2010-05-18 16:18:55

La Comunità di Sant'Egidio contro la pena di morte: sempre più condivisa l'abolizione su scala internazionale. Intervista con Mario Marazziti


“Dalla moratoria all’abolizione della pena di morte”. Questo il titolo del quinto Congresso dei ministri della Giustizia che ha riunito ieri e oggi a Roma rilevanti personalità di governo provenienti da oltre 30 Paesi. Ad organizzare l’evento la Comunità di Sant’Egidio, in vista della votazione all’Assemblea Generale dell’ONU della terza risoluzione sulla Moratoria Universale. Ma qual è il valore di questo appuntamento? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. - Sia un grande laboratorio dove Paesi che hanno abolito la pena capitale, Paesi che hanno una moratoria di fatto e magari possono trovare le esperienze dell’altro utili per passare una moratoria per legge, o all’abolizione, o Paesi che hanno ancora l’uso della pena di morte lavorano assieme alla Comunità di Sant’Egidio per aiutare ognuno a fare quel passo in più.

 
D. – Quali progressi si registrano nel cammino verso l’abolizione della pena di morte?

 
R. – Dal 2007, sono impressionanti. L’Uzbekistan ha abolito la pena di morte, come pure il Gabon, il Kazakistan, il Burundi. Il Rwanda ha ratificato il secondo Protocollo opzionale e un documento Onu che è l’unico documento completamente abolizionista e vincolante. Abbiamo poi la Mongolia: il presidente ha siglato una moratoria di legge che guarda all’abolizione ed è un Paese nel cuore dell’Asia. Anche l’Asia in effetti si muove. Ci sono settemila condanne capitali in Pakistan in discussione se commutarle tutte in una sentenza carceraria. Il New Mexico e il New Jersey, negli Stati Uniti, hanno abolito la pena di morte. C’è la notizia negativa di Taiwan che riprende le esecuzioni, ma abbiamo il Giappone che è un anno che non compie esecuzioni. E abbiamo la speranza che Stati Uniti, Giappone e India presto diventino dei giganti che sospendano almeno le esecuzioni e passino sul terreno di una moratoria. Insomma, la pena di morte non è più solo una questione interna degli Stati, è la grande questione del mondo: questo è il risultato e questo è l’obiettivo che ci riproponiamo all’approvazione della prossima risoluzione all’Onu.

 
D. – Cos’altro c’è da fare, quali sono le altre emergenze?

 
R. – C’è una grande emergenza che è anche culturale, civile, di affermare la cultura di vita e non una cultura di morte. Il grande ruolo dell’Europa, contro la pena di morte, nel tempo aiuterà anche a un ripensamento sul tema della vita, su altri terreni. D’altra parte, bisogna lavorare perché la prossima risoluzione non sia solo di alcuni Paesi del mondo "illuminati", ma sia sponsorizzata da oltre 90 Paesi e che in realtà riaffermi questo trend inarrestabile.







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