La meditazione del Papa nel Duomo di Torino: la Sindone, un'Icona scritta col sangue
che parla di amore e di vita
E' stata una visita pastorale molto intensa quella del Papa ieri a Torino, caratterizzata
da grande accoglienza e affetto e da un profondo clima di preghiera. Uno dei momenti
centrali è stata la meditazione di Benedetto XVI nell'atto di venerazione della Sacra
Sindone. Ce ne parla il nostro inviato Massimiliano Menichetti:
Benedetto
XVI si è fatto pellegrino tra i pellegrini ed ha pregato insieme ad altri due milioni
di fedeli che hanno reso omaggio alla Sindone, nel Duomo di Torino, durante questa
Ostensione, che terminerà il 23 maggio prossimo:
“Si
può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti
essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto
corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù”. “La
Sindone di Torino – ha ribadito Benedetto XVI - ci offre l’immagine di com’era il
corpo di Gesù disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente
(circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato”.
E riferendosi al Sabato Santo quale giorno del “silenzio” e della “solitudine”, ha
tracciato un parallelo con il cuore dell’uomo di oggi:
“Il
nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera
esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre
di più”. Citando le due guerre mondiali, i lager e i gulag,
Hiroshima e Nagasaki, Benedetto XVI ha detto che “la nostra epoca è diventata in misura
sempre maggiore un Sabato Santo”, dove “l’oscurità di questo giorno interpella tutti
coloro che si interrogano sulla vita” e “in modo particolare” i “credenti”:
“Tuttavia
la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo,
fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra
Sindone si comporta come un documento 'fotografico', dotato di un 'positivo' e di
un 'negativo'. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello
stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini”. Quindi
ha spiegato che la Sindone testimonia “quell’intervallo unico e irripetibile nella
storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non
solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte:
“Dio,
fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta
dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza
alcuna parola di conforto: 'gli inferi'. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato
la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui”. Il
Papa ha evidenziato che Cristo ha penetrato con il suo amore la morte, portando la
speranza nuova della Risurrezione. “Mi sembra che guardando questo sacro Telo con
gli occhi della fede – ha aggiunto - si percepisca qualcosa di questa luce". “Penso
– ha proseguito - che se migliaia e migliaia di persone vengono” a venerare la Sindone
è perché in essa vedono la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio.
Poi ha detto: “Questo è il potere della Sindone”:
“Dal
volto di questo ‘Uomo dei dolori’, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni
tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà,
i nostri peccati – ‘Passio Christi. Passio hominis’ - promana una solenne maestà,
una signoria paradossale”. Questo volto, queste mani e
questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla: è esso stesso una parola che
possiamo ascoltare nel silenzio:
“Parla con il
sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di
un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine
impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni
traccia di sangue parla di amore e di vita”. E
riferendosi alla ferita sul costato “procurata da un colpo di lancia romana” ha sottolineato
che “quel sangue e quell’acqua” che fuoriuscirono “parlano di vita”. “E’ come una
sorgente – ha concluso - che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo
ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.