2010-05-15 15:26:01

Fiera di Torino. Il cardinale Bagnasco: non rassegnarsi al fast food della cultura


Non dobbiamo rassegnarci “al fast food pseudo culturale, alla epidermide delle gratificazioni istantanee, alla rassegnata abdicazione dei depressi”. Così ieri il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, durante una lectio magistralis su “Segni della memoria e sfida educativa” nell’ambito della manifestazione “I segni della memoria. L’Uomo della Sindone”, organizzata all’interno del Salone internazionale del libro in corso a Torino. Il porporato ha incentrato il suo intervento sul tema della fede. La tendenza alla privatizzazione della fede – ha sottolineato – declina oggi in religiosità di consumo, sublimato autoreferenziale, del tutto sganciata dal vissuto quotidiano. E’ necessario far percepire nettamente che la solidarietà – ben lungi dall’essere risposta emotiva di un momento – certifica l’autenticità della fede non meno che la qualità della vita. In questo processo si radica la ricerca della verità che, secondo il cardinale, non conduce le culture nel deserto della tolleranza, ma le sollecita ad un comune impegno di servizio dell’uomo nella verità. La formazione del senso critico – che la sana lettura alimenta – è essenziale per l’adesione di fede, l’esperienza di fede, la maturazione della fede. Il porporato ha quindi ricordato che la verità cristiana è “sinfonica”. La visione cristiana – ha spiegato - “propone un messaggio di chiara valenza culturale, aperto a tutti gli uomini di buona volontà. Per questo è amica del libro”. Così – ha proseguito - “la fede cristiana illumina il profilo sostantivo della democrazia, come concezione intellettuale e come compito morale”. Citando le parole di Giovanni Paolo II, il presidente della Cei ha quindi sottolineato l’urgenza di adoperarsi “perché il vero senso della democrazia, autentico senso della cultura, sia pienamente salvaguardato”. Non è compito della Chiesa istituzionale determinare modelli in sede economica e politica – ha spiegato – lo è certamente dei cristiani laici, nella personale testimonianza di impegno sociale e nelle preziose forme aggregative”. Il riferimento è alla questione educativa e alla mancata valorizzazione delle eredità culturali. “Senza la tradizione – ha avvertito - il soggetto non trae linfa dalle radici e dissecca”. “L’amnesia culturale ed esistenziale del nostro tempo – ha rilevato – misconosce quelle radici cristiane che sono la principale sorgente del pensiero occidentale”, e “il declino della modernità mortifica in tal modo la passione educativa”. Mancano “valori comuni e condivisi”: piuttosto c’è “tolleranza”, un “rispetto formale dei confini”, dove “la figura del maestro sfuma, il contesto familiare si ritira dall’educativo e spesso si sfalda, la ragione appare ormai incapace di fornire contenuti e valori universali, la scuola diventa contenitore”. Sottolineando ancora che la fede cristiana “non discrimina aprioristicamente nessuna cultura”, il porporato ha quindi rivolto il pensiero alle “istituzioni pedagogiche cattoliche” per il loro “compito insostituibile”. Qui, infatti, “la relazione educativa è posta a servizio della persona” e si alimenta “a un patrimonio di saperi che il volgere delle generazioni ha distillato in sapienza di vita”. (E. B.)







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