2010-05-02 15:39:35

Accordo sugli aiuti alla Grecia. Papandreou: l'austerità salverà il Paese


Il premier greco Papandreou promette ai suoi connazionali che in cambio dei “grandi sacrifici” che dovranno fare, il Paese sarà “salvato dalla bancarotta” entro i 4 anni del suo mandato. Così il premier annuncia l’accordo raggiunto ieri sera fra il governo greco, il Fondo monetario internazionale e l'Unione Europea sull'aiuto finanziario ad Atene. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3

 
L'ammontare degli aiuti alla Grecia sarà annunciato oggi pomeriggio a Bruxelles, dopo la riunione straordinaria dei ministri dell'Economia di Eurolandia. Si dovrebbe trattare di 120-130 mld in tre anni. Al momento è stata fissata solo la quota per il 2010: per l’anno in corso il sostegno finanziario ammonterà a 45 miliardi di euro, 30 in prestiti bilaterali degli Stati membri della zona euro (ad un tasso del 5%) e 15 dell'Fmi (ad un tasso di poco superiore al 3%). Dunque la svolta c’è: la Commissione Ue ha accolto con favore” il programma pluriennale di consolidamento delle finanze greche, che considera “solido e credibile”. Il presidente della Commissione, Barroso, spiega che “l'assistenza alla Grecia sarà decisiva per riportare l'economia di Atene sui giusti binari e - aggiunge - per preservare la stabilità della zona euro”. Barroso sottolinea che emerge “la determinazione comune dei membri della zona euro e delle nostre istituzioni ad agire con spirito di solidarietà e responsabilità”. Stamane parlando alla popolazione, il premier greco ha fatto una promessa precisa: “al termine dei 4 anni del mio mandato, il Paese sarà salvato dalla bancarotta. Sarà il ministro delle finanze Papaconstantinou a fornire i dettagli del pacchetto di misure di rigore accettate da Atene in cambio dei maxi-aiuti Ue-Fmi. Il premier ha detto che le nuove misure non riguarderanno il settore privato.

Marea Nera: Obama arriva in Louisiana
Il presidente Usa, Barak Obama, è atteso oggi in Louisiana, minacciata dalla marea di petrolio dopo l'esplosione di una piattaforma nel Golfo del Messico, per un blitz deciso all'ultimo momento, mentre crescono le polemiche sulla lentezza della reazione della British Petroleum ma anche del governo federale. I pescatori della zona si sentono abbandonati, intanto il petrolio continua a sgorgare incontrollato: l’onda nera potrebbe raggiungere l'Atlantico. Il servizio di Roberta Rizzo:RealAudioMP3

 
Dal governatore della Louisiana, Bobby Jindal, ai pescatori del delta del Mississipi, il Golfo del Messico investito dalla marea nera aspetta oggi al varco il presidente Barack Obama mentre la macchia di greggio continua a crescere: ha già superato i 10mila chilometri quadrati. La catastrofe sembra inevitabile. Gli sforzi per contenere il flusso di greggio hanno prodotto risultati limitati. Le fragili barriere naturali delle paludi del delta, il brutto tempo e le onde marine rendono tutto più difficile mentre cresce la rabbia della gente contro la British Petroleum, il colosso britannico responsabile del disastro, e contro la Casa Bianca accusata di essersi mossa troppo tardi. Per i pescatori del delta l'incubo è quello della bancarotta totale e della perdita del lavoro per anni. C’è chi ipotizza un disastro peggiore di quello dell'uragano che distrusse New Orleans 5 anni fa. Per questo la Casa Bianca ha deciso di dare un segnale forte con l’arrivo del presidente sui luoghi della sciagura e scongiurare il pericolo che l’onda nera si trasformi nella “Katrina” di Obama. Ieri sera la Guardia Costiera ha ammesso che è "praticamente impossibile" quantificare le migliaia di barili di greggio che fuoriescono dalla piattaforma affondata. Se, come previsto, dovesse essere intercettata dalla corrente del Golfo, l’onda nera non si fermerà fino all'Oceano Atlantico.

 
Disinnescata autobomba a New York: poteva essere una strage
È stato un venditore ambulante di magliette a segnalare alla polizia l'auto sospetta nei pressi di Times Square nella quale ieri pomeriggio è stata trovata una bomba artigianale. Lo ha rivelato il sindaco di New York, Michael Bloomberg, in una conferenza stampa. L'ambulante alle 18.30 ora locale (mezzanotte e mezzo in Italia) ha notato sulla 45.ma Strada, all'incrocio con la 7.ma, “un veicolo sospetto senza nessuno a bordo” e ha allertato un poliziotto a cavallo. Era un "Suv" Nissan Pathfinder verde scuro, con il motore accesso e le quattro frecce inserite. Nel bagagliaio gli artificieri hanno trovato e disinnescato tre bombole di gas propano, fuochi d'artificio a combustione graduale, due taniche di benzina e due orologi usati apparentemente come timer. Il sindaco Bloomberg ha detto che la bomba sembrava realizzata in modo amatoriale ma avrebbe potuto avere conseguenze molto cruente.

