2010-05-04 14:22:42

Le iniziative culturali promosse dalla Provincia italiana dei Gesuiti per ricordare i 470 anni di fondazione dell'Ordine e il IV centenario della morte di Matteo Ricci


Si è svolta ieri a Roma, presso il Centro Astalli, la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa “Gesuiti a Roma. Inattese connessioni. Viaggio nel cuore della Compagnia”. Si tratta di un programma di incontri culturali ospitati nel complesso architettonico della chiesa e delle case della Compagnia di Gesù, dedicato in particolare a padre Matteo Ricci, di cui si celebra il IV centenario della morte, e a fratel Andrea Pozzo. Da sempre, l’impegno della Compagnia di Gesù è quello ci creare delle connessioni tra il territorio locale della città di Roma e l’attività svolta dai Gesuiti, basata sulla giustizia e sulla solidarietà. Al microfono di Lucia Tondi, il padre gesuita Michael Czerny spiega come la relazione con la persona che soffre apra scenari e sfide che vanno al di là del bisogno e ci pongono di fronte ai nostri stessi limiti.RealAudioMP3

R. – Oggi, con tutte le tensioni e le difficoltà della vita, stiamo perdendo l’idea di ospitalità. Non è facile aprire la porta all’altro. Così il nostro vuol essere un bel gesto, che non è soltanto turistico, artistico, ma anche di grande spiritualità e attualità.

 
D. – In che modo, quindi, la Compagnia di Gesù stabilisce delle connessioni con il territorio locale di Roma, facendo una particolare attenzione a quelli che sono gli invisibili della società?

 
R. – Cominciamo qui al Centro Astalli, dove vengono accolti coloro che non hanno la casa, che non hanno niente e che cercano una prima possibilità di inserimento nella società. Aprire la porta, cominciando con colui che chiede asilo, è un simbolo di ciò che vuol dire questa connessione con il territorio.

 
D. – Oggi, la globalizzazione ha abbattuto le distanze. Ma a volte, stabilire una connessione con il nostro vicino rimane ancora una dura sfida...

 
R. – La globalizzazione ha vinto le distanze di spazio e di tempo, ma non la distanza di cuore e di anima. Di fatto, la distanza tra cuore e anima è sempre più grande. Abbiamo più paura: abbiamo paura della persona vicina e della persona lontana. Così, la globalizzazione comporta anche una grande dispersione. Per questo vogliamo aprire le porte ed avere una connessione reale tra le persone e non soltanto tra punti.

 
D. – Quali sono le difficoltà di una sfida missionaria, per poter stabilire una connessione con il diverso?

 
R. – Trovare nell’altro le domande, i bisogni e i desideri che corrispondono alle ricchezze della tradizione, alle ricchezze della Bibbia e della vita cristiana, che abbiamo ereditato in tanti secoli.

 
D. – Quindi, la differenza deve essere intesa come una complementarietà, come una ricchezza e non come una competizione?

 
R. – Questa terribile conflittualità, che abbiamo in tutti campi va superata nella semplicità, nell'umiltà e nell'apertura all’altro e a Dio, che ci chiama tutti ad essere fratelli e sorelle e non nemici.







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