Algeria: il vescovo di Laghouat-Ghardaïa sulla realtà attuale della Chiesa
“La Chiesa è fatta di peccatori e deve la sua santità a Dio solo, a Cristo che l’ha
fondata e allo Spirito che la conduce contro venti e maree. L’umiliazione che ora
essa subisce, anche ingiustamente, non è forse un invito all’umiltà?”. È la riflessione
proposta dal vescovo della diocesi algerina di Laghouat-Ghardaïa, mons. Claude Rault,
nell’editoriale del notiziario diocesano mensile pubblicato sul sito della Chiesa
d’Algeria www.ada.asso.dz. Riferendosi ai casi di pedofilia emersi in questi mesi
in Europa e negli Stati Uniti che vedono coinvolti sacerdoti e vescovi, mons. Rault
afferma che la Chiesa paga un insegnamento più moralizzatore che promotore del carattere
sacro della persona, e paga anche assai cara un’immagine autoreferenziale, essendosi
attribuita qualità che non possono che riferirsi solamente a Dio. Per il presule,
“di fronte agli odiosi crimini che costituiscono la pedofilia niente sarebbe da scusare,
tanto il male provocato nei bambini e nelle altre persone che ne sono vittime è profondo.
Gesù stesso – prosegue mons. Rault – non è stato tenero nei confronti di colui che
‘scandalizza i piccoli’: ‘è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una
macina da mulino e sia gettato nel mare’. Parole terribili da comprendere per i suoi
discepoli – aggiunge il presule – come per chiunque, d’altronde”. Ma il vescovo di
Laghouat-Ghardaïa osserva che occorre fare attenzione al modo in cui i media stanno
affrontando l’argomento, “come se in ogni uomo di Chiesa vi fosse un potenziale pedofilo
di cui non si dovrebbe aver fiducia”; avverte che si rischia di non dar spazio ad
altre notizie, come a quegli “anonimi laici, preti, religiosi, religiose che, in nome
della loro fede e della dignità dell’essere umano, si impegnano lì dove l’umanità
è ferita per combattere la povertà, la miseria e la guerra”. Mons. Rault conclude
il suo editoriale scrivendo che la Chiesa potrà superare il momento difficile che
sta vivendo “ritrovando la sua prima vocazione di umile serva dell’umanità” spogliandosi,
sull’esempio di Gesù, del suo mantello per lavare i piedi ai suoi discepoli. “Non
dimentichiamo troppo – conclude il presule – che il solo abito liturgico di cui si
sia vestito è un grembiule di servizio. E non lo aveva più per coprirsi, elevato da
terra sullo strumento di supplizio. Pasqua non è forse la resurrezione del servitore?”.
(T.C.)