2010-04-29 14:34:43

Feto lasciato morire a Rossano. Mons. Marcianò: una barbarie


Sono iniziati ieri nell'ospedale di Cosenza gli accertamenti sul feto sopravvissuto ad un aborto terapeutico praticato nell'ospedale di Rossano Calabro e morto dopo quasi due giorni. La magistratura, da parte sua, sta indagando su un’ipotesi di omicidio volontario. Sulla vicenda è intervenuto con frasi molte severe l’arcivescovo di Rossano, Santo Marcianò. Ascoltiamolo al microfono di Federico Piana: RealAudioMP3
 
R. – Io sono stato molto duro, perché ritengo che bisogna avviare una riflessione su come la prassi abortista stia favorendo un approccio superficiale ed ingiusto a questo valore così intangibile, che è la vita umana. Ritengo che questo episodio debba veramente scuotere le coscienze. Non è possibile che un feto abortito alla 22.ma settimana, ancora vivo, venga lasciato morire. E’ qualcosa di veramente aberrante. Tutto questo lo definisco barbarie. Credo che anche un non cristiano sia d’accordo su questo.

 
D. – Quello che sconcerta è il fatto che sia stato don Antonio Martello, cappellano dell’ospedale, ad accorgersi che il feto era ancora vivo. Non c’è stato cioè un controllo prima…

 
R. – Questo è terribile. Non ne sono a conoscenza, ovviamente, ma se la prassi è questa e cioè che un bambino fatto nascere alla 22.ma settimana è un bambino che nasce vivo e si aspetta che muoia ... questo è terribile! Il fatto che lo abbia scoperto il cappellano è perché qualcuno evidentemente ha detto al cappellano di andare a fare una preghiera. Il lenzuolo con il quale era coperto si muoveva, ha alzato il lenzuolo e si è accorto che il bambino si muoveva. A quel punto ha allertato immediatamente l’équipe medica e di lì poi è venuto tutto quello che si sa.

 
D. – C’è il senso della vita che si sta perdendo...

 
R. – C’è questa perdita di valore della vita. Mi chiedo come sia considerato un bambino di circa 3 etti, formato e vitale, se qualcuno ad un certo punto può decidere di non curarlo! E’ un problema alla fine – credo – di valori. Mi consenta di dire che, forse, è nascosta anche una mentalità eutanasica, nel senso che si considera alla fine inutile rianimare un essere umano che abbia aspettative di vita scarse o peggio ancora che potrebbe riportare danni, che con qualche probabilità aumentino la gravità delle sue eventuali malformazioni. Mi rendo conto come sia necessario ripartire dalla vita, ma bisogna anzitutto chiedersi che cosa s’intenda per vita: se i medici arrivano a dire oggi – e su questo mi pare ci sia concordia – che l’embrione è vita, dobbiamo allora chiederci che vita è? E’ vita umana? Allora, se è vita umana, perché non definirla persona umana? E se è persona umana, perché non riconoscere a questa persona umana i diritti che sono propri di ogni persona umana? Noi, come Chiesa, non possiamo tacere! (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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