Ahmadinejad, in volo per New York, promette proposte concrete sugli armamenti
Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha annunciato che farà “proposte molto concrete” sugli armamenti atomici nel mondo alla conferenza dell'Onu che si svolgerà a New York sul Trattato di non Proliferazione Nucleare (Tnp), ed ha sostenuto che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha fallito la propria missione in fatto di disarmo. La conferenza si aprirà domani al Palazzo di Vetro.

Pakistan
Nove sospetti militanti integralisti islamici sono stati uccisi in bombardamenti avvenuti nel nord ovest del Pakistan. Secondo fonti locali, aerei da combattimento hanno colpito alcune basi ribelli nelle aree di Kasha, Sheikhan e Saif Darra della regione tribale di Orakzai. In oltre un mese nella zona, vicino al confine afghano, sono stati uccisi oltre 500 militanti, secondo quanto affermano fonti militari. Intanto un piccolo incendio si è verificato all'ambasciata americana di Islamabad. Non ci sono state vittime. Le cause sono finora sconosciute. I ribelli islamici pakistani legati ad Al Qaida e ai talebani afghani cercano di rovesciare il governo sostenuto dagli Stati Uniti ed in passato avevano già preso di mira diplomatici e strutture americane.

Intellettuali ebrei europei rivolgono a Tel Aviv un “Appello alla ragione”
Desta le prime reazioni in Israele un “appello alla ragione” elaborato da intellettuali ebrei europei in cui viene espressa dissociazione dalla politica di Benyamin Netanyahu, in particolare per quanto concerne l'espansione della presenza ebraica in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Sottoscritto anche da personalità schierate solitamente in prima linea nella difesa di Israele - come Bernard-Henry Levy e Alain Finkielkraut - il contenuto dell'appello è riferito con grande evidenza in prima pagina dal quotidiano liberal Haaretz. In una intervista alla radio militare, Finkielkraut ha affermato: “Non credo che Netanyahu sia serio quando dice: 'Due Stati per i due popoli. Penso che lui non si fidi dei palestinesi, che voglia garantire la stabilità della sua coalizione di governo”. Quando pronuncia quella formula, ha aggiunto, "non c'è dietro un contenuto, non c'è un significato reale”. Finkielkraut ha aggiunto ancora di aver apposto la propria firma al documento “con grande sofferenza, e nella preoccupazione per il futuro di Israele”. Finora nessun esponente del governo israeliano ha espresso commenti.

L’ambasciata Usa in Yemen chiede prudenza ai connazionali
Gli Stati Uniti si sono appellati ai propri cittadini affinché siano prudenti in Yemen e hanno chiesto al personale della propria ambasciata a Sana'a di evitare un hotel frequentato da occidentali. L'appello è contenuto in un comunicato posto sul sito internet dell'ambasciata americana in Yemen, mentre la sede diplomatica britannica nella capitale yemenita ha reso noto che resterà chiusa anche oggi. Nei pressi di quell'hotel, lunedì scorso, vi era stato un fallito attentato kamikaze di Al Qaida al convoglio dell'ambasciatore britannico a Sana'a, Timothy Torlot. Dopo l'episodio è stata chiusa la cancelleria della sede diplomatica britannica.

Riunione d’urgenza del governo in Thailandia: è crisi politica da sette settimane
Il governo thailandese si è riunito d'urgenza questa mattina per parlare della crisi politica in atto da sette settimane e che, secondo un gruppo di osservatori internazionali, rischia di degenerare in una sorta di guerra civile latente. La riunione è avvenuta in una base militare, dove l'esecutivo si è stabilito dalla metà di marzo, quando le 'camicie rosse' hanno cominciato a manifestare chiedendo le sue dimissioni. Il primo ministro, Abhisit Vejjajiva, ha affermato in una trasmissione televisiva che il Consiglio dei ministri emanerà “nuove leggi e regole per le forze di sicurezza”, promettendo misure severe ed efficaci ma con “meno conseguenze negative possibili”. “Quando avrò fatto tutto questo – ha aggiunto - annuncerò la mia decisione su cosa conviene fare con il Parlamento”. Vejjajiva ha intanto messo in guardia i manifestanti anti-governativi da possibili “perdite” se non porranno fine alla protesta in atto da un mese nel distretto commerciale di Bangkok. Poco prima, un portavoce dell'esercito aveva riferito che la polizia è stata invitata a riprendere il controllo dell'area vicino al distretto commerciale di Silom, ora in mano alle 'camicie rosse'. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 122

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