Identità e dialogo nella comunicazione al centro dell'Incontro dei portavoce della
Chiesa
Dare voce alla Chiesa con coerenza e verità, affrontando anche i temi più difficili,
grazie ad una formazione completa ed approfondita. È quanto fanno, ogni giorno, i
portavoce della Chiesa, che sono riuniti in questi giorni a Roma per il loro settimo
Seminario professionale internazionale. L’evento, che proseguirà fino a mercoledì,
è ospitato dalla Pontificia Università della Santa Croce ed ha come titolo “Comunicazione
della Chiesa: identità e dialogo”. Il servizio di Isabella Piro:
“Un tema
urgente”: così don Luis Romera, rettore dell’Ateneo Santa Croce, ha definito il tema
del Seminario. E indubbiamente la comunicazione della Chiesa, in questi ultimi tempi,
ha vissuto momenti non facili. “In democrazia il diritto all’informazione è essenziale
– ha ribadito don Romera – ma se alle istituzioni viene richiesta un’informazione
vera, chiara, lontana da inganni e ambiguità, spetta poi ai mass media informare in
modo completo, non riduttivo o unilaterale”. In questo contesto, il tema degli abusi
commessi sui minori da alcuni religiosi non va evitato, ha ribadito il rettore, ma
non bisogna soffermarsi solo ed esclusivamente su di esso. Certo, il mondo della comunicazione
è cambiato in modo accelerato, si è detto in Aula, le tecnologie digitali hanno ampliato
il bacino di utenza e permesso a chiunque di diventare “informatore”: basti pensare
al fenomeno dei blog. È nato così il “fast food” delle notizie, immediate sì, ma poco
approfondite, e che spesso hanno la pecca di semplificare troppo, creando una cornice
in cui inchiodare l’avvenimento, senza permettere cambiamenti. La Chiesa, invece,
deve offrire notizie “slow food”, quelle che garantiscono un approfondimento e fanno
tesoro della memoria, della storia, perché oggi il tempo soffre di provincialismo:
l’eterno presente in cui viviamo non sembra accettare i valori eterni proposti dal
Vangelo. Come superare, allora, questa fase? Innanzitutto, mostrando un’identità chiara
e definita, come afferma il presidente del Seminario, don José Maria La
Porte: R. - Il punto di partenza per un dialogo è sapere chi
è ogni interlocutore. Pensiamo che, perché la società abbia la possibilità di vedere
quali sono le idee della Chiesa, quali sono le proposte positive che ha la fede, un’identità
chiara aiuti dall’inizio al dialogo. D. – Quale strategia può
adottare la Chiesa per intervenire nel dibattito pubblico? R.
– La cosa più importante è la professionalità. La Chiesa ha un messaggio che da 2000
anni ha cambiato le vite delle persone, è un messaggio straordinario, affascinante,
ed è un punto di forza sul quale dobbiamo puntare la nostra strategia. Quel punto
di forza, però, deve basarsi sulla professionalità, sul capire il mondo dei media,
sul cercare non tanto di allontanarsi dai temi difficili, ma proprio di affrontarli
con speranza ed anche avendo l’umiltà di saper imparare dal mondo dei media, perché
abbiamo tanto da imparare sul modo di presentare la fede. D.
– La Chiesa sta vivendo momenti di tensione sulle pagine dei giornali. Come evitare
che siano i mass media a dettare l’agenda alla Chiesa? R. –
A mio avviso questa situazione non è per niente gradevole, è però un momento di purificazione
per la Chiesa, come ce ne sono stati altri nella storia. Ci sono stati secoli con
tre Papi allo stesso tempo, situazioni molto difficili. Mi sembra che le cose vadano
viste in prospettiva. E’ senz’altro un momento difficile, di purificazione, penso
però che sia allo stesso tempo un momento di rinnovamento. Per questo la Chiesa non
deve avere paura di affrontare questi temi che stanno venendo fuori, anche perché
deve essere un esempio nel modo di affrontarli. E mi sembra che lo stia facendo con
grandissima coerenza, senza avere paura di tirare fuori le cose che non vanno. Alcune
persone della gerarchia si sono messe da parte e mi sembra che sia un esempio per
la società civile, che la Chiesa non abbia paura. E rispetto all’agenda, mi dispiace
che tante volte si metta l’accento su cose negative. Ci sono più di 400 mila sacerdoti
in tutto il mondo, che fanno un lavoro straordinario. C’è tanto da mostrare, che è
molto bello. Adesso, purtroppo, i riflettori sono sulle cose negative, perché forse
vendono di più e forse anche perché le vittime meritano un’attenzione, come penso
sia giusto. Credo però che ci sia bisogno di voltare pagina e rinnovarsi nel modo
di comunicare. D. – Rinnovarsi vuol dire guardare anche ai nuovi
mezzi di comunicazione. La Chiesa come si rapporta? R. – Nei
secoli scorsi la Chiesa ha saputo conservare la cultura, trasmetterla. Adesso la difficoltà
si deve soprattutto al cambiamento velocissimo. Una difficoltà che condividono pure
i media, perché costa di più vendere la carta stampata, costa di più avere l’attenzione
della gente, che entra in Internet a cliccare i siti web. Quindi, è un momento di
cambiamento per tutti. E la Chiesa cerca anche lì di fare la sua parte. Moltissime
diocesi hanno ormai una pagina web. Moltissime Congregazioni, istituzioni offrono
il loro messaggio particolare in Internet. Ci sono podcast con una miriade di modalità
di presentare il messaggio cristiano. Credo che si stia facendo molto e ci sia bisogno
di fare ancora di più. Ci sono però buoni segni di speranza. D.
– Questo Convegno può cambiare le cose? Quali sono i suoi auspici? R.
– Penso di sì, per far salire di livello il dibattito pubblico. Tutti quanti siamo
interessati a creare una società migliore, che parli di temi che veramente interessano
le persone. E credo che questo Convegno sia un’occasione per questo.