Convegno Cei sui "Testimoni digitali": il bilancio di mons. Domenico Pompili
La responsabilità di annunciare Cristo anche attraverso i media e, in particolare
internet, è stata al centro del convegno intitolato: “Testimoni digitali. Volti e
linguaggi nell’era cross-mediale”. Le tre giornate di studio si sono concluse sabato
scorso con l’incontro dei partecipanti al convegno con Benedetto XVI. Ma quanto è
importante, oggi, la comunicazione sociale per la pastorale della Chiesa? Luca
Collodi lo ha chiesto a mons.Domenico Pompili, portavoce della
Conferenza episcopale italiana:
R. – E’ persino
decisiva. Credo che Benedetto XVI abbia davvero aiutato a far crescere la consapevolezza
di quanti nella Chiesa operano nel mondo della comunicazione, perché in realtà non
si tratta di un segmento della pastorale: è la comunicazione e la cura per i linguaggi
una delle preoccupazioni fondamentali in qualsiasi azione pastorale. Per questo credo
che "Testimoni digitali" sia stato davvero importante per aver ribadito che non siamo
di fronte a un aspetto settoriale, ma ad una dimensione che attraversa per intero
la pastorale.
D. – Mons. Pompili, quanto è importante
per la Chiesa imparare i linguaggi e le nuove forme di comunicazione?
R
. – Storicamente la Chiesa ha sempre mostrato una grande duttilità nella capacità
di entrare dentro i nuovi linguaggi, credo che anche a proposito della rete, le parole
di Benedetto XVI siano davvero di grande apertura, nonostante la consapevolezza delle
ambiguità della rete. Credo che imparare i linguaggi sia assolutamente necessario
per poter entrare dentro la cultura che è profondamente modificata da tali linguaggi.
D.
– Di fatto la rete resta una sfida alla quale la Chiesa non si può sottrarre...
R.
– La rete è un enorme potenziale grazie alla quale la Chiesa può stabilire e creare
contatti e connessioni con tantissime persone che altrimenti non entrerebbero nei
circuiti abituali dei percorsi pastorali ed è effettivamente una straordinaria autostrada,
perché la Parola del Vangelo, ma ancor prima le domande che l’uomo porta dentro di
sé possano tornare allo scoperto e ridare dunque cittadinanza, come dice il Papa,
alla questione di Dio in uno spazio aperto come appunto quello della rete.
D.
– Mons. Pompili, che cosa cambia per la Chiesa italiana dopo il Convegno "Testimoni
digitali"?
R. – Credo che dopo questo Convegno cresca
ancor più la voglia di impegnarsi, di integrare sempre di più il Vangelo dentro la
cultura della rete, a non subire perciò questa novità, ma piuttosto ad interpretarla
e possibilmente ad orientarla.
D. – Senza cambiare
però il ruolo della carta stampata, della radio e della televisione...
R.
– Come più volte è stato detto, la rete non cannibalizza i vecchi media, ma semmai
li potenzia e direi che restituisce poi a ciascun media attraverso un’opportuna rimodulazione
quello che è il suo specifico. (Montaggio a cura di Maria Brigini)