Africa: parlamentari chiedono la fine delle mutilazioni genitali femminili
Una risoluzione contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili (Fgm) in quanto
“pratica lesiva della dignità e dei diritti umani”: l’hanno richiesta all’Assemblea
generale delle Nazioni Unite i deputati dei parlamenti africani, riunitisi a Dakar
in Senegal, uno dei 17 Paesi africani ad aver bandito tale pratica. Ma anche sul continente,
ancora molto resta da fare secondo Morissandra Kouyaté, responsabile dell’Organizzazione
non governativa interafricana sulle pratiche tradizionali, che intervenendo nel dibattito
ha sottolineato come “esista notevole disparità tra le legislazioni dei diversi Paesi.
Alcuni hanno approvato delle leggi - riferisce l'agenzia Misna - che bandiscono le
fgm, altri non le applicano e comunque non è raro che gli abitanti di un paese in
cui la pratica è bandita attraversino il confine solo per aggirare l’ostacolo”. In
Africa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sono circa 91 milioni
le ragazze sopra i nove anni sottoposte alla mutilazione dei genitali, una cifra a
cui si aggiungono tre milioni di persone ogni anno. La prevalenza del fenomeno varia
considerevolmente da regione a regione all'interno del medesimo stato, ma secondo
l'Oms in almeno sette Paesi (Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone e
Somalia) e nel Nord del Sudan il fenomeno tocca la quasi totalità della popolazione
femminile. In altri, come Burkina Faso, Etiopia, Gambia, Mauritania, la diffusione
è maggioritaria ma non universale. In Ciad, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Kenya e
Liberia il tasso di prevalenza è tra il 30 e il 40% della popolazione femminile, mentre
nei restanti Paesi la diffusione varia dallo 0,6 al 28,2%. Dal novembre 2005, il cosiddetto
Protocollo di Maputo voluto dall’Unione Africana, vieta e condanna in modo esplicito
le mutilazioni femminili. Nell’incontro di Dakar è emerso con chiarezza come, nonostante
il sostegno formale alla lotta contro le mutilazioni cresca rapidamente nel continente,
in alcuni Paesi africani manchi l’impegno concreto e diretto dei governi ad adottare
o far rispettare le leggi, ma soprattutto a intervenire attivamente con campagne informative
e formative per sradicare abitudini e credenze che spingono al ricorso alle mutilazioni.”Le
leggi sono solo un passo intermedio, c’è un lungo lavoro culturale da fare per sradicare
il fenomeno dai villaggi” ha detto N'Deye Soukeye Gueye, alla guida del ministero
della Famiglia in Senegal e in prima linea contro le Fgm nel Paese, spiegando come,
pur essendosi dotato di un’apposita legge in materia nel 1999 (tra i primi Paesi del
continente), il Senegal ha ottenuto i risultati maggiori solo dopo aver lanciato una
serie di campagne mirate nelle zone dove la pratica era maggiormente diffusa. Campagne
che, lentamente e nel corso di anni, hanno convinto gli influenti anziani ed esponenti
religiosi locali a sposare la campagna contro le mutilazioni ottenendo un tasso di
riduzione della pratica del 70%. (R.P.)