Cresce la povertà in Europa. Barroso: combatterla con la formazione
"Occorre investire nell'istruzione e nella conoscenza, per combattere la disoccupazione
e la povertà": è quanto ha detto ieri a Firenze il presidente della Commissione Europea,
José Manuel Barroso, a chiusura della conferenza biennale del Cese, il Comitato economico
e sociale europeo. Barroso ha sottolineato che "la crisi economica e finanziaria ha
spazzato via dieci anni di crescita e di progressi. E – ha ammonito - non è ancora
passata". Secondo gli ultimi dati infatti la povertà in Europa sta crescendo: l'esclusione
sociale colpisce oramai un cittadino su quattro, e proprio nell'Anno dedicato dal
Vecchio Continente alla lotta contro la povertà. Ma chi sono i poveri oggi in Europa?
Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Mario Sepi, presidente del Cese:
R. - Fondamentalmente
sono coloro che non sono in grado di gestire la propria vita, che sono costretti in
una situazione di emarginazione. Questi sono i veri poveri. E’ per questo che noi
puntiamo molto sull’educazione: il modo per farli rientrare nel sistema produttivo,
nella società, è quello di dare loro una formazione che sia adeguata alle nuove sfide
che devono affrontare nei prossimi anni.
D. – Gli
ultimi dati Eurostat sulla povertà sono del 2006, parlano di un cittadino su quattro
in Europa con reddito inferiore al 70 % della media. Il 19 % dei bambini è a rischio.
C’è stata poi la crisi, ora c’è l’austerità proprio nei Paesi europei. Quanto pensa
che questo possa incidere?
R. – Sicuramente inciderà,
perché nel momento in cui si decide di ridurre la spesa pubblica, spesso questo non
si limita soltanto alle spese cosiddette improduttive, ma tocca anche i problemi di
carattere sociale. Uno dei significati fondamentali di questa biennale è dare una
risposta sul sociale a tutto questo periodo di austerità che affronterà l’Europa.
Si può fare l’austerità senza toccare quello che è il modello sociale europeo, che
è l’essenza stessa dell’Europa. Senza coesione sociale l’Europa diventa anche meno
competitiva.
D. – La vostra biennale s’inserisce
con il suo tema nell'anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Quali sono gli obiettivi in questo arco di tempo e cosa già si sta facendo?
R.
– Per il momento c’è soltanto un finanziamento e c’è una serie di iniziative a livello
nazionale. Però manca un quadro di riferimento, perché l’Unione Europea in quanto
tale non ha competenze in campo sociale. Infatti, una delle richieste che noi faremo
è che finalmente il programma di azione sociale sia messo in piedi complessivamente
in Europa, basandosi sul Trattato di Lisbona. I due elementi fondamentali sono da
un lato, un protocollo sui servizi sociali, fondamentali per la lotta alla povertà,
e dall’altro, una clausola sociale che prevede che per qualunque situazione europea
bisogna considerare anche l’impatto sociale. Noi pensiamo che però non basti, ed è
per questo che poniamo il problema dell’educazione, perché per noi la povertà non
è soltanto la povertà dal bisogno immediato, ma anche la possibilità di gestirsi,
di essere persona.