La visita ai malati del Cottolengo: la sofferenza, il male, la morte non hanno l’ultima
parola
Ultimo appuntamento della giornata l’incontro con i malati della Piccola Casa della
Divina Provvidenza fondata da San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Il Papa ha rivolto
il seguente discorso:
Signor Cardinale,
cari
fratelli e sorelle!
Desidero esprimere
a voi tutti la mia gioia e la mia riconoscenza al Signore che mi ha condotto fino
a voi, in questo luogo, dove in tanti modi e secondo un carisma particolare si manifestano
la carità e la Provvidenza del Padre celeste. E’ un incontro, il nostro, che si intona
molto bene al mio pellegrinaggio alla sacra Sindone, in cui possiamo leggere tutto
il dramma della sofferenza, ma anche, alla luce della Risurrezione di Cristo, il pieno
significato che essa assume per la redenzione del mondo. Ringrazio Don Aldo Sarotto
per le significative parole che mi ha rivolto: attraverso di lui il mio grazie si
estende a quanti operano in questo luogo, la Piccola Casa della Divina Provvidenza,
come la volle chiamare san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Saluto con riconoscenza
le tre Famiglie religiose nate dal cuore del Cottolengo e dalla “fantasia” dello Spirito
Santo. Grazie a tutti voi, cari malati, che siete il tesoro prezioso di questa casa
e di questa Opera.
Come forse sapete,
durante l’Udienza Generale di mercoledì scorso, insieme alla figura di san Leonardo
Murialdo, ho presentato anche il carisma e l’opera del vostro Fondatore. Sì, egli
è stato un vero e proprio campione della carità, le cui iniziative, come alberi rigogliosi,
stanno davanti ai nostri occhi e sotto lo sguardo del mondo. Rileggendo le testimonianze
dell’epoca, vediamo che non fu facile per il Cottolengo iniziare la sua impresa. Le
molte attività di assistenza presenti sul territorio a favore dei più bisognosi non
erano sufficienti a sanare la piaga della povertà, che affliggeva la città di Torino.
Il Cottolengo cercò di dare una risposta a questa situazione, accogliendo le persone
in difficoltà e privilegiando quelle che non venivano ricevute e curate da altri.
Il primo nucleo della Casa della Divina Provvidenza non ebbe vita facile e non durò
a lungo. Nel 1832, nel quartiere di Valdocco, vide la luce una nuova struttura, aiutata
anche da alcune famiglie religiose.
Il
Cottolengo, pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, mantenne sempre una
serena fiducia di fronte agli eventi; attento a cogliere i segni della paternità di
Dio, riconobbe, in tutte le situazioni, la sua presenza e la sua misericordia e, nei
poveri, l’immagine più amabile della sua grandezza. Lo guidava una convinzione profonda:
“I poveri sono Gesù - diceva - non sono una sua immagine. Sono Gesù in persona e come
tali bisogna servirli. Tutti i poveri sono i nostri padroni, ma questi che all’occhio
materiale sono così ributtanti sono i nostri padronissimi, sono le nostre vere gemme.
Se non li trattiamo bene, ci cacciano dalla Piccola Casa. Essi sono Gesù”. San Giuseppe
Benedetto Cottolengo sentì di impegnarsi per Dio e per l’uomo, mosso nel profondo
del cuore dalla parola dell’apostolo Paolo: La carità di Cristo ci spinge (cfr 2 Cor
5,14). Egli volle tradurla in totale dedizione al servizio dei più piccoli e dimenticati.
Principio fondamentale della sua opera fu, fin dall’inizio, l’esercizio verso tutti
della carità cristiana, che gli permetteva di riconoscere in ogni uomo, anche se ai
margini della società, una grande dignità. Egli aveva compreso che chi è colpito dalla
sofferenza e dal rifiuto tende a chiudersi e isolarsi e a manifestare sfiducia verso
la vita stessa. Perciò il farsi carico di tante sofferenze umane significava, per
il nostro Santo, creare relazioni di vicinanza affettiva, familiare e spontanea, dando
vita a strutture che potessero favorire questa vicinanza, con quello stile di famiglia
che continua ancora oggi.
Recupero della
dignità personale per san Giuseppe Benedetto Cottolengo voleva dire ristabilire e
valorizzare tutto l’umano: dai bisogni fondamentali psico-sociali a quelli morali
e spirituali, dalla riabilitazione delle funzioni fisiche alla ricerca di un senso
per la vita, portando la persona a sentirsi ancora parte viva della comunità ecclesiale
e del tessuto sociale. Siamo grati a questo grande apostolo della carità perché, visitando
questi luoghi, incontrando la quotidiana sofferenza nei volti e nelle membra di tanti
nostri fratelli accolti qui come nella loro casa, noi facciamo esperienza del valore
e del significato più profondo della sofferenza e del dolore.
Cari
malati, voi svolgete un’opera importante: vivendo le vostre sofferenze in unione con
Cristo crocifisso e risorto, partecipate al mistero della sua sofferenza per la salvezza
del mondo. Offrendo il nostro dolore a Dio per mezzo di Cristo, noi possiamo collaborare
alla vittoria del bene sul male, perché Dio rende feconda la nostra offerta, il nostro
atto di amore. Cari fratelli e sorelle, tutti voi che siete qui, ciascuno per la propria
parte: non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose
di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno
anche attraverso il vostro contributo. Cristo, che è morto sulla Croce per salvarci,
si è lasciato inchiodare perché da quel legno, da quel segno di morte, potesse fiorire
la vita in tutto il suo splendore. Questa Casa è uno dei frutti maturi nati dalla
Croce e dalla Risurrezione di Cristo, e manifesta che la sofferenza, il male, la morte
non hanno l’ultima parola, perché dalla morte e dalla sofferenza la vita può risorgere.
Lo ha testimoniato in modo esemplare uno di voi, che voglio ricordare: il Venerabile
fratel Luigi Bordino, stupenda figura di religioso infermiere.
In
questo luogo, allora, comprendiamo meglio che, se la passione dell’uomo è stata assunta
da Cristo nella sua Passione, nulla andrà perduto. Il messaggio di questa solenne
Ostensione della Sindone: “Passio Christi – Passio hominis”, qui si comprende in modo
particolare. Preghiamo il Signore crocifisso e risorto perché illumini il nostro pellegrinaggio
quotidiano con la luce del suo Volto; illumini la nostra vita, il presente e il futuro,
il dolore e la gioia, le fatiche e le speranze dell’umanità intera. A tutti voi, cari
fratelli e sorelle, invocando l’intercessione di Maria Vergine e di san Giuseppe Benedetto
Cottolengo, imparto di cuore la mia Benedizione: vi conforti e vi consoli nelle prove
e vi ottenga ogni grazia che viene da Dio, autore e datore di ogni dono perfetto.