La Messa a Porto: la fede non s'impone, si propone, senza paure e senza limiti, confidando
solo in Gesù
“Il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel
mondo. Questa è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da
Dio e offrire al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e
di morte sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di
vita”: è quanto ha detto il Papa oggi durante la Messa nel piazzale dell’Avenida dos
Aliados a Porto, dove è giunto stamani proveniente da Fatima. Quindi ha aggiunto:
“Nulla imponiamo, ma sempre proponiamo, come Pietro ci raccomanda in una delle sue
lettere: «Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere
a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). E tutti, alla
fine, ce la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale
e comune, sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono. Infatti le più profonde
attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile
missione che ci compete, poiché «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce
nemmeno a comprendere chi egli sia”. Il Papa esorta a “vincere la tentazione di limitarci
a ciò che ancora abbiamo, o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un
morire a termine, in quanto presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’altronde, può
soltanto essere missionaria nel movimento diffusivo dello Spirito”. Nell’annuncio
del Vangelo – sottolinea – la Chiesa è chiamata oggi a nuove sfide perché il campo
della missione è “notevolmente ampliato e non definibile soltanto in base a considerazioni
geografiche”. La comunità cristiana – ha proseguito – per compiere fedelmente il mandato
del Signore, deve seguire la sua stessa strada, “la strada, cioè, della povertà,
dell’obbedienza, del servizio e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da
cui uscì vincitore con la sua risurrezione» (Decr. Ad gentes, 5). Sì! Siamo chiamati
a servire l’umanità del nostro tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare
dalla sua Parola”. E ha aggiunto: “Quanto tempo perduto, quanto lavoro rimandato,
per inavvertenza su questo punto! Tutto si definisce a partire da Cristo … si tratta
di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre e solo da Dio!”. All’inizio
dell’omelia il Papa aveva ricordato l’odierna festa di San Mattia, fedele a Gesù “sino
alla fine, nonostante l’abbandono di molti. La «sproporzione» tra le forze in campo
che oggi ci spaventa, già duemila anni fa stupiva coloro che vedevano e ascoltavano
Cristo. C’era soltanto Lui … Lui in unione con il Padre, Lui nella forza dello Spirito.
Eppure è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato il mondo, la novità
del Regno è spuntata come piccolo seme che germina dalla terra, come scintilla di
luce che irrompe nelle tenebre … È Cristo risorto. Ed è apparso ai suoi amici, mostrando
loro la necessità della croce per giungere alla risurrezione”. Ecco il testo dell’omelia:
Cari
Fratelli e Sorelle, «Sta scritto […] nel libro
dei Salmi: […] il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che […] uno divenga
testimone, insieme a noi, della sua risurrezione» (At 1, 20-22). Così disse Pietro,
leggendo ed interpretando la parola di Dio in mezzo ai suoi fratelli, radunati nel
Cenacolo dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo. Fu scelto Mattia, che era stato testimone
della vita pubblica di Gesù e del suo trionfo sulla morte, restandogli fedele sino
alla fine, nonostante l’abbandono di molti. La «sproporzione» tra le forze in campo
che oggi ci spaventa, già duemila anni fa stupiva coloro che vedevano e ascoltavano
Cristo. C’era soltanto Lui, dalle sponde del Lago di Galilea fino alle piazze di Gerusalemme,
solo o quasi solo nei momenti decisivi: Lui in unione con il Padre, Lui nella forza
dello Spirito. Eppure è avvenuto che, alla fine, dallo stesso amore che ha creato
il mondo, la novità del Regno è spuntata come piccolo seme che germina dalla terra,
come scintilla di luce che irrompe nelle tenebre, come alba di un giorno senza tramonto:
È Cristo risorto. Ed è apparso ai suoi amici, mostrando loro la necessità della croce
per giungere alla risurrezione. Un testimone di
tutto ciò cercava Pietro in quel giorno. Presentati due, il Cielo ha designato «Mattia,
che fu associato agli undici apostoli» (At 1,26). Oggi celebriamo la sua gloriosa
memoria in questa «Città Invitta», che si è rivestita di festa per accogliere il Successore
di Pietro. Rendo grazie a Dio per avermi portato in mezzo a voi, incontrandovi attorno
all’altare. Il mio cordiale saluto va a voi, fratelli e amici della città e diocesi
di Porto, a quelli che sono venuti dalla provincia ecclesiastica del nord di Portogallo
e anche dalla vicina Spagna, e a quanti altri sono in comunione fisica o spirituale
con questa nostra assemblea liturgica. Saluto il Vescovo di Porto, Mons. Manuel Clemente,
che ha desiderato con grande sollecitudine la mia visita, che mi ha accolto con grande
affetto e si è fatto interprete dei vostri sentimenti all’inizio di quest’Eucaristia.
