Il Papa ai Vespri: la principale preoccupazione di ogni cristiano, soprattutto dei
consacrati, è la fedeltà alla vocazione
“La principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata
e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione,
come discepolo che vuole seguire il Signore. La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore;
di un amore coerente, vero e profondo a Cristo Sacerdote”: è quanto ha detto il Papa
nell’omelia per i Vespri con i sacerdoti, i religiosi e i laici impegnati, da lui
presieduti a Fatima nella Chiesa della Santissima Trinità. Benedetto XVI ha rilevato
che oggi è quanto mai necessaria una testimonianza di radicalità evangelica: “sarebbe
un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica
minimalista e di una religiosità superficiale”. Quindi ha aggiunto: “Molti dei nostri
fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza
eterna. Gli uomini sono chiamati ad aderire alla conoscenza e all’amore di Dio, e
la Chiesa ha la missione di aiutarli in questa vocazione. Sappiamo bene che Dio è
padrone dei suoi doni; e la conversione degli uomini è grazia. Ma siamo responsabili
dall’annuncio della fede, della totalità della fede e delle sue esigenze. Cari amici,
imitiamo il Curato d’Ars che così pregava il buon Dio: «Concedimi la conversione della
mia parrocchia, e io accetto di soffrire tutto ciò che Tu vuoi per il resto della
vita». E tutto ha fatto per strappare le persone alla propria tiepidezza per ricondurle
all’amore”. Ha invitato poi i sacerdoti a considerare “la grazia inaudita” del sacerdozio:
“La fedeltà alla propria vocazione esige coraggio e fiducia, ma il Signore vuole anche
che sappiate unire le vostre forze; siate solleciti gli uni verso gli altri, sostenendovi
fraternamente. I momenti di preghiera e di studio in comune, la condivisione delle
esigenze della vita e del lavoro sacerdotale sono una parte necessaria della vostra
vita”. E ha proseguito: “Riservate particolare attenzione alle situazioni di un certo
indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto di dedicarsi ad attività che
non si accordano integralmente con ciò che è proprio di un ministro di Gesù Cristo.
Quindi è il momento di assumere, insieme con il calore della fraternità, il fermo
atteggiamento del fratello che aiuta il proprio fratello a restare in piedi”. Ecco
il testo dell’omelia del Papa:
Cari fratelli e sorelle,
«Quando
venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna […] perché ricevessimo
l’adozione a figli» (Gal 4, 4.5). La pienezza del tempo è arrivata, quando l’Eterno
irruppe nel tempo; per opera e grazia dello Spirito Santo, il Figlio dell’Altissimo
fu concepito e si fece uomo nel seno di una donna: La Vergine Madre, tipo e modello
eccelso della Chiesa credente. Essa non smette di generare nuovi figli nel Figlio,
che il Padre ha voluto come primogenito di molti fratelli. Ognuno di noi è chiamato
ad essere, con Maria e come Maria, un segno umile e semplice della Chiesa che continuamente
si offre come sposa nelle mani del suo Signore.
A
tutti voi che avete donato la vita a Cristo, desidero, questa sera, esprimere l’apprezzamento
e la riconoscenza ecclesiale. Grazie per la vostra testimonianza spesso silenziosa
e per niente facile; grazie per la vostra fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. In Gesù
presente nell’Eucaristia, abbraccio i miei fratelli nel sacerdozio e i diaconi, le
consacrate e i consacrati, i seminaristi e i membri dei movimenti e delle nuove comunità
ecclesiali qui presenti. Voglia il Signore ricompensare, come soltanto Lui sa e può
fare, quanti hanno reso possibile trovarci qui presso Gesù Eucaristia, in particolare
alla Commissione Episcopale per le Vocazioni e i Ministeri con il suo Presidente,
Mons. Antonio Santos, che ringrazio per le parole piene di affetto collegiale e fraterno
pronunciate all’inizio dei Vespri. In questo ideale «cenacolo» di fede che è Fatima,
la Vergine Madre ci indica la via per la nostra oblazione pura e santa nelle mani
del Padre.
Permettetemi di aprirvi il
cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della
persona consacrata e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla
propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore. La fedeltà nel tempo
è il nome dell’amore; di un amore coerente, vero e profondo a Cristo Sacerdote. «Se
il battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristo
e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita
mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale»
(Giovanni Paolo II, Lettera ap. Novo millennio ineunte, 31). In quest’Anno Sacerdotale
che volge al termine, scenda su tutti voi una grazia abbondante perché viviate la
gioia della consacrazione e testimoniate la fedeltà sacerdotale fondata sulla fedeltà
di Cristo. Ciò suppone evidentemente una vera intimità con Cristo nella preghiera,
poiché sarà l’esperienza forte ed intensa dell’amore del Signore che dovrà portare
i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo
amore.
