Il Papa alla Messa di Lisbona: non poggiate la fede su strutture e programmi, ma riscoprite
la speranza del Vangelo e l'ardore di testimoniarla
Dopo la cerimonia di benvenuto e gli incontri protocollari con le autorità, che ieri
hanno occupato la prima parte della giornata di Benedetto XVI a Lisbona, nel tardo
pomeriggio il Papa ha potuto ricevere l’abbraccio dei quasi 200 mila fedeli che hanno
ascoltato la Messa da lui presieduta, affollando sia la centrale Piazza del Commercio,
l’antica “Terreiro do Paço”, sia le piazze circostanti munite di maxischermi. La cronaca
della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:
(canto)
E’
quel gesto simbolico – la consegna delle chiavi della città che il sindaco gli offre
prima della Messa – a suggerire al Papa la chiave per aprire i cuori dei circa 100
mila che lo ascoltano al Terreiro do Paço, la bella e grande piazza di Lisbona che
affaccia sul grande porto naturale, dove le acque del Tago si mescolano all’Atlantico,
e dove gli organizzatori della visita hanno allestito l’altare sormontato da una copertura
semicircolare bianca:
“Lisboa amiga, porto e abrigo
de tantas esperanças… Lisbona amica, porto e riparo di tante speranze
che ti venivano affidate da chi partiva e che desiderava chi ti faceva visita, mi
piacerebbe oggi servirmi di queste chiavi che mi hai consegnate perché tu possa fondare
le tue umane speranze sulla Speranza divina”. Sì, perché
a dispetto di un presente di tiepidezze nei confronti del Vangelo, che oggi accomuna
tutta l’Europa, il Portogallo, riconosce il Papa, si è “guadagnato” un “posto glorioso”
per il “servizio offerto alla diffusione della fede”. I martiri vittime di Diocleziano,
all’alba della Chiesa, ne testimoniano la profondità della radice, mentre i cinque
continenti dimostrano, afferma Benedetto XVI, quanto l’evangelizzazione sul pianeta
debba, nei secoli, “all’azione missionaria portoghese”:
“Nos
tempos passados, a vossa saída… In passato, la vostra partenza alla
ricerca di altri popoli non ha impedito né distrutto i vincoli con ciò che eravate
e credevate, anzi, con cristiana saggezza, siete riusciti a trapiantare esperienze
e particolarità, aprendovi al contributo degli altri per essere voi stessi, in un’apparente
debolezza che è forza. Oggi, partecipando all’edificazione della Comunità europea,
portate il contributo della vostra identità culturale e religiosa”. Un’identità
ora forse più sbiadita al punto che la Chiesa locale, rileva il Pontefice, ha “giustamente
concluso che oggi la priorità pastorale è quella di fare di ogni donna e uomo cristiani
una presenza raggiante della prospettiva evangelica in mezzo al mondo, nella famiglia,
nella cultura, nell’economia, nella politica”:
“Muitas
vezes preocupamonos afanosamente… Spesso ci preoccupiamo affannosamente
delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che
questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia
forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di
poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?” Dunque,
indica Benedetto XVI, “affinché ciò non accada” – affinché, cioè, non sia il peso
della struttura-Chiesa a soffocare la scintilla dello Spirito che sempre deve animarla
– bisogna... “...anunciar com vigor e alegria… annunziare
di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del
cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede, leva potente delle nostre certezze,
vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo
umano. La risurrezione di Cristo ci assicura che nessuna potenza avversa potrà mai
distruggere la Chiesa”.
E di nuovo, al termine
della Messa, il Papa torna ad indicare, specie ai più giovani, “gli esempi di speranza
in Dio”, lasciati nel tempo dai cristiani del Portogallo. Lo fa guardando alle spalle
dell’altare, all’altra sponda del Tago, dove da 50 anni sorge il Santuario del Cristo
Rei di Almanda, con il suo altissimo portico sul quale svettano i 28 metri della statua
del Cristo, con le sue braccia idealmente spalancate su tutto il Paese. Non potendolo
visitare, Benedetto XVI ha fatto dono di una casula al rettore del Santuario, auspicando
che esso diventi “sempre più” un luogo nel quale rafforzare la fede personale e “promuovere
l’edificazione dell’amore, della giustizia e della pace con interventi nella società
a favore dei poveri e degli oppressi”.