Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa terza Domenica di Pasqua la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in
cui Gesù risorto si manifesta di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade chiedendo
se abbiano qualcosa da mangiare. Ma non avendo pescato nulla durante la notte li invita
a gettare la rete dalla parte destra della barca. I discepoli portano a terra una
rete piena di pesci. Gesù dice: «Venite a mangiare». Quindi, si rivolge a Simon Pietro:
“Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro? …Pasci i miei agnelli”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il padre carmelitano Bruno Secondin,
professore di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Potremmo
dire che Gesù prepara la colazione ai suoi discepoli che avevano faticato invano una
notte intera: gesti di umanità che Gesù ha fatto altre volte. E poi era necessario
ricostruire il clima di reciproca fiducia e amicizia, ripetendo gesti e stile già
prima familiari. Pietro sente ancora il peso di un tradimento che lo aveva umiliato
e per questo si dà tanto da fare: si butta in acqua così come stava, tira a riva la
rete stracolma di pesci. Una premura generosa, quasi per farsi perdonare. Ma Gesù
lascia fare, aspetta il momento giusto per chiarire le cose. E di fatti alla fine
del breve pasto arriva la domanda: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Non un’accusa,
non un rimprovero, per quanto successo a Gerusalemme: ma un invito ad amare di più,
perché perdonato e accolto. Solo così può essere davvero custode e guida del gregge
del Signore: cosciente della propria fragilità perdonata e della fiducia restituita.
Un compito in cui Pietro non porterà la sua perfezione, ma solo il suo amore, lasciandosi
alle spalle il passato di cui si vergogna.