2010-05-20 15:10:59

Devastazione a Bangkok: la testimonianza di un missionario


Giornata di calma apparente a Bangkok, che ieri ha vissuto momenti drammatici: prima l’attacco dei militari contro i presidi delle "camicie rosse", poi la protesta di queste ultime che ha letteralmente incendiato la capitale: il bilancio è pesantissimo, 14 morti e 91 feriti. Dall'inizio delle proteste sono state uccise 82 persone, tra i quali il fotoreporter l'italiano Fabio Polenghi. Sulla situazione a Bangkok, ascoltiamo la testimonianza di Stefano Vecchia, intervistato da Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

R. – La situazione è di relativa calma, nel senso che non si combatte più se non in alcune sacche di resistenza. Ancora ci sono dei “rossi”, delle “camicie rosse” nel centro di Bangkok e ancora le forze speciali li stanno inseguendo all’interno dei grandi magazzini e delle sedi di uffici incendiati. Io sono qui in uno dei presidi più forti delle “camicie rosse”, sino a ieri, e la situazione è di calma, anche se ancora ci sono le pile di copertoni e le barricate che ancora fumano. La battaglia è durata fino a poche ore fa. La gente, che almeno in questa zona della grande baraccopoli, era riuscita anche a sostenere le “camicie rosse” ora è qui che guarda attonita la distruzione dei negozi, delle pompe di benzina, delle banche: interi palazzi sono anneriti e devastati.

 
D. – Ora il rischio è che la protesta infiammi tutto il Paese e per evitare questo le autorità hanno imposto tre notti di coprifuoco a Bangkok ed in altre 23 province…

 
R. – Ovviamente la situazione non è sotto controllo e la tensione resta alta. La promessa che era dei leader di – come dire – vincere la battaglia o devastare Bangkok è stata mantenuta. Ancora di più c’è però la promessa più dura dell’ala militare delle “camicie rosse”, che è entrata in clandestinità, di rendere la vita delle autorità, del governo, dei militari, estremamente difficile e di attivare una vera e propria guerra civile.

 
La repressione della protesta può essere dunque considerata una soluzione della crisi? Antonella Palermo lo ha chiesto a padre Adriano Pelosìn, missionario del Pime da più di 30 anni in Thailandia:RealAudioMP3

R. – Sappiamo che non sarà la soluzione, perché le “camicie rosse” non sono alcune persone, è un popolo e adesso è diventato un grande popolo a cui non va bene la situazione sociale, la situazione politica attuale.

 
D. – Chi sono le “camicie rosse”?

 
R. – Le “camicie rosse” sono un movimento popolare che proviene soprattutto dalle province del Nord e del Nord-Est, dalle province più povere, che hanno ricevuto grandi benefici al tempo del primo ministro Taksin e che penso abbiano cominciato anche a capire che loro hanno certi diritti ed una certa dignità.

 
D. – Quando ci sono state le prima avvisaglie di questa conflittualità?

 
R. – Non è da oggi, però c’è sempre stata una speranza di dialogo. C’è un po’ di confusione, mi pare, su chi comandi veramente, chi dia gli ordini, chi li esegua … mi sembra che ci sia parecchia confusione!

 
D. – Cosa sta facendo la Chiesa locale in questa situazione?

 
R. – C’è una minuscola Chiesa locale: siamo lo 0,5 per cento, cioè 300 mila cattolici su 60 milioni di abitanti! La Chiesa locale, comunque, ha avuto anche l’iniziativa di radunare gli esponenti delle varie religioni – buddista, islamica e cristiana – per chiedere che finisca la violenza, per chiedere che si risolvano i problemi pacificamente; e hanno chiesto a tutti i membri delle varie religioni di pregare ogni giorno, alle sei di sera, per qualche minuto. Si sentiva che sarebbero successe queste cose già sei mesi fa: se ne parlava, e tanti non ci credevano. Comunque, non è che non si sapesse!

 
D. – Ci si appella anche al dialogo interreligioso …

 
R. – Si chiede che tutte le parti possano intervenire in modo razionale e pacifico, però la problematica sociale thailandese è molto antica! Sarà molto dura la soluzione e ci vorranno molti anni, secondo me … (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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