L'invito del Papa ai cristiani impegnati nel sociale: soccorrete i più poveri, difendete
vita e famiglia, indipendenti da politica e ideologie
“Chi impara da Dio Amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri. In effetti,
l’amore di Dio si rivela nella responsabilità per l’altro”: è quanto ha detto il Papa
nell’omelia durante la Celebrazione della Parola con le organizzazioni della Pastorale
sociale nella Chiesa della SS.ma Trinità presso il Santuario di Nostra Signora di
Fatima. Benedetto XVI ha invitato a seguire lo stile del Buon Samaritano che ha un
“cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente”. “Consapevoli,
come Chiesa, di non essere in grado d’offrire soluzioni pratiche ad ogni problema
concreto, ma sprovvisti di qualsiasi tipo di potere, determinati a servire il bene
comune – è l’esortazione del Papa a quanti sono impegnati nella pastorale sociale
- siate pronti ad aiutare e ad offrire i mezzi di salvezza a tutti”. “Uniti a Cristo
nella sua consacrazione al Padre, siamo afferrati dalla sua compassione per le moltitudini
che chiedono giustizia e solidarietà e, come il buon samaritano della parabola, ci
impegniamo ad offrire risposte concrete e generose”. Il Papa rileva che “non è facile
arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e l’attività apostolica.
La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile
di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile e allettante, finisce
per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del
nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della
speranza cristiana che li aveva suscitati. Le numerose e pressanti richieste di aiuto
e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della società ci spingono
a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell’efficienza, dell’effetto visibile
e della pubblicità”. Tuttavia – precisa – la sintesi è “assolutamente necessaria …
per poter servire Cristo nell’umanità”. Il Papa chiede poi alle associazioni cristiane
che operano nel sociale a conservare “un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei
loro obiettivi, nella scelta delle loro risorse umane, nei metodi di attuazione, nella
qualità dei loro servizi, nella seria ed efficace gestione dei mezzi”. Inoltre è necessario
che l’attività caritativa cristiana abbia “autonomia e indipendenza dalla politica
e dalle ideologie”. Benedetto XVI sottolinea quindi l’urgenza dell’impegno dei cristiani
nella difesa dei diritti umani, della vita, della famiglia e del matrimonio indissolubile
tra un uomo e una donna rispondendo “ad alcune delle più insidiose e pericolose sfide
che oggi si pongono al bene comune”. Ecco il testo dell’omelia del Papa:
Carissimi
fratelli e amici,
Avete ascoltato Gesù
dire: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10, 37). Egli ci esorta a fare nostro lo stile
del buon samaritano, il cui esempio è stato appena proclamato, nell’accostarsi alle
situazioni carenti di aiuto fraterno. E qual è questo stile? «È “un cuore che vede”.
Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente» (Benedetto
XVI, Enc. Deus caritas est, 31). Così ha fatto il buon samaritano. Gesù non si limita
ad esortare; come insegnano i Santi Padri, il Buon Samaritano è proprio Lui, che si
fa vicino ad ogni uomo e «versa sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino
della speranza» (Prefazio comune VIII) e lo conduce all’albergo, che è la Chiesa,
dove lo fa curare, affidandolo ai suoi ministri e pagando di persona, in anticipo,
per la sua guarigione. «Va’ e anche tu fa’ così». L’amore incondizionato di Gesù che
ci ha guarito dovrà ora trasformarsi in amore donato gratuitamente e generosamente,
mediante la giustizia e la carità, se vogliamo vivere con un cuore di buon samaritano.
Provo
grande gioia nell’incontrarvi in questo luogo benedetto che Dio si è scelto per ricordare
all’umanità, attraverso la Madonna, i suoi disegni di amore misericordioso. Saluto
con grande amicizia ogni persona qui presente nonché le istituzioni alle quali appartiene,
nella diversità di volti che si trovano uniti nella riflessione sulle questioni sociali
e soprattutto nella pratica della compassione verso i poveri, i malati, i detenuti,
quelli che vivono da soli e abbandonati, le persone disabili, i bambini e i vecchi,
i migranti, i disoccupati e quanti patiscono bisogni che ne turbano la dignità di
persone libere. Grazie, Mons. Carlos Azevedo, per l’omaggio di comunione e fedeltà
alla Chiesa e al Papa che mi ha voluto offrire sia da parte di quest’assemblea della
carità che della Commissione Episcopale di Pastorale Sociale da Lei presieduta e che
non smette di stimolare questa grande semina di opere di bene in tutto il Portogallo.
Consapevoli, come Chiesa, di non essere in grado d’offrire soluzioni pratiche ad ogni
problema concreto, ma sprovvisti di qualsiasi tipo di potere, determinati a servire
il bene comune, siate pronti ad aiutare e ad offrire i mezzi di salvezza a tutti.
Cari
fratelli e sorelle che operate nel vasto mondo della carità, «Cristo ci rivela che
“Dio è amore” (1 Gv 4,8) e insieme ci insegna che la legge fondamentale della perfezione
umana e quindi anche della trasformazione del mondo è il nuovo comandamento dell’amore.
