidere sul fisco. L’aspetto delle risorse economiche sembra
una cosa secondaria, per certi versi, ma non lo è, perché in tempi di crisi i soldi
che si hanno a disposizione sono fondamentali, anche per garantire salvezze minime
alle persone. Quindi, noi chiediamo che proprio in questo momento, anche se le casse
dello Stato non sono floride, si debba rischiare per andare ad investire sulla famiglia.
Quindi, il quoziente familiare o altri strumenti, che segnino un netto cambio di passo
e che diano protagonismo alla famiglia in quanto tale. D. –
Quali le altre richieste? R. – Chiediamo che vengano messi in
campo dei servizi, ma dei servizi migliori, più attenti alle esigenze familiari, dei
servizi che, in primo luogo, privilegino le famiglie più deboli, meno strutturate,
più povere che, in qualche modo, oggi stanno soffrendo di più la crisi - la crisi,
ancora una volta, colpisce chi già era in affanno - e in particolare anche quei servizi
che possano garantire l’accesso al lavoro per le donne. Noi riteniamo che il lavoro
femminile sia una delle grandi strategie per uscire da questa crisi, che non è soltanto
una crisi congiunturale, ma una crisi strutturale. D. – Servono
anche delle misure stabili, di contrasto alla povertà... R.
– Noi come Acli abbiamo proposto di andare a rivedere la Social Card, andando ad ampliarla,
cioè a farla diventare davvero uno strumento universale, di contrasto alla povertà,
ma mantenendola come una misura familiare, cioè una misura che va ad aiutare le famiglie
povere, perché, appunto, in quanto tali oggi soffrono e faticano. In questa direzione
noi abbiamo chiesto anche a Caritas italiana, che sappiamo essere una realtà veramente
straordinaria nell’aiuto quotidiano, ma anche nell’elaborazione - stando a fianco
dei più poveri si rende conto di quali siano i bisogni - di darci una mano proprio
per andare a fare delle proposte e a partire da queste o altre, in questo Anno europeo
dedicato alla lotta alla povertà, che possano incidere davvero nella vita delle persone.