La vicenda della nube: una riflessione di mons. Celli
Le perdite economiche e i disagi legati alla nube di cenere che ha paralizzato il
traffico aereo in molti Paesi sono al centro, in questi giorni, dell’attenzione mediatica.
Meno rilevanza è stata data, invece, al rapporto tra uomo e natura ed, in particolare,
alla limitata capacità di intervento di fronte a fenomeni come quello innescato dal
vulcano islandese. Perché questi aspetti sono stati messi in secondo piano? Luca
Collodi lo ha chiesto a mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni Sociali:
R. – Uno
dei problemi di oggi è che quando leggiamo la realtà “uomo”, la leggiamo quasi sempre,
o il più delle volte, in chiave economica, in chiave globalizzata. Dimentichiamo invece
di approfondire ciò che è l’uomo, veramente, nel contesto del mondo di oggi, del Creato.
Io credo che questi avvenimenti richiamino alla nostra coscienza, al nostro pensare,
chi siamo veramente e ci aiutino a riscoprire, nonostante le grandi capacità tecnologiche,
questa possibilità che l’uomo ha di aprirsi al mondo intero, in una forma globalizzata.
L’uomo riscopre ancora la sua realtà, la sua dimensione creaturale. Questo ci dovrebbe
dare un pizzico in più, non solo di accentuazione dei veri aspetti umani della nostra
vita, ma anche un atteggiamento più umile, non perché l’uomo si senta più piccolo,
ma perché si senta nella sua giusta dimensione di creatura e nel contesto del mondo
di oggi. Noi, alle volte, lo dimentichiamo: riscoprire continuamente che cosa significa
essere in sintonia con il Creato. D. – Perché la stampa, la
radio, la tv, rimuovono di fatto questo particolare, questo aspetto che rende l’uomo
così "finito" rispetto ad un evento naturale, non controllabile da nessuna tecnologia,
dando voce ad una protesta che non si sa bene a chi sia rivolta? R.
– Non credo che ci sia cattiva intenzione. Il problema è che la vita alle volte ci
obbliga a camminare in maniera superficiale, senza approfondire tematiche, senza andare
dentro il cuore dell’uomo, nelle sue sensazioni più profonde, più vere. Quindi, il
rischio che corriamo è che poi la notizia diventi solamente notizia fenomenologica,
ma non si presti attenzione nella notizia a quei risvolti, a quelle dimensioni, che
invece l’uomo percepisce, anche se in maniera, a volte forse inconscia. Credo che
di fronte a questi episodi, l’uomo riscopra ancora una volta, pur nella grandezza
delle sue esperienze e delle sue invenzioni tecnologiche, la sua finitezza, il suo
essere creaturale. Penso che la natura, con le sue complessità, con le sue difficoltà
ci aiuti, da un lato, a riscoprire di nuovo che siamo in un mondo creato; e poi, la
riscoperta della nostra finitezza, ma anche che siamo nelle mani di un Dio che ci
ama e che ci accompagna, che ci è vicino anche nell’affrontare le difficoltà di sempre,
anche sopportando le difficoltà, che vengono da certe espressioni violente, difficili
del Creato stesso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)