Il viaggio del Papa a Malta: il commento di padre Lombardi
Per un bilancio del viaggio del Papa a Malta, Sergio Centofanti ha sentito
il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi: R.
– Certamente è un bilancio estremamente positivo, direi anche superiore all’attesa
per gli stessi organizzatori maltesi. E questo perché il calore della rispondenza,
la quantità spontanea di persone per le strade, tutte molto gioiose e molto ordinate,
corrette nella manifestazione del loro entusiasmo, è qualcosa che ha colpito molto
profondamente. Io credo che si possa dire tranquillamente che circa 200 mila persone,
nei due giorni, hanno potuto vedere il Papa. Quindi, una partecipazione corale. L’atmosfera
era estremamente positiva, estremamente serena. Direi che sono un po’ le radici cristiane
di questo popolo, la sua grande tradizione anche cattolica che si è spontaneamente
manifestata. Anche se ci potevano essere state - prima della visita - alcune discussioni,
non sembrava così chiaro anche sulla stampa quale sarebbe stata l’accoglienza. Di
fatto l’accoglienza si è manifestata corale, totale, assolutamente positiva e disponibile
a ricevere il messaggio del Papa. D. – E qual è stato il messaggio
del Papa? R. – Il Papa ha invitato a riconoscere la grandezza
del dono ricevuto attraverso San Paolo e a continuare a farlo fruttificare e a mantenerlo
vivo. Quindi, la fedeltà gioiosa ai valori cristiani per il bene della società maltese
e anche del contributo che Malta può dare alla comunità europea e alla società del
mondo di oggi nel testimoniare i valori della famiglia, della vita, dell’impegno sociale
secondo i principi di solidarietà e di carità che la Chiesa ci propone. Malta - collocata
al centro del Mediterraneo, crocevia di incontro fra culture e fra popoli - ha una
sua missione di incontro, di dialogo, di fecondazione di elementi che vengono da diverse
culture e tradizioni ed anche una grande tradizione di accoglienza. Quindi il tema
dell’immigrazione e dell’accoglienza degli immigrati che attraversano il Mediterraneo
e del dialogo con i popoli che sono sulle coste di questo grande mare, vissuto con
una prospettiva positiva di futuro e con una fedeltà al passato. D.
– Il Papa ha incontrato alcune vittime di abusi. Come si è svolto questo incontro? R.
– L’incontro è stato molto semplice e direi che è un messaggio nel modo stesso in
cui avviene: un incontro discreto, lontano – diciamo così – dal clamore dei media
e dalla pubblicità; impostato a cominciare da un momento di preghiera e poi continuando
con un ascolto profondo da parte del Papa delle parole che queste persone desiderano
dirgli, tutto quello che possono avere nel cuore e che vogliono dire al Papa come
pastore e come padre. Le risposte – diciamo – sono molto semplici, molto spontanee
di partecipazione, di dolore, di preghiera, di incoraggiamento, di speranza, che il
Papa può dire a ciascuno di loro. Importante è che fosse un incontro in cui ognuno
dei presenti avesse la sua possibilità di esprimersi e la parola del Papa per lui,
perché si tratta di incontrare e – diciamo - di curare delle ferite personali profonde
e, quindi, la via non è tanto quella dei messaggi gridati, ma è proprio quella dell’ascolto
e del dialogo in profondità. Il Papa ha potuto farlo ed ha concluso di nuovo con una
preghiera comune e con una benedizione questo incontro. Mi pare di capire che le testimonianze
date dagli stessi partecipanti, che hanno voluto liberamente parlarne, sono state
estremamente positive. Io, che ero presente, vedevo un clima molto, molto commosso,
molto profondo, ma anche molto sereno e pieno di speranza, di risanamento e di riconciliazione. D.
– Oggi è il quinto anniversario dell’elezione di Benedetto XVI: una sua riflessione… R.
– Io torno sempre, evidentemente, al momento iniziale di questo Pontificato, quando
bisogna farne un poco un bilancio, dare uno sguardo riassuntivo. Il momento iniziale
non tanto l’affaccio alla Loggia, quanto poi il discorso tenuto da Benedetto XVI nella
Cappella Sistina, la mattina dopo l’elezione, e che era chiaramente un discorso –
possiamo dire – programmatico, in cui venivano messi in rilievo dei punti, delle priorità
che egli riteneva fossero quelle del servizio che il Signore gli stava affidando:
la priorità del rapporto tra l’uomo e Dio, la dimensione trascendente e spirituale
dell’uomo e un Dio che ci viene, però, rivelato da Gesù Cristo e, quindi, è nel volto
di Cristo che noi conosciamo questo Dio; la priorità del dialogo e, quindi con tutti
i credenti in Cristo, perché questa testimonianza sia viva, sia coerente, sia credibile
nel mondo di oggi, l’ecumenismo; ed anche la disponibilità al dialogo con tutte le
persone che cercano sinceramente il volto di Dio nel nostro tempo e quindi i seguaci
di altre religioni e il dialogo interreligioso; ma anche con tutte quelle persone
che cercano, pur non conoscendo Dio o pensando di non conoscerlo. Quindi, un messaggio
capace di incontrare le attese più profonde che ci sono nella cultura e nel mondo
di oggi e che spesso sono molto preoccupanti per l’umanità di oggi. Ricordo, per esempio,
l’ultima Enciclica come una risposta, un documento molto espressivo di questa capacità
di attenzione e di impegno di risposta profonda alle domande di oggi, che riguardano
certamente il rapporto dell’uomo con Dio anzitutto e con Cristo, ma anche le grandi
problematiche di carattere economico, di carattere ambientale, di carattere sociale
o antropologico, che si pongono all’umanità di oggi. Tutte le persone oneste capiscono
che c’è preoccupazione sui punti di riferimento e sugli orientamenti da prendere nel
cammino dell’umanità verso il futuro. Il Papa dà veramente un contributo serio, un
contributo che non cerca facili successi, è coerente, è profondo, è ancorato nelle
radici della nostra fede, anche in una riflessione teologica e filosofica profonda.
Veramente, quindi, è un contributo sostanziale. Le persone attente, oneste, che veramente
sono alla ricerca, trovano in lui un interlocutore ed una guida importante.