Urgenti cambiamenti a Cuba: commento all'appello del cardinale Ortega
Il governo di Cuba deve realizzare “i necessari cambiamenti” per risollevare la propria
economia. E’ quanto sottolinea in un’intervista rilasciata al settimanale cattolico
“Palabra Nueva” il cardinale Jaime Lucas Ortega, arcivescovo dell’Havana. Il porporato
auspica anche la promozione di un autentico dialogo tra Cuba e Stati Uniti. Sul significato
di questa intervista si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il giornalista
cileno esperto di questioni latinoamericane, Luis Badilla:
R. – Oserei
dire che si tratta di un’intervista storica. La riflessione principale del cardinale
Ortega riguarda il futuro del Paese. A Cuba, tutti – Chiese, autorità, settori sociali
diversi – desiderano il cambiamento. Nessuno dubita su questa necessità. L’auspicata
serenità, la ricerca del consenso e il dialogo – afferma il cardinale – oggi a Cuba
rischiano di essere soppiantati dallo scontro, dalla repressione, che genera poi più
violenza. E questo semplicemente perché, oltre alla necessità del cambiamento, c’è
adesso anche l’elemento dell’urgenza. Non basta cambiare. Occorre farlo subito e “non
domani”, sottolinea il cardinale. D. – Un’altra riflessione
del cardinale Ortega, non meno importante, riguarda il rapporto tra Cuba e Stati Uniti… R.
– L’idea secondo la quale Cuba deve prima introdurre i cambiamenti e poi aprire un
negoziato con Washington - afferma il porporato - è anacronistica e incoerente, oltre
ad essere – come dimostrano gli ultimi 50 anni di storia recente – totalmente inefficace
e attendista. Occorrono audacia, lungimiranza, sia da parte delle autorità degli Stati
Uniti, sia da parte di quelle cubane. Viene in mente la frase di Giovanni Paolo II:
“..Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. I tempi ora lo permettono.
Forse anni fa, in piena Guerra Fredda, questo non era possibile. Gli Stati Uniti dovrebbero
aprire subito il dialogo, senza porre condizioni. E questo perché – afferma il cardinale
Ortega – anzitutto ci si deve incontrare. Successivamente, sugli sviluppi del dialogo,
si fanno i passi che possono migliorare le situazioni difficili o permettere di superare
i punti critici. D. – La strada del cambiamento passa, dunque,
anche attraverso la fine dell’embargo da parte degli Stati Uniti? R.
– Certamente. Su questo i vescovi, già da molti anni, si sono pronunciati. Ritengono
l’embargo dannoso per il popolo cubano e soprattutto inefficace, perché non è servito
a nulla. E’ stato anzi, per certi versi, un pretesto per giustificare inefficienze
ed errori e per favorire, in definitiva, il mantenimento di una situazione che andava
magari cambiata già molto tempo fa. D. – Quale ruolo può avere
la Chiesa nel promuovere un autentico cambiamento a Cuba? R.
– Il ruolo lo possiamo già vedere nelle parole del cardinale Ortega. In questo momento,
il porporato invita a riflettere sul fatto che non si può andare avanti aspettando
domani. Il domani – a questo punto – può diventare una tragedia. Molti potrebbero
allora essere i ruoli della Chiesa. In questo momento emerge quello della coscienza
critica. Dobbiamo cambiare e dobbiamo farlo subito. Domani potrebbe essere troppo
tardi!