2010-05-07 15:56:28

"Ars Amoris", musica e parole ispirate al Curato d'Ars: l'intervento del cardinale Grocholewski


“Nessuna difficoltà ha potuto frenarlo, perché egli non poggiava su di sè, ma su Dio”. Con queste parole il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, ha definito la “straordinaria vicenda” del Santo Curato d’Ars, al termine del ConcerTheatre “Ars Amoris – l’Amore che viene da Ars”, presentato a Roma, ieri, nell’Aula Magna della Pontificia Università Lateranense, in preparazione alla conclusione dell'Anno Sacerdotale. Il porporato ha quindi messo in luce “le “cattedre” dalle quali San Giovanni Maria Vianney apprendeva l’Ars Amoris: l’altare, il tabernacolo e il confessionale. Rivolgendosi agli studenti dei Collegi Romani ha poi concluso: "Qui a Roma si studia, ci si specializza, si fanno ricerche e si elabora. Ma soprattutto si tratta di andare alle radici della vita cristiana: l’arte di amare Dio e di amare gli uomini tutti". E ha citato Benedetto XVI al momento dell’apertura dell'anno dedicato ai sacerdoti: "Per essere ministri al servizio del Vangelo, è certamente utile e necessario lo studio con un’accurata e permanente formazione teologica e pastorale, ma è ancor più necessaria quella 'scienza dell’amore' che si apprende solo nel 'cuore a cuore' con Cristo". Ma che tipo di opera è “Ars Amoris”? Adriana Masotti lo ha chiesto a Maffino Redi Maghenzani, sacerdote focolarino, regista e ideatore dello spettacolo che sarà replicato nei prossimi mesi in diverse località:RealAudioMP3

 
R. – Noi parliamo di “ConcerTheatre”, cioè un concerto teatrale e un teatro musicale, dove la parola e la musica non si sommano, non si schiacciano, ma si esaltano l’un l’altra, proprio come in un connubio in cui vediamo come ognuna di queste due espressioni sia potenziata.

 
D. – Quali sono gli aspetti del Santo Curato d’Ars che vengono maggiormente in rilievo da quest’opera?

 
R. – Il Curato d’Ars vive nell’epoca della Rivoluzione francese e quindi in un’epoca di grave difficoltà per la Chiesa. Lui esprime – ecco il titolo “Ars Amoris” – una misura d’amore così grande, con la quale sa reagire e anche controbattere le sfide del tempo, e vincerle: dopo nove anni che era ad Ars si presentano da lui per la confessione venti persone al giorno; dopo 12 anni, trenta persone, quaranta persone e arriviamo a 300 persone; in un anno, 80 mila persone. La gente diceva: “Andiamo a vedere Dio in un uomo!”. Un uomo che dice: “Se Dio avesse trovato uno più indegno e più ignorante di me, lo avrebbe scelto”. Quello che me l’ha reso vicino è questa sua contemporaneità. E’ un uomo che ha vissuto in se stesso una profonda contraddizione; addirittura lui rivela, ad un certo punto, che la sua tentazione maggiore era la disperazione: la disperazione di sentire il divario tra il suo ideale e ciò che era. Gli sembrava che la gente lo seguisse e allora diceva: “Se la gente mi segue, io li sto ingannando: sono un ipocrita!”. Questa contraddizione se l’è trascinata tutta la vita, così come il suo desiderio di fuggire da Ars. E poi, a tutti comunicava il suo amore per Dio, il suo amore per il prossimo. C’è una scena intensa dello spettacolo dove lui si ferma, guarda il pubblico e dopo aver parlato dell’amore di Dio e del prossimo, ripete tre volte:“è tutto qui!, è tutto qui!, è tutto qui!”.

 
D. – Il Curato d’Ars ha qualcosa da dire non solo ai sacerdoti, ai quali viene presentato in quest’anno particolare come modello, ma anche ai laici, a tutti gli uomini e alle donne …

 
R. – Io penso che abbia da dire anche qualcosa a chi non si riconosce in una fede religiosa, perché l’amore è qualcosa di profondamente umano e di profondamente universale. Per questo noi abbiamo voluto accentuare questo aspetto.

 
D. – Qual è il messaggio che voi vi augurate rimanga?

 
R. – Quello che ci stupisce è constatare come il Curato d’Ars diventi prima, vicino al cuore e all’anima di ciascuno diventando amico e lasci poi– e questo ce l’hanno detto le migliaia di persone che ormai hanno visto lo spettacolo – un anelito di santità. Si sono espressi così vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, adulti, bambini, ragazzi … Si sono espressi così al termine dello spettacolo. Un anelito di santità che nasce dentro, il senso che forse la vera nostalgia che dobbiamo avere è la nostalgia della santità.







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