Il dramma dei rifugiati respinti dall'Italia e dall'Unione europea, in un libro di
Laura Boldrini
Il dramma dei richiedenti asilo e dei rifugiati, respinti in mare dall’Italia e dagli
altri Paesi ai confini dell’Unione Europea, prosegue nell’indifferenza dell’opinione
pubblica italiana e continentale. Si tratta di una situazione che coinvolge migliaia
di esseri umani, compresi donne e bambini in fuga da guerre e persecuzioni di ogni
tipo. Le frontiere sempre più blindate dell’Unione Europea e le politiche migratorie
sempre più severe dei Paesi membri impediscono loro di trovare rifugio e salvezza.
Anzi, rappresentano una condanna senza appello per molti di loro, destinati spesso
a scomparire nei centri di detenzione libici. Laura Boldrini, portavoce in
Italia dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) denuncia
nuovamente questo dramma umanitario in un libro intitolato “Tutti indietro” e pubblicato
da Rizzoli. Stefano Leszczynski l’ha intervistata:
R. – La scelta
di rimandare tutti indietro, fatta dal governo lo scorso anno e quindi di respingere
indistintamente, senza sapere per quale motivo queste persone sono fuggite, chi sono,
senza sapere se hanno bisogno di asilo, è un modo troppo sommario che rischia di entrare
in rotta di collisione con il diritto d’asilo e d’impedire a queste persone, che chiedono
solo protezione, di ottenerla. Inoltre, nel fare questo, ritengo che anche noi italiani
stiamo andando indietro. Chi in questo Paese oggi plaude al fatto che il centro di
Lampedusa sia vuoto non si fa una domanda fondamentale: cosa è successo a queste persone
che sono state rimandate indietro, che cosa ne è di loro, dove sono. D.
– L’Italia è un Paese in crisi, come molti Paesi europei, e l’opinione pubblica ha
una rabbia repressa che cerca uno sfogo… R. – La crisi finanziaria
– che poi si è tradotta in una crisi economica nella perdita dei posti di lavoro,
nella chiusura di molte fabbriche – ha inasprito sicuramente la tensione sociale e
quindi c’è da capire che ci sia disagio. Io però dico: di chi è la responsabilità
di tutto questo? Di chi ha speculato senza remore, di chi ha fatto si che questo sistema
saltasse oppure degli immigrati e dei rifugiati che in questo sistema sono l’ultimo
anello della catena e sono disposti a lavorare per pochi soldi? Ecco, bisognerebbe
riflettere in questo senso e non reagire sulla base dell’istinto, dell’emotività.
Purtroppo ci sono alcune forze politiche che invece su questo mettono benzina sul
fuoco ed allora si crea una situazione veramente difficile da gestire. D.
– Come si può sintetizzare la storia di una persona che fugge dal proprio Paese per
cercare asilo in Italia e viene fermata in mare? R. – Intanto
abbiamo visto che negli ultimi anni abbiamo sempre più persone in fuga per le violazioni
dei diritti umani, quindi dalle torture e dalle guerre, che si sono avventurate in
mare. Rimandare indietro queste persone vuol dire veramente ricacciarle in situazione
terribile. E’ un inferno. Tutti coloro che sono passati per quest’esperienza dicono
che avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di non ritornare in un centro di detenzione
in Libia. D. – E’ possibile illustrare com’è cambiato il fenomeno
dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Italia dopo che è stata adottata la politica
dei respingimenti? R. – Con la politica dei respingimenti c’è
stata la diminuzione del 50 per cento circa, mentre in altri Paesi dell’Unione Europea,
come la Francia e la Germania, c’è stato un aumento del 20-25 per cento. D.
– Mentre l’Alto Commissariato ha la possibilità di sapere ad esempio quante persone
sono attualmente detenute nei centri in Libia dopo il respingimento in mare? R.
– L’Alto Commissariato è presente in Libia ma ha grandi limitazioni nel mettere in
atto il proprio mandato. Intanto noi non siamo ufficialmente riconosciuti dalle autorità
libiche, non abbiamo accesso a tutti i centri di detenzione, dove si trovano i richiedenti
asilo anche da anni. La Convenzione di Ginevra non è stata firmata dalla Libia e la
Libia non ha una legislazione in materia d’asilo. D. – Più o
meno quanto rimangono nei centri in Libia? R. – In Libia si
sa quando si entra in un centro ma non si sa quando si esce. D.
– Lo stesso vale per donne e bambini? R. – Certamente.