Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa Solennità dell’Ascensione del Signore, la liturgia ci presenta l’ascesa
di Gesù al Padre raccontata da Luca nel Vangelo e negli Atti degli Apostoli. Il Cristo
risorto si mostra ai discepoli per quaranta giorni dopo la sua Passione. Poi li conduce
fuori verso Betània e mentre li benedice viene portato su, in cielo:
“Ed
essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e
stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
Su questi brani biblici, ascoltiamo
il padre carmelitano Bruno Secondin, professore di Teologia spirituale alla
Pontificia Università Gregoriana:
Che strana
questa gioia dei discepoli dopo aver visto Gesù sparire, mentre “veniva portato su,
in cielo”! Eppure lo stesso Luca, nell’altro racconto, quello che apre gli Atti, e
leggiamo in questa stessa domenica, ci parla della tristezza che li prende, mentre
“stavano fissando il cielo”. Tanto che gli angeli li devono scuotere: “Perché state
a guardare il cielo?”. Tristezza o gioia? Tutt’e due i sentimenti. La separazione
è sempre una lacerazione: ora i discepoli si trovavano ad affrontare la vita e la
storia con una responsabilità grande. Essere testimoni di eventi ed esperienze di
proporzioni enormi, che dovevano incidere nell’umanità intera. Ma loro erano pochi
e sprovveduti, con le idee confuse e in una città ostile alla memoria di Gesù di Nazareth.
Era pericoloso anche solo nominarlo. Ma anche gioia: Gesù risorto li aveva aiutati
a superare lo shock della crocifissione e della dispersione; li aveva rincuorati più
volte, aveva donato loro pace e responsabilità. Ora lo Spirito donerà forza e coraggio,
per predicare la buona novella, fare discepole le genti fino ai confini del mondo.
E nessuno più li fermerà!