Il cardinale Poletto: grande risposta della città alla visita del Papa
Per un bilancio della visita del Papa a Torino ascoltiamo l’arcivescovo della città,
il cardinale Severino Poletto, al microfono di Massimiliano Menichetti:
R. – Io considero
che la venuta del Santo Padre è stato un evento di grazia da un fatto molto verificabile,
e cioè la risposta di Torino, la partecipazione non solo agli eventi, ma lungo la
strada del percorso del Papa. Il Papa stesso si meravigliava nel vedere nel pomeriggio,
durante gli spostamenti, quando ad un certo punto è anche piovuto, la massa di gente
che c’era lungo le strade dove lui passava. Questa risposta di Torino indica che tutti
hanno avvertito che la venuta del Santo Padre è stato il momento più forte di tutte
le sei settimane dell’Ostensione. Poi, le varie tappe sono state un crescendo, oserei
quasi dire, - anche se il momento più importante è stato quello dell’Eucaristia del
mattino - di annunci, di messaggi, d’idee, riflessioni che il Papa ha proposto e che
ci hanno condotto a leggere l’evento della Sindone come un’occasione grande di rinnovamento
della vita cristiana e di attenzione ai sofferenti, ai poveri, ai problemi della città.
D.
– Il primo incontro con la cittadinanza si è tenuto in Piazza San Carlo. 50 mila persone
lo hanno accolto. Che cosa porta con sé di questo primo incontro con il Papa?
R.
– La celebrazione in Piazza San Carlo con tantissime persone. Io ho sentito un silenzio
profondo. Dopo l’omelia del Papa c’è stato un tempo non piccolo di silenzio: non si
sentiva muovere nessuno. Dopo la Comunione è stato richiesto ancora un momento di
ringraziamento. E mentre in papa-mobile tornavamo verso il vescovado, dopo la Messa,
il Santo Padre mi ha detto: “Una Messa stupenda per il raccoglimento e per i bei canti”.
E’ stata veramente una celebrazione vissuta con fede, con raccoglimento. Con una massa
così enorme di persone, normalmente, si sente brusio, gente che si muove, e invece
no, c’era un silenzio tale che sembrava di essere veramente ad una celebrazione nel
contesto di un corso di esercizi. La cosa che più mi ha colpito della celebrazione
eucaristica è stata questa, oltre naturalmente alla parola del Papa.
D.
– Dopo il pranzo in arcivescovado, l’incontro con i giovani che lo attendevano in
Piazza San Carlo. Intenso è stato lo scambio con loro. Il Papa ha ribadito la necessità
di non cedere ad un mondo autoreferenziale, ad un mondo relativista, e ha esortato
a seguire le scelte definitive imperniate in Cristo, come la vocazione al matrimonio
e la vocazione al sacerdozio...
R. – Ha accennato
anche alla necessità di non avere paura di affrontare le sfide che i giovani incontrano.
E’ la grande sfida del Papa. E anch’io, dando il saluto, ho detto: “Qui ci sono giovani
impegnati, ci sono giovani, che magari hanno affievolito la loro fede, ma non hanno
ancora voltato le spalle al Cristo. Altri invece hanno abbandonato il Signore, ma
le sue parole sicuramente li riporterà, perché lei sa spiegare la Scrittura come Gesù
lungo le vie di Emmaus, quando si è rivelato a quei due discepoli scoraggiati e sfiduciati”.
E naturalmente il Papa ha prospettato ai giovani la necessità di affrontare la vita
con la forza di andare controcorrente e sentire che la vita è una cosa seria, capace
d’impegni definitivi e ha additato il matrimonio come scelta di vita che deve durare
per sempre, ha additato il sacerdozio e la vita religiosa come possibilità, quindi
invitandoli ad essere loro la forza di una comunità cristiana e di una società civile.
Bisogna essere dietro a Cristo, alla sequela di Cristo, il quale vi vuole fare felici,
perché questo è importante. Cristo non ci chiede di seguirlo per impedire o tarpare
qualcosa della nostra umanità, che aspira alla libertà, all’amore, alla gioia, alla
felicità, ma ci chiede proprio di seguirlo, dicendo dei no, per avere poi un sì definitivo
ai valori grandi della vita.