Questa vita di speciale consacrazione
è nata come memoria evangelica per il popolo di Dio, memoria che manifesta, certifica
e annuncia all’intera Chiesa la radicalità evangelica e la venuta del Regno. Ebbene,
cari consacrati e consacrate, con il vostro impegno nella preghiera, nell’ascesi,
nello sviluppo della vita spirituale, nell’azione apostolica e nella missione, tendete
verso la Gerusalemme celeste, anticipate la Chiesa escatologica, salda nel possesso
e nell’amorevole contemplazione del Dio Amore. Quanto grande è oggi il bisogno di
questa testimonianza! Molti dei nostri fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà,
senza preoccuparsi della propria salvezza eterna. Gli uomini sono chiamati ad aderire
alla conoscenza e all’amore di Dio, e la Chiesa ha la missione di aiutarli in questa
vocazione. Sappiamo bene che Dio è padrone dei suoi doni; e la conversione degli uomini
è grazia. Ma siamo responsabili dall’annuncio della fede, della totalità della fede
e delle sue esigenze. Cari amici, imitiamo il Curato d’Ars che così pregava il buon
Dio: «Concedimi la conversione della mia parrocchia, e io accetto di soffrire tutto
ciò che Tu vuoi per il resto della vita». E tutto ha fatto per strappare le persone
alla propria tiepidezza per ricondurle all’amore.
C’è
una solidarietà profonda fra tutti i membri del Corpo di Cristo: non è possibile amarlo
senza amare i suoi fratelli. Fu per la salvezza di essi che Giovanni Maria Vianney
ha voluto essere sacerdote: «Guadagnare le anime per il buon Dio» dichiarava nell’annunciare
la sua vocazione a diciotto anni d’età, così come Paolo diceva: «Guadagnare il maggior
numero» (1 Cor 9,19). Il Vicario generale gli aveva detto: «Non c’è molto amore di
Dio nella parrocchia, voi lo introdurrete». E, nella sua passione sacerdotale, il
santo parroco era misericordioso come Gesù nell’incontro con ogni peccatore. Preferiva
insistere sull’aspetto affascinante della virtù, sulla misericordia di Dio al cui
cospetto i nostri peccati sono «grani di sabbia». Presentava la tenerezza di Dio offesa.
Temeva che i sacerdoti diventassero «insensibili» e si abituassero all’indifferenza
dei loro fedeli: «Guai al Pastore – ammoniva – che rimane zitto vedendo Dio oltraggiato
e le anime perdersi».
Amati fratelli
sacerdoti, in questo luogo che Maria ha reso tanto speciale, avendo davanti agli occhi
la sua vocazione di discepola fedele del Figlio Gesù dal concepimento alla Croce e
poi nel cammino della Chiesa nascente, considerate la grazia inaudita del vostro sacerdozio.
La fedeltà alla propria vocazione esige coraggio e fiducia, ma il Signore vuole anche
che sappiate unire le vostre forze; siate solleciti gli uni verso gli altri, sostenendovi
fraternamente. I momenti di preghiera e di studio in comune, la condivisione delle
esigenze della vita e del lavoro sacerdotale sono una parte necessaria della vostra
vita. Come è meraviglioso quando vi accogliete vicendevolmente nelle vostre case,
con la pace di Cristo nei vostri cuori! Come è importante aiutarvi a vicenda per mezzo
della preghiera e con utili consigli e discernimenti! Riservate particolare attenzione
alle situazioni di un certo indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto
di dedicarsi ad attività che non si accordano integralmente con ciò che è proprio
di un ministro di Gesù Cristo. Quindi è il momento di assumere, insieme con il calore
della fraternità, il fermo atteggiamento del fratello che aiuta il proprio fratello
a “restare in piedi”.
Sebbene il sacerdozio
di Cristo sia eterno (cfr Eb 5,6), la vita dei sacerdoti è limitata. Cristo vuole
che altri perpetuino lungo il tempo il sacerdozio ministeriale da Lui istituito. Perciò
mantenette, nel vostro intimo e intorno a voi, l’ansia di suscitare – assecondando
la grazia dello Spirito Santo – nuove vocazioni sacerdotali tra i fedeli. La preghiera
fiduciosa e perseverante, l’amore gioioso alla propria vocazione e un dedicato lavoro
di direzione spirituale vi consentiranno di discernere il carisma vocazionale in coloro
che sono chiamati da Dio.
Cari seminaristi,
che avete già fatto il primo passo verso il sacerdozio e vi state preparando nel Seminario
Maggiore oppure nelle Case di Formazione Religiosa, il Papa vi incoraggia ad essere
consapevoli della grande responsabilità che dovrete assumere: verificate bene le intenzioni
e le motivazioni; dedicatevi con animo forte e spirito generoso alla vostra formazione.
L’Eucaristia, centro della vita del cristiano e scuola di umiltà e di servizio, dev’essere
l’oggetto principale del vostro amore. L’adorazione, la pietà e la cura del Santissimo
Sacramento, lungo questi anni di preparazione, faranno sì che un giorno celebriate
il sacrificio dell’Altare con edificante e vera unzione.
In
questo cammino di fedeltà, amati sacerdoti e diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi
e laici impegnati, ci guida e accompagna la Beata Vergine Maria. Con Lei e come Lei
siamo liberi per essere santi; liberi per essere poveri, casti e obbedienti; liberi
per tutti, perché staccati da tutto; liberi da noi stessi affinché in ognuno cresca
Cristo, il vero consacrato del Padre e il Pastore al quale i sacerdoti prestano la
voce e i gesti, essendo sua presenza; liberi per portare all’odierna società Gesù
morto e risorto, che rimane con noi sino alla fine dei secoli e a tutti si dona nella
Santissima Eucaristia.