Thailandia: cresce il pericolo di una guerra civile
Al termine di un ultimatum di sette giorni dato al primo ministro Abhisit Vejjajiva
per prendere misure contro le “camicie rosse” che occupano il centro di Bangkok, le
“camicie gialle” hanno annunciato di voler presentare una petizione all'esercito,
con cui chiederanno l'applicazione della legge marziale. Questo provvedimento che
conseguenze pratiche avrebbe sul già fragile equilibrio del Paese? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto a Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Bangkok.
R. – A questo
punto gli attori non sono più soltanto il governo e le forze armate, la polizia, cui
viene delegata l’eventuale repressione della protesta, ma c’è anche una terza forza,
e cioè dei gruppi civili contrari alle “camicie rosse”: sono i gruppi filomonarchici
nazionalisti, che cercano di far nuovamente sentire la propria voce.
D.
– Bisogna dire anche che le “camicie rosse” si stanno raggruppando alle porte di Bangkok
per impedire ad altri contingenti delle forze di sicurezza di entrare nella capitale.
So che ci sono stati già degli scontri ...
R. – Esattamente.
In diversi posti, alle porte della capitale, ma anche in alcune città delle province
del Nord e dell’Est del Paese, che sono le roccaforti delle “camicie rosse”, ci sono
stati tentativi – in parte riusciti – da parte delle "camicie rosse", di bloccare
contingenti di polizia e di soldati in marcia verso Bangkok. Vi sono stati alcuni
scontri; in particolare, la caserma di polizia che era stata accerchiata questa mattina,
è stata liberata dalla polizia e i mezzi che erano all’interno, con centinaia di poliziotti,
sono partiti verso la capitale.
D. – Si parla, da più
parti, del pericolo concreto di guerra civile: è un rischio reale o è semplice propaganda
delle parti in causa?
R. – E’ un rischio concreto. Il
timore è una debolezza concreta ad agire da parte del governo e da parte dei vertici
delle forze armate. Dall’altra parte, la pressione – appunto – di gruppi lealisti
e monarchici che rischia di costringere ad un’azione; oppure, un’altra ipotesi che
circola è quella di un nuovo colpo di Stato militare, quindi in pratica una sostituzione
del potere civile e dei vertici delle forze armate e a questo punto si aprirebbe la
strada alla repressione.