René Guitton: rafforzare l'impegno in difesa dei cristiani perseguitati
Discriminazione, persecuzione e martirio non sono, purtroppo, termini associati solo
al passato. Anche oggi i cristiani, in particolare, sono vittime di violenze in diversi
Paesi del mondo. Proprio sulla “cristianofobia” si è incentrato un convegno, ieri
pomeriggio a Verona, intitolato: “Cristiani perseguitati. Il dramma dimenticato”.
Il dibattito ha preso spunto dal libro “Cristianofobia. La nuova persecuzione” dell’autore
francese René Guitton che, al microfono di Fabio Colagrande, si sofferma
sugli scenari più critici: R. –
Les situations les plus graves sont notamment …Le situazioni più gravi si registrano
in Africa, ad esempio in Nigeria, dove i cristiani vengono massacrati a centinaia,
perfino nelle loro chiese. Ma bisogna ricordare anche il Sudan meridionale e, ad esempio,
l’India, in un altro continente, dove anche qui sono i cristiani ad essere attaccati,
in questo caso dagli induisti. E’ molto difficile anche la situazione in Pakistan.
Per guardare ad altri Paesi, si può considerare la persecuzione come una serie di
omicidi, di massacri individuali che colpiscono singoli cristiani. Infine, bisogna
sottolineare anche il caso dell’Egitto dove da qualche anno la situazione dei cristiani
va peggiorando. D. – Cosa dovrebbe fare la politica per tutelare
le minoranze cristiane nel mondo? R. – C’est une question difficile,
car les Etats pris individuellement, … Questa è una domanda difficile, perché
gli Stati occidentali, a maggioranza cristiana, non possono intervenire per la difesa
delle minoranze cristiane in un Paese indipendente! I cristiani egiziani, ad esempio,
sono cittadini egiziani a tutti gli effetti, fin dall’inizio del cristianesimo, e
quindi risulta difficile per un Paese occidentale intervenire in favore delle minoranze
cristiane in Iraq o in Palestina, per fare un esempio. Vi è comunque un modo urgente
per intervenire, e si tratta di aiutare i cristiani mediorientali a restare nei loro
Paesi e a non contribuire all’esodo che sta ormai svuotando il Medio Oriente dai cristiani.
Negli ultimi 50 anni, un milione e mezzo di cristiani hanno lasciato l’Egitto e un
milione e mezzo la Turchia. E’ importante ed urgente intervenire attraverso le organizzazioni
non governative, la diplomazia e anche sensibilizzare i governi. Inoltre, tocca all’Unione
Europea a livello di rapporti della stessa intervenire, e si può lavorare anche con
l’Unesco, soprattutto a livello di educazione e di formazione di base. D.
– Anche i mezzi di comunicazione hanno delle responsabilità, secondo lei? R.
– La responsabilité des mass-médias c’est l’information. … La responsabilità
dei mass media in questo ambito è anzitutto l’informazione che può permettere di rompere
il silenzio e anche l’ignoranza sul fatto che esistono cristiani in Paesi dove la
loro presenza è minoritaria, come l’India, la Cina o in generale, ad esempio, l’Africa.
Proprio, parlare del fatto che esistano cristiani perseguitati in quanto cristiani:
questa è l’urgenza – a mio avviso – più impellente per i mezzi di comunicazione sociale,
che spesso contribuiscono a questo silenzio. D. – Lei crede
che anche la Chiesa cattolica dovrebbe fare di più per denunciare queste persecuzioni? R.
– Oui. L’Eglise dénonce, bien sur, cette persécution et agit au niveau … Sì.
La Chiesa cattolica denuncia già molto queste persecuzioni e agisce attraverso la
sua diplomazia, ma ha un potere limitato. D’altra parte, è importante esercitare pressioni
economiche e il Vaticano in questo ambito ha minori possibilità, rispetto all’Unione
Europea, ad esempio, che può agire proprio sul piano delle relazioni economiche come
nel caso della remissione del debito di alcuni Paesi. E’ importante però, a mio avviso,
curare soprattutto l’educazione dei giovani, fin dalla prima scolarizzazione: ricordo
il caso in cui l’Unione Europea ha potuto fare cambiare manuali scolastici destinati
ai bambini, perché incitavano all’odio religioso.