2010-04-26 15:23:40

Identità e dialogo nella comunicazione al centro dell'Incontro dei portavoce della Chiesa


Dare voce alla Chiesa con coerenza e verità, affrontando anche i temi più difficili, grazie ad una formazione completa ed approfondita. È quanto fanno, ogni giorno, i portavoce della Chiesa, che sono riuniti in questi giorni a Roma per il loro settimo Seminario professionale internazionale. L’evento, che proseguirà fino a mercoledì, è ospitato dalla Pontificia Università della Santa Croce ed ha come titolo “Comunicazione della Chiesa: identità e dialogo”. Il servizio di Isabella Piro:RealAudioMP3

“Un tema urgente”: così don Luis Romera, rettore dell’Ateneo Santa Croce, ha definito il tema del Seminario. E indubbiamente la comunicazione della Chiesa, in questi ultimi tempi, ha vissuto momenti non facili. “In democrazia il diritto all’informazione è essenziale – ha ribadito don Romera – ma se alle istituzioni viene richiesta un’informazione vera, chiara, lontana da inganni e ambiguità, spetta poi ai mass media informare in modo completo, non riduttivo o unilaterale”. In questo contesto, il tema degli abusi commessi sui minori da alcuni religiosi non va evitato, ha ribadito il rettore, ma non bisogna soffermarsi solo ed esclusivamente su di esso. Certo, il mondo della comunicazione è cambiato in modo accelerato, si è detto in Aula, le tecnologie digitali hanno ampliato il bacino di utenza e permesso a chiunque di diventare “informatore”: basti pensare al fenomeno dei blog. È nato così il “fast food” delle notizie, immediate sì, ma poco approfondite, e che spesso hanno la pecca di semplificare troppo, creando una cornice in cui inchiodare l’avvenimento, senza permettere cambiamenti. La Chiesa, invece, deve offrire notizie “slow food”, quelle che garantiscono un approfondimento e fanno tesoro della memoria, della storia, perché oggi il tempo soffre di provincialismo: l’eterno presente in cui viviamo non sembra accettare i valori eterni proposti dal Vangelo. Come superare, allora, questa fase? Innanzitutto, mostrando un’identità chiara e definita, come afferma il presidente del Seminario, don José Maria La Porte:  
R. - Il punto di partenza per un dialogo è sapere chi è ogni interlocutore. Pensiamo che, perché la società abbia la possibilità di vedere quali sono le idee della Chiesa, quali sono le proposte positive che ha la fede, un’identità chiara aiuti dall’inizio al dialogo.
 
D. – Quale strategia può adottare la Chiesa per intervenire nel dibattito pubblico?
 
R. – La cosa più importante è la professionalità. La Chiesa ha un messaggio che da 2000 anni ha cambiato le vite delle persone, è un messaggio straordinario, affascinante, ed è un punto di forza sul quale dobbiamo puntare la nostra strategia. Quel punto di forza, però, deve basarsi sulla professionalità, sul capire il mondo dei media, sul cercare non tanto di allontanarsi dai temi difficili, ma proprio di affrontarli con speranza ed anche avendo l’umiltà di saper imparare dal mondo dei media, perché abbiamo tanto da imparare sul modo di presentare la fede.
 
D. – La Chiesa sta vivendo momenti di tensione sulle pagine dei giornali. Come evitare che siano i mass media a dettare l’agenda alla Chiesa?
 
R. – A mio avviso questa situazione non è per niente gradevole, è però un momento di purificazione per la Chiesa, come ce ne sono stati altri nella storia. Ci sono stati secoli con tre Papi allo stesso tempo, situazioni molto difficili. Mi sembra che le cose vadano viste in prospettiva. E’ senz’altro un momento difficile, di purificazione, penso però che sia allo stesso tempo un momento di rinnovamento. Per questo la Chiesa non deve avere paura di affrontare questi temi che stanno venendo fuori, anche perché deve essere un esempio nel modo di affrontarli. E mi sembra che lo stia facendo con grandissima coerenza, senza avere paura di tirare fuori le cose che non vanno. Alcune persone della gerarchia si sono messe da parte e mi sembra che sia un esempio per la società civile, che la Chiesa non abbia paura. E rispetto all’agenda, mi dispiace che tante volte si metta l’accento su cose negative. Ci sono più di 400 mila sacerdoti in tutto il mondo, che fanno un lavoro straordinario. C’è tanto da mostrare, che è molto bello. Adesso, purtroppo, i riflettori sono sulle cose negative, perché forse vendono di più e forse anche perché le vittime meritano un’attenzione, come penso sia giusto. Credo però che ci sia bisogno di voltare pagina e rinnovarsi nel modo di comunicare.
 
D. – Rinnovarsi vuol dire guardare anche ai nuovi mezzi di comunicazione. La Chiesa come si rapporta?
 
R. – Nei secoli scorsi la Chiesa ha saputo conservare la cultura, trasmetterla. Adesso la difficoltà si deve soprattutto al cambiamento velocissimo. Una difficoltà che condividono pure i media, perché costa di più vendere la carta stampata, costa di più avere l’attenzione della gente, che entra in Internet a cliccare i siti web. Quindi, è un momento di cambiamento per tutti. E la Chiesa cerca anche lì di fare la sua parte. Moltissime diocesi hanno ormai una pagina web. Moltissime Congregazioni, istituzioni offrono il loro messaggio particolare in Internet. Ci sono podcast con una miriade di modalità di presentare il messaggio cristiano. Credo che si stia facendo molto e ci sia bisogno di fare ancora di più. Ci sono però buoni segni di speranza.
 
D. – Questo Convegno può cambiare le cose? Quali sono i suoi auspici?
 
R. – Penso di sì, per far salire di livello il dibattito pubblico. Tutti quanti siamo interessati a creare una società migliore, che parli di temi che veramente interessano le persone. E credo che questo Convegno sia un’occasione per questo.







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