Washington e Pechino tornano a confrontarsi sul delicato tema dei diritti umani, dopo
quasi due anni di crisi. L’amministrazione Obama e i leader cinesi discuteranno per
due giorni negli Usa dell’innalzamento degli standard nel rispetto dei diritti fondamentali.
Un argomento reso ancora più difficile dall’attuale situazione politica internazionale
e dalla necessità di ottenere l’appoggio cinese nella gestione dei rapporti con l’Iran
e la Corea del Nord. Stefano Leszczynski ha intervistato sulla questione Riccardo
Noury, portavoce di Amnesty International Italia: R. – Intanto,
è un segnale potenzialmente importante, perché il dialogo è comunque un fatto positivo.
Non si parlava di diritti umani tra Stati Uniti e Cina da molto tempo: prima, per
non inserire un’agenda politica all’interno di un evento sportivo come furono le Olimpiadi.
Poi, perché c’era la crisi economica e finanziaria e quindi le due superpotenze volevano
trovare una soluzione congiunta a scapito di un tema importante, quale quello dei
diritti umani. Ovviamente, sedersi intorno ad un tavolo è importante, ma bisogna capire
quali sono gli argomenti e soprattutto se ci sia una intenzione seria di fare passi
avanti da entrambe le parti su un tema che è di vitale importanza. D.
– Si tratta quindi di un argomento molto delicato nei rapporti tra i due Stati, che
potrebbe essere reso poco concreto dagli importanti temi internazionali che sono ancora
sul tavolo e cioè l’Iran, la Corea del Nord, la vendita di armi statunitensi a Taiwan… R.
– Questo indubbiamente è un rischio, perché se si prosegue – come in passato – con
un atteggiamento comune a scapito dei diritti umani o con solidarietà regionali, o
con opportunità politiche per cui si cerca di ostacolare l’altro, non si va certamente
avanti. Bisognerebbe uscire da questi doppi standard, secondo i quali i diritti umani
importano quando è conveniente e si sacrificano quando non lo è. D.
– Si può cercare di vedere un segnale positivo, affermando che la situazione dei diritti
umani ha subito dei progressi negli ultimi tempi: negli Stati Uniti, con la nuova
amministrazione e in Cina, per così dire, grazie allo sviluppo economico... R.
– Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le intenzioni dell’amministrazione Obama finora
non sono state seguite da grandi passi concreti. E’ importante che si sia iniziato
a parlare di questioni profonde come il modo con cui gli Stati Uniti hanno gestito
la guerra al terrorismo sotto le due amministrazioni Bush. Per quando riguarda poi
la Cina, l’elemento parzialmente positivo – se vogliamo – è che il tabù sulla pena
di morte è ormai superato. Di questo tema si parla in Cina e c’è una sensibilità in
particolare all’interno del mondo universitario, accademico, di esperti e di docenti
di diritto, nel mitigare gli effetti di questa pratica che ancora oggi porta migliaia
di persone a essere messe a morte ogni anno.