Messa esequiale per il cardinale Špidlík. L'omelia del Papa
Si è svolto stamani nella Basilica Vaticana la Messa esequiale per il cardinale Tomáš
Špidlík, morto il 16 aprile scorso all’età di 90 anni. Alla fine della liturgia, Benedetto
XVI ha rivolto la sua parola ai presenti. Ecco il testo dell’omelia: Venerati
Fratelli, illustri Signori Signore, cari fratelli
e sorelle! Tra le ultime parole pronunciate dal
compianto Cardinale Špidlík, vi sono state queste: “Per tutta la vita ho cercato il
volto di Gesù, e ora sono felice e sereno perché sto per andare a vederlo”. Questo
stupendo pensiero – così semplice, quasi infantile nella sua espressione, eppure così
profondo e vero – rimanda immediatamente alla preghiera di Gesù, che è risuonata poc’anzi
nel Vangelo: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove
sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai
amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,24). E’ bello e consolante meditare
questa corrispondenza tra il desiderio dell’uomo, che aspira a vedere il volto del
Signore, e il desiderio di Gesù stesso. In realtà, quella di Cristo è ben più di un’aspirazione:
è una volontà. Gesù dice al Padre: “voglio che quelli che mi hai dato siano con me”.
Ed è proprio qui, in questa volontà, che noi troviamo la “roccia”, il fondamento solido
per credere e per sperare. La volontà di Gesù in effetti coincide con quella di Dio
Padre, e con l’opera dello Spirito Santo costituisce per l’uomo una sorta di “abbraccio”
sicuro, forte e dolce, che lo conduce alla vita eterna. Che
immenso dono ascoltare questa volontà di Dio dalla sua stessa bocca! Penso che i grandi
uomini di fede vivono immersi in questa grazia, hanno il dono di percepire con particolare
forza questa verità, e così possono attraversare anche dure prove, come le ha attraversate
Padre Tomáš Špidlík, senza perdere la fiducia, e conservando anzi un vivo senso dell’umorismo,
che è certamente un segno di intelligenza ma anche di libertà interiore. Sotto questo
profilo, era evidente la somiglianza tra il nostro compianto Cardinale e il Venerabile
Giovanni Paolo II: entrambi erano portati alla battuta spiritosa e allo scherzo, pur
avendo avuto in gioventù vicende personali difficili e per certi aspetti simili. La
Provvidenza li ha fatti incontrare e collaborare per il bene della Chiesa, specialmente
perché essa impari a respirare pienamente “con i suoi due polmoni”, come amava dire
il Papa slavo. Questa libertà e presenza di spirito
ha il suo fondamento oggettivo nella Risurrezione di Cristo. Mi piace sottolinearlo
perché ci troviamo nel tempo liturgico pasquale e perché lo suggeriscono la prima
e la seconda lettura biblica di questa celebrazione. Nella sua prima predicazione,
il giorno di Pentecoste, san Pietro, ricolmo di Spirito Santo, annuncia il compimento
in Gesù Cristo del Salmo 16. E’ stupendo vedere come lo Spirito Santo riveli agli
Apostoli tutta la bellezza di quelle parole nella piena luce interiore della Risurrezione:
“Contemplavo il Signore innanzi a me, / egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.
/ Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, / e anche la mia carne
riposerà nella speranza” (At 2,25-26; cfr Sal 16/15,8-9). Questa preghiera trova un
compimento sovrabbondante quando Cristo, il Santo di Dio, non viene abbandonato negli
inferi. Egli per primo ha conosciuto “le vie della vita” ed è stato colmato di gioia
con la presenza del Padre (cfr At 2,27-28; Sal 16/15,11). La speranza e la gioia di
Gesù Risorto sono anche la speranza e la gioia dei suoi amici, grazie all’azione dello
Spirito Santo. Lo dimostrava abitualmente Padre Špidlík con il suo modo di vivere,
e questa sua testimonianza diventava sempre più eloquente col passare degli anni,
perché, malgrado l’età avanzata e gli inevitabili acciacchi, il suo spirito rimaneva
fresco e giovanile. Che cos’è questo se non amicizia con il Signore Risorto? Nella
seconda lettura, san Pietro benedice Dio che “nella sua grande misericordia ci ha
rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva”.