Saluto i suoi Predecessori e gli altri Fratelli nell’Episcopato, i sacerdoti, i consacrati
e le consacrate, e i fedeli laici, con un pensiero particolare verso quanti sono coinvolti
nel dare dinamicità alla Missione diocesana e, più in concreto, nella preparazione
di questa mia Visita. So che essa ha potuto contare sull’effettiva collaborazione
del Sindaco di Porto e di altre Autorità pubbliche, molte delle quali mi onorano con
la loro presenza; approfitto di questo momento per salutarle e augurare ad esse, e
a quanti rappresentano e servono, i migliori successi per il bene di tutti. «Bisogna
che uno divenga testimone, insieme a noi, della risurrezione», diceva Pietro. E il
suo attuale Successore ripete a ciascuno di voi: Miei fratelli e sorelle, bisogna
che diventiate con me testimoni della risurrezione di Gesù. In effetti, se non sarete
voi i suoi testimoni nel vostro ambiente, chi lo sarà al vostro posto? Il cristiano
è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cristo inviato nel mondo. Questa
è la missione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire
al mondo Cristo risorto, affinché ogni situazione di indebolimento e di morte sia
trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita. A tale
scopo, in ogni celebrazione eucaristica, ascolteremo più attentamente la Parola di
Cristo e gusteremo assiduamente il Pane della sua presenza. Ciò farà di noi testimoni
e, più ancora, portatori di Gesù risorto nel mondo, recandolo ai diversi settori della
società e a quanti in essi vivono e lavorano, diffondendo quella «vita in abbondanza»
(cfr Gv 10,10) che Egli ci ha guadagnato con la sua croce e risurrezione e che sazia
i più legittimi aneliti del cuore umano. Nulla
imponiamo, ma sempre proponiamo, come Pietro ci raccomanda in una delle sue lettere:
«Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque
vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,15). E tutti, alla fine, ce
la domandano, anche coloro che sembrano non domandarla. Per esperienza personale e
comune, sappiamo bene che è Gesù colui che tutti attendono. Infatti le più profonde
attese del mondo e le grandi certezze del Vangelo si incrociano nell’irrecusabile
missione che ci compete, poiché «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce
nemmeno a comprendere chi egli sia. Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo
dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la
parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: “Senza di me non potete far
nulla” (Gv 15,5), e c’incoraggia: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo” (Mt 28,20)» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 78). Tuttavia,
se questa certezza ci consola e ci tranquillizza, non ci esime dall’andare incontro
agli altri. Dobbiamo vincere la tentazione di limitarci a ciò che ancora abbiamo,
o riteniamo di avere, di nostro e di sicuro: sarebbe un morire a termine, in quanto
presenza di Chiesa nel mondo, la quale, d’altronde, può soltanto essere missionaria
nel movimento diffusivo dello Spirito. Sin dalle sue origini, il popolo cristiano
ha avvertito con chiarezza l’importanza di comunicare la Buona Novella di Gesù a quanti
non lo conoscevano ancora. In questi ultimi anni, è cambiato il quadro antropologico,
culturale, sociale e religioso dell’umanità; oggi la Chiesa è chiamata ad affrontare
nuove sfide ed è pronta a dialogare con culture e religioni diverse, cercando di costruire
insieme ad ogni persona di buona volontà la pacifica convivenza dei popoli. Il campo
della missione ad gentes si presenta oggi notevolmente ampliato e non definibile soltanto
in base a considerazioni geografiche; in effetti ci attendono non soltanto i popoli
non cristiani e le terre lontane, ma anche gli ambiti socio-culturali e soprattutto
i cuori che sono i veri destinatari dell’azione missionaria del popolo di Dio. Si
tratta di un mandato il cui fedele compimento «deve procedere per la stessa strada
seguita da Cristo, la strada, cioè, della povertà, dell’obbedienza, del servizio
e dell’immolazione di se stesso fino alla morte, da cui uscì vincitore con la sua
risurrezione» (Decr. Ad gentes, 5). Sì! Siamo chiamati a servire l’umanità del nostro
tempo, confidando unicamente in Gesù, lasciandoci illuminare dalla sua Parola: «Non
voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Quanto tempo perduto, quanto lavoro
rimandato, per inavvertenza su questo punto! Tutto si definisce a partire da Cristo,
quanto all’origine e all’efficacia della missione: la missione la riceviamo sempre
da Cristo, che ci ha fatto conoscere ciò che ha udito dal Padre suo, e siamo investiti
in essa per mezzo dello Spirito, nella Chiesa. Come la Chiesa stessa, opera di Cristo
e del suo Spirito, si tratta di rinnovare la faccia della terra partendo da Dio, sempre
e solo da Dio! Cari fratelli e amici di Porto,
alzate gli occhi verso Colei che avete scelto come patrona della città, l’Immacolata
Concezione. L’Angelo dell’annunciazione ha salutato Maria come «piena di grazia»,
significando con quest’espressione che il suo cuore e la sua vita erano totalmente
aperti a Dio e, perciò, completamente invasi dalla sua grazia. Che Ella vi aiuti a
fare di voi stessi un «sì» libero e pieno alla grazia di Dio, affinché possiate essere
rinnovati e rinnovare l’umanità attraverso la luce e la gioia dello Spirito Santo.