D. – Come anche lei
prima ha accennato, in un crescendo si è spostato nel Duomo. Qui ha venerato la Sacra
Sindone e ha indicato il volto di Cristo attraverso il Sacro Lino. Cristo, morendo,
è entrato nel giorno dell’oscurità, portando la luce e la vita, raggiungendo così
l’uomo nel punto di maggiore solitudine…
R. – Da
un punto di vista teologico, il Papa, partendo dalla realtà del Sabato Santo - la
realtà del silenzio, dell’oscurità della morte, del silenzio di Dio - ha voluto ricordare
e collegare l’esperienza che Gesù ha fatto nella sua discesa agli inferi, cioè nell’abisso
della morte, con le vicende del secolo scorso dell’umanità: la bomba atomica, Hiroshima
e Nagasaki, i gulag e i campi di concentramento, la Shoah e così via. Quindi, tutto
quello che poi è stato letto da tanti come un silenzio di Dio. Ma il Papa ha voluto
mettere in evidenza come il silenzio di Dio sia illuminato dalla luce della resurrezione
e la luce della resurrezione, fatta riflettere in retrospettiva sulle vicende precedenti,
ha illuminato di significato profondo la sofferenza, l’abbandono, anche l’esperienza
spirituale di un silenzio di Dio, che tace non perché ci abbandona, ma perché vuole
che noi, attraverso una purificazione totale che il sacrificio di Cristo ci offre,
che è la sofferenza e la morte, giungiamo alla gloria della resurrezione. Per cui
è stato molto bello il fatto che il Papa abbia anche accennato al sangue. La Sindone
è un negativo fotografico, che sviluppata diventa un positivo. Allora, anche la nostra
vita ha un positivo e ha un negativo: ha una gioia e ha una sofferenza. Perciò lui
dice: “Guardate nella Sindone il segno del sangue, il sangue che è il simbolo della
vita nella Bibbia”.
D. – Dopo la venerazione della
Sindone il Santo Padre si è recato al Cottolengo, qui, prima di tutto, ha colpito
l’abbraccio che gli ospiti di questa struttura hanno rivolto spontaneamente, riccamente,
a cuore aperto al Santo Padre…
R. – Ogni volta che
si va al Cottolengo, lei nota un’esplosione di gioia di queste persone, l’esultanza,
anche dei più gravi, anche dei più segnati dalla sofferenza. Al Cottolengo c’è il
miracolo della carità. Il miracolo della carità lo si vede nella gioia di queste persone,
che scoprendo, dopo anni che sono al Cottolengo, i loro genitori o la famiglia, non
vogliono tornare a casa e cercano di rimanere lì, perché dicono “questa è la mia famiglia”,
in quanto si sentono amati.
D. – Che cosa lascia,
secondo lei, questa visita di Benedetto XVI alla città?
R.
– Lascia una percezione di vicinanza della città al Papa e del Papa a questa città.
Il ricordo che, secondo me, rimane è di un Papa che si è messo dentro la città. Oserei
quasi dire che si è fatto cittadino di Torino e si è fatto pastore di una comunità
cristiana forte, generosa. Ha lodato la laboriosità e l’impegno pastorale dei sacerdoti,
perché proprio così è il clero di Torino. Torino ha sentito il Papa vicino e si è
dimostrata vicina al Papa. Una città che ama il Papa e che si stringe vicino a lui,
anche nei momenti in cui lui ha delle responsabilità e dei problemi da affrontare
e che ha sentito il Papa vicino con il cuore, con la parola, con l’affetto, con l’abbraccio,
alle proprie realtà e ai propri problemi. (Montaggio a cura di Maria Brigini) E
per concludere ascoltiamo, sulla visita del Papa a Torino, i commenti di alcuni fedeli,
sempre al microfono di Massimiliano Menichetti:
R. - Come
sempre il Papa sa dare parole molto forti a tutti noi e soprattutto a coloro che in
maniera particolare si sono avvicinati alla fede, come nel mio caso, da adulto. Il
Santo Padre quando viene è il nostro papà: è il papà di tutti noi.
D.
– Che cosa lascia questa visita del Papa?
R. - Un
messaggio di pace, di speranza, sicuramente.
D. -
Ha confermato l’intera Chiesa piemontese nella fede...
R.
- Ha confermato l’intera Chiesa ma ha confermato ognuno di noi proprio in maniera
personale in questo momento di attacco alla Chiesa e a lui in modo particolare.
R.
- E’ un’emozione forte, sicuramente. Questi sono eventi di grazia che ci aiutano e
ci sostengono.
D. - Che cosa lascia questa visita
del Papa?
R. - E’ una testimonianza che è vicino
e attento a tutte le problematiche che la città vive.
R.
- Senti proprio questo calore che il Papa trasmette, questo amore che ha verso tutti
noi. Ma anche noi dobbiamo dare a lui, dobbiamo sostenerlo con la preghiera. R.
- Per me è importante avere Pietro che mi dice: vai avanti. Specialmente in questo
mondo dove tutto è in dubbio, almeno abbiamo qualcosa di solido che ci conferma davvero
nell'andare avanti. Io penso che questo sia importantissimo, specialmente per i giovani
che sono demotivati oggi, vivono senza meta, e io penso sia importante che possano
trovare un punto di riferimento davvero solido.
D.
– Che cosa ha significato per lei incontrare il Papa?
R.
– E’ una cosa incredibile … Abbiamo già avuto la fortuna di essere a tre Ostensioni
e quindi una cosa bellissima.
D. – Il Papa e l’Ostensione
insieme…
R. – E’ una cosa di fede.
D.
– Che cosa ha rappresentato per lei l’incontro con Benedetto XVI?
R.
– Una esperienza indimenticabile, unica. Mi ha riempito di qualcosa di spirituale
che finora mi mancava.
R. – E’ una cosa straordinaria!
Per me il Papa è la Chiesa, è tutto.