Commozione, speranza e serenità: i sentimenti dei pellegrini in visita alla Sindone
“L’Ostensione deve farvi guardare alla sofferenza di Cristo e rendervi sensibili alle
sofferenze dei nostri fratelli, ai soprusi, alle ingiustizie e alle guerre”. Così
si è espresso il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, salutando la delegazione
di parlamentari italiani che ieri ha reso omaggio alla Sindone, accompagnata da monsignor
Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il pellegrinaggio
“deve spingerci a diventare samaritani e a dare soccorso ai più deboli”, ha aggiunto
il porporato, che ha chiesto ai deputati e ai senatori presenti di “guardare alle
difficoltà del Paese e della gente, delle famiglie e dei lavoratori”. Tra i convenuti
anche il presidente del Senato, Renato Schifani, che ha espresso la propria commozione.
Oggi, sono attesi oltre 500 fedeli della diocesi di Ivrea e 350 persone della diocesi
di Lugano. Ma quale stato d’animo accompagna i fedeli dopo la visita al Sacro telo?
Da Torino, Claudia Di Lorenzi ha raccolto per noi alcune testimonianze:
R. – Quando
l’ho vista mi è venuto in mente quello che ha detto Papa Giovanni Paolo II, e ho pensato
che poteva essere effettivamente così, una provocazione per l’intelligenza, perché
fa pensare e fa muovere la ragione e l’affezione, secondo alcuni indizi che non possono
che parlare di una cosa eccezionale. Soprattutto dopo Pasqua. Penso che sia non solo
il segno della sua Passione, ma anche quello della Risurrezione.
R.
– A me dà sempre una grandissima emozione. La prima volta che l’ho vista avevo otto
anni. Ogni volta è un modo per capire qualcosa di più e confrontarsi con questa figura
in momenti diversi della propria vita. Noi non siamo sempre uguali. Un conto è vederla
a 8 anni, a 30 anni. Adesso ho 40 anni e, mentre prima non avevo ancora bambini, adesso
ne ho due. Siamo diversi noi, anche se la Sindone è sempre la stessa.
R.
– Mi chiamo Mattias e ho visto una cosa mai vista prima nella mia vita. Quando tornerò
nel mio Paese, in Nigeria, dovrò raccontare tante cose. La morte di Gesù mi ha fatto
capire che Gesù è il mio Signore, ho visto che è tutto reale e che non è una storia
finta. Sono molto contento.
R. – E’ stato emozionante.
Avendo problemi con il lavoro, è da due giorni che sono in cassa integrazione, oggi
sono uscito di casa e sono andato a prenotarmi per caso. Mi hanno fatto passare, perché
ero da solo. Alla fine quando te ne vai, ti dispiace e quelle impressioni ti restano
dentro per un po’. Ad un certo punto, mi sono detto tra me: “Ti chiedo un favore Gesù:
perdona tutti quelli che fanno del male”.
R. – Io
l’ho già detto alla mia piccola, che ha cinque anni. Le ho spiegato l’altro giorno,
quando c’era l’articolo su La Stampa, che questo è il telo che all’epoca, quando è
morto Gesù, si usava per avvolgere le persone che morivano e che lì è rimasta impressa
l’immagine di Gesù. Le ho detto: “Vedi la faccia, ci sono le braccia incrociate”.
Mi ricordo di avere visto la Sindone negli anni ’70 con mia nonna, l’ho rivista poi
nel 2000 e adesso porto la bambina.
R. – E’ un fatto
straordinario: è l’Uomo della Sindone. Anche se sono prete, rimango come tante persone.
E’ la prima volta che vengo a vedere l’Ostensione. Vengo dalla Colombia e sapere che
per 2000 anni continua ancora ad essere trasportato, esposto, guardato, è straordinario.
Lungo
il percorso che dall’entrata, presso i giardini reali, porta all’interno del Duomo,
dove è esposto il Sacro Lino, un plastico pensato per i non vedenti, ma accessibile
a tutti, ricostruisce in rilievo il corpo dell’uomo della Sindone, dando materia al
pensiero e consistenza a quello che potrebbe esser stato il corpo piagato di Gesù.
Ai nostri microfoni, lo descrive una delle volontarie:
R. – Questa
persona è alta più o meno 1,75. Qui si può vedere il volto, contornato dai capelli,
la fronte, dove è stato piantato il chiodo della corona di spine. Qui ci sono gli
occhi, il naso, che è stato fratturato per le percosse ricevute, e qui la bocca. Poi,
scendendo, troviamo l’impronta dove è stata piantata la lancia nel costato e poi vediamo
il braccio sinistro sopra il braccio destro con un chiodo sul polso, che ferma entrambe
le braccia. Troviamo le gambe, con delle tumefazioni e con le ginocchia gonfie dalle
botte che ha ricevuto. Scendendo, troviamo i piedi e questo è il chiodo, che ferma
entrambi i piedi. Chi crede è logico che immagini sia Gesù. Chi non crede, immagina
comunque che sia una persona che ha sofferto, che è stata picchiata.