Myanmar: sale la tensione dopo l'attentato a Rangoon
Alta tensione in Myanmar, dopo l’attentato di ieri a Rangoon che ha provocato una
carneficina. Secondo la Tv di Stato birmana, il bilancio ufficiale è di otto morti
e 75 feriti mentrte fonti di AsiaNews parlano di “oltre 30 morti”. Molti osservatori
credono che gli attacchi di ieri facciano parte di una strategia del terrore adottata
dalla giunta militare in vista delle elezioni politiche per annientare qualsiasi tentativo
di opposizione democratica. Analisi, questa, condivisa anche dalla sindacalista della
Cisl, Cecilia Brighi, che da anni lavora al fianco del Sindacato clandestino
birmano. L’intervista è di Salvatore Sabatino:
R. – La Cisl
lavora con il sindacato clandestino e con tutte le organizzazioni democratiche birmane
da anni, e tutte le organizzazioni rifiutano la violenza e il terrorismo da sempre:
sono schierate per una lotta pacifica e non violenta, l’abbiamo visto nelle manifestazioni
del 2007. Questo, quindi, non può che essere un tentativo della giunta militare di
far vedere che la situazione è incontrollabile ed ingovernabile. Devo dire che io
ho sentito con le mie orecchie l’ambasciatore birmano alle Nazioni Unite dichiarare
all’Ilo che il sindacato è un’organizzazione terroristica: quindi, questo è l’inizio
di un tentativo di aumentare il clima di tensione e di repressione nel Paese. D.
– Di recente, la leadership della Lega nazionale della democrazia, il principale partito
di opposizione birmano, ha annunciato di non procedere alla registrazione necessaria
per partecipare alle elezioni. Di fatto, questo è un ulteriore tassello della tensione
… R. – Era una cosa abbastanza scontata; la giunta ha cercato
di dividere la lega nazionale per la democrazia sperando che potesse avere una sponda
per queste elezioni che sono assolutamente inaccettabili, perché le leggi elettorali
e la Costituzione violano qualsiasi standard minimo internazionalmente riconosciuto,
tant’è che tutte le organizzazioni democratiche birmane, quelle rappresentative, compresa
la Lega nazionale per la democrazia, non partecipano alle elezioni e, anzi, hanno
lanciato un appello internazionale per chiedere che le istituzioni internazionali
e i governi accettino le elezioni unicamente se verranno rispettate tre condizioni
chiave: l’immediata liberazione di Aung San Suu Kyi e dei detenuti politici, la garanzia
a tutti loro del diritto a partecipare alle elezioni e ad essere candidati, la cessazione
di tutti gli attacchi contro le comunità etniche e egli attivisti democratici e la
terza condizione, che è fondamentale, è l’apertura di un dialogo genuino ed inclusivo
tra la giunta e tutte le organizzazioni democratiche e le nazionalità etniche e, soprattutto,
la revisione della Costituzione. D. – In molti denunciano poca
attenzione della comunità internazionale nei confronti del problema birmano: è d’accordo? R.
– Assolutamente sì! C’è un silenzio enorme, tant’è che la Cisl oggi lancia un appello
che verrà pubblicato sul sito della Cisl, sul sito birmaniademocratica.org perché
raccolgano il messaggio di oltre 150 organizzazioni rappresentative della società
civile e democratica birmana e del sindacato birmano, perché – appunto – riconoscano
le elezioni unicamente se verranno accettate queste condizioni.