Elezioni nelle Filippine: le preoccupazioni dei missionari a Mindanao
Nelle Filippine cresce l’attesa per l’esito delle presidenziali di domani. Alla vigilia
della tornata la tensione è palpabile nell’isola di Mindanao, nel sud del Paese, sede
di storici conflitti con i movimenti musulmani. Lo riporta l’agenzia Fides precisando
che i risultati e l’andamento del voto saranno un test per misurare l’attendibilità,
la trasparenza e le nuove prospettive nella vita politica del Paese. A Maguindanao
– spiega padre Eliseo Mercado, Missionario degli Oblati di Maria Immacolata e profondo
conoscitore dell’area – il clan degli Ampatuan è ancora ben radicato, nonostante il
clamore per la strage di 57 civili avvenuta il 23 novembre 2009. “Vedremo dal voto
– spiega – se la popolazione è pronta per un nuovo inizio o se vincerà ancora il tradizionale
sistema del patronato politico”. Nella provincia vi è stato, infatti, il cambiamento
completo degli apparati della polizia e dell’esercito, accusati di essere collusi
con il clan e di aver coperto la strage. Con questa mossa il governo ha cercato di
rimuovere ogni traccia del controllo degli Ampatuan nelle forze dell’ordine. Padre
Mercado auspica che vi sia nella provincia “per la prima volta un reale esercizio
del voto democratico e della coscienza dei cittadini, libera da obblighi e ricatti,
e che la Commissione Elettorale (anch’essa rinnovata) valuti il processo di voto in
modo libero e indipendente”. Tuttavia - dice ancora - “se vincerà ancora il candidato
legato al clan Ampatuan, sapremo che la famiglia controlla ancora il territorio”.
Secondo il missionario “una delle pre-condizioni perché vi sia una svolta è smantellare
gli eserciti privati e frenare la proliferazione delle armi leggere”. Convinzione,
questa, suffragata anche dall’International Crisis Group, think tank con sede a Bruxelles,
che in un recente rapporto ha affermato che “il nuovo governo dovrà porre la questione
di Mindanao fra le priorità, con attenzione al processo di pace e alla dissoluzione
degli eserciti privati, mossa chiave e per ridurre il conflitto endemico nell’area”.
(E. B.)