Dunque coloro che credono nella carità divina sono da Lui resi certi che la strada
della carità è aperta a tutti gli uomini» (Cost. Gaudium et spes, 38). L’attuale scenario
della storia è di crisi socio-economica, culturale e spirituale, e pone in evidenza
l’opportunità di un discernimento orientato dalla proposta creativa del messaggio
sociale della Chiesa. Lo studio della sua dottrina sociale, che assume come principale
forza e principio la carità, permetterà di tracciare un processo di sviluppo umano
integrale che coinvolga le profondità del cuore e raggiunga una più ampia umanizzazione
della società (cfr Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 20). Non si tratta di
semplice conoscenza intellettuale, ma di una saggezza che dia sapore e condimento,
offra creatività alle vie conoscitive ed operative tese ad affrontare una così ampia
e complessa crisi. Possano le istituzioni della Chiesa, insieme a tutte le organizzazioni
non ecclesiali, perfezionare le loro capacità di conoscenza e le direttive in vista
di una nuova e grandiosa dinamica, che conduca verso «quella civiltà dell’amore, il
cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura» (ibid., 33).
Nella
sua dimensione sociale e politica, questa diaconia della carità è propria dei fedeli
laici, chiamati a promuovere organicamente il bene comune, la giustizia e a configurare
rettamente la vita sociale (cfr Benedetto XVI, Enc. Deus caritas est, 29). Una delle
conclusioni pastorali, emerse nel corso di vostre recenti riflessioni, è di formare
una nuova generazione di leader servitori. L’attrarre nuovi operatori laici per questo
campo pastorale meriterà sicuramente una particolare premura dei pastori, attenti
al futuro. Chi impara da Dio Amore sarà inevitabilmente una persona per gli altri.
In effetti, «l’amore di Dio si rivela nella responsabilità per l’altro» (Benedetto
XVI, Enc. Spe salvi, 28). Uniti a Cristo nella sua consacrazione al Padre, siamo afferrati
dalla sua compassione per le moltitudini che chiedono giustizia e solidarietà e, come
il buon samaritano della parabola, ci impegniamo ad offrire risposte concrete e generose.
Spesso,
però, non è facile arrivare ad una sintesi soddisfacente tra la vita spirituale e
l’attività apostolica. La pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta
con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del più forte, sul guadagno facile
e allettante, finisce per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti
e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione
della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati. Le numerose e pressanti
richieste di aiuto e sostegno che ci rivolgono i poveri e i marginalizzati della società
ci spingono a cercare soluzioni che rispondano alla logica dell’efficienza, dell’effetto
visibile e della pubblicità. Tuttavia, la menzionata sintesi è assolutamente necessaria,
amati fratelli, per poter servire Cristo nell’umanità che vi attende. In questo mondo
diviso, si impone a tutti una profonda e autentica unità di cuore, di spirito e di
azione.
Tra tante istituzioni sociali
al servizio del bene comune, vicine alle popolazioni bisognose, si contano quelle
della Chiesa cattolica. Bisogna che sia chiaro il loro orientamento, perché assumano
un’identità ben evidente: nell’ispirazione dei loro obiettivi, nella scelta delle
loro risorse umane, nei metodi di attuazione, nella qualità dei loro servizi, nella
seria ed efficace gestione dei mezzi. La ferma identità delle istituzioni è un reale
servizio, di grande giovamento per coloro che ne beneficiano. Oltre l’identità e ad
essa collegata, è un passo fondamentale concedere all’attività caritativa cristiana
autonomia e indipendenza dalla politica e dalle ideologie (cfr Benedetto XVI, Enc.
Deus caritas est, 31 b), anche se in collaborazione con gli organi dello Stato per
raggiungere scopi comuni.
Le vostre attività
assistenziali, educative o caritative siano completate da progetti di libertà che
promuovano l’essere umano, nella ricerca della fraternità universale. Si colloca qui
l’urgente impegno dei cristiani nella difesa dei diritti umani, attenti alla totalità
della persona umana nelle sue diverse dimensioni. Esprimo profondo apprezzamento a
tutte quelle iniziative sociali e pastorali che cercano di lottare contro i meccanismi
socio-economici e culturali che portano all’aborto e che hanno ben presenti la difesa
della vita e la riconciliazione e la guarigione delle persone ferite dal dramma dell’aborto.
Le iniziative che hanno lo scopo di tutelare i valori essenziali e primari della vita,
dal suo concepimento, e della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile tra un
uomo e una donna, aiutano a rispondere ad alcune delle più insidiose e pericolose
sfide che oggi si pongono al bene comune. Tali iniziative costituiscono, insieme a
tante altre forme d’impegno, elementi essenziali per la costruzione della civiltà
dell’amore.
Tutto ciò ben si integra con
il messaggio della Madonna che risuona in questo luogo: la penitenza, la preghiera,
il perdono che mirano alla conversione dei cuori. Questa è la via per edificare detta
civiltà dell’amore, i cui semi Dio ha gettato nel cuore di ogni uomo e che la fede
in Cristo Salvatore fa germinare.