Cattolici in politica. Mons. Fisichella: coerenti nel messaggio e nella vita
Si è conclusa ieri la 24.ma plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, riunitasi
a Roma sul tema “Testimoni di Cristo nella comunità politica”. Ricevendo i partecipanti
venerdì scorso, Benedetto XVI ha ribadito che oggi più che mai “c’è bisogno di politici
autenticamente cristiani”, sottolineando la necessità di promuovere quei valori propri
della Dottrina Sociale della Chiesa, come vita, famiglia, solidarietà con i poveri,
libertà, ricerca del bene comune, che garantiscono un autentico sviluppo della società.
Ma qual è la responsabilità dei fedeli laici nella politica? Debora Donnini
lo ha chiesto all’arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia
Accademia per la Vita e cappellano della Camera dei Deputati:
R. – La prima
responsabilità è quella di avere una consapevolezza chiara del momento storico che
noi stiamo vivendo e delle urgenze che sono sul tappeto di questi anni. Ritengo che
la politica debba riflettere su due fronti. Da una parte sulla formazione che deve
essere data alle nuove generazioni fa comprendere che quando si fa la legge, quando
c’è attività legislativa, in contemporanea c’è sempre un’azione culturale che viene
posta in essere. Quindi, c’è questa prima dimensione fondamentale. Però, dall’altra
parte, c’è anche quella tipica, peculiare, di una responsabilità per la formazione
nella vita politica e questo mi porta a riflettere su un argomento che da diversi
anni, soprattutto nel nostro Paese, noi verifichiamo: la scomparsa, ormai, dei movimenti
giovanili all’interno dei partiti.
D. – Quanto è
importante una formazione permanente cristiana per i cristiani impegnati in politica?
R.
- Il cristiano che s’impegna nella politica sa che il suo non è un semplice ruolo
che svolge … ma lontano da me il dover pensare che possa essere inteso come un mestiere
o un lavoro qualunque. Spero che il cristiano che s’impegna in politica lo faccia
per vocazione e, quindi, come tale, il ruolo che egli è chiamato a svolgere diventa
la missione di essere un autentico testimone. Ora, la prima cosa che viene richiesta
a un testimone è quella di essere trasparente: cioè, la vita e il messaggio reciprocamente
fanno trasparire l’uno e l’altro. Quindi, la prima dimensione che mi viene spontanea
sulla quale riflettere è proprio quella di una testimonianza che sia coerente, che
sia sostenuta anche da una profonda esperienza di fede e di spiritualità.
D.
– Il relativismo permea ormai molto la società odierna. Secondo lei, i politici cristiani
devono impegnarsi di più per difendere famiglia e vita?
R.
– Da questo punto di vista credo che non soltanto debbano impegnarsi i cattolici direttamente
ma tutte quelle persone che credono nel valore della vita e credono anche nel valore
di una verità che non solo può essere raggiunta ma che può essere anche esplicitata
e far diventare questa verità anche cultura e comportamenti consequenziali. Quindi,
io direi soprattutto nei confronti della vita, soprattutto nei confronti della famiglia,
questi sono dei temi che dovrebbero andare al di là delle appartenenze perché sono
dei temi che sono peculiari nella ricerca del bene comune. Quello che è importante
è che non ci sia alla base delle leggi che vengono fatte una sorta di relativismo
che porta a conciliare desideri personali come se fossero dei diritti. Quello che
deve essere, invece, ricercato è quella piattaforma comune che io ritengo - su questi
temi particolari - proviene a noi dalla legge e dal diritto naturale. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)