E aggiunge: “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se dovete essere, per un po’ di
tempo, afflitti da varie prove” (1 Pt 1,3.6). Anche qui emerge chiaramente come la
speranza e la gioia siano realtà teologali che promanano dal mistero della Risurrezione
di Cristo e dal dono del suo Spirito. Potremmo dire che lo Spirito Santo le prende
dal cuore di Cristo Risorto e le trasfonde nel cuore dei suoi amici. Volutamente
ho introdotto l’immagine del “cuore”, perché, come molti di voi sanno, Padre Špidlík
la scelse per il motto del suo stemma cardinalizio: “Ex toto corde”, “con tutto il
cuore”. Questa espressione si trova nel Libro del Deuteronomio, dentro il primo e
fondamentale comandamento della legge, là dove Mosè dice al popolo: “Ascolta, Israele:
il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con
tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4-5). “Con tutto il
cuore – ex toto corde” si riferisce dunque al modo con cui Israele deve amare il suo
Dio. Gesù conferma il primato di questo comandamento, al quale abbina quello dell’amore
per il prossimo, affermando che esso è “simile” al primo e che da entrambi dipendono
tutta la legge e i profeti (cfr Mt 22,37-39). Scegliendo questo motto, il nostro venerato
Fratello poneva, per così dire, la sua vita dentro il comandamento dell’amore, la
inscriveva tutta nel primato di Dio e della carità. C’è
un altro aspetto, un ulteriore significato dell’espressione “ex toto corde”, che sicuramente
Padre Špidlík aveva presente e intendeva manifestare col suo motto. Sempre a partire
dalla radice biblica, il simbolo del cuore rappresenta nella spiritualità orientale
la sede della preghiera, dell’incontro tra l’uomo e Dio, ma anche con gli altri uomini
e con il cosmo. E qui bisogna ricordare che nello stemma del Cardinale Špidlík il
cuore, che campeggia nello scudo, contiene una croce nei cui bracci si intersecano
le parole PHOS e ZOE, “luce” e “vita”, che sono nomi di Dio. Dunque, l’uomo che accoglie
pienamente, ex toto corde, l’amore di Dio, accoglie la luce e la vita, e diventa a
sua volta luce e vita nell’umanità e nell’universo. Ma
chi è quest’uomo? Chi è questo “cuore” del mondo, se non Gesù Cristo? E’ Lui la Luce
e la Vita, perché in Lui “abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col
2,9). E qui mi piace ricordare che il nostro defunto Fratello è stato un membro della
Compagnia di Gesù, cioè un figlio spirituale di quel sant’Ignazio che pone al centro
della fede e della spiritualità la contemplazione di Dio nel mistero di Cristo. In
questo simbolo del cuore si incontrano Oriente e Occidente, in un senso non devozionistico
ma profondamente cristologico, come hanno messo in luce altri teologi gesuiti del
secolo scorso. E Cristo, figura centrale della Rivelazione, è anche il principio formale
dell’arte cristiana, un ambito che ha avuto in Padre Špidlík un grande maestro, ispiratore
di idee e di progetti espressivi, che hanno trovato una sintesi importante nella Cappella
Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Vorrei
concludere ritornando al tema della Risurrezione, citando un testo molto amato dal
Cardinale Špidlík, un passo degli Inni sulla Risurrezione di sant’Efrem il Siro: “Dall’alto
Egli è disceso come Signore, dal ventre è uscito come un servo, la
morte si è inginocchiata davanti a Lui nello Sheol, e la vita l’ha
adorato nella sua risurrezione. Benedetta la sua vittoria!” (n. 1,
8). La Vergine Madre di Dio accompagni l’anima
del nostro venerato Fratello nell’abbraccio della Santissima Trinità, dove “con tutto
il cuore” loderà in eterno il suo infinito Amore. Amen.