2010-04-16 15:19:31

La Chiesa dell'Amazzonia in difesa degli indios


Prosegue la visita ad Limina dei vescovi brasiliani della Regione Norte 2: il Papa ha ricevuto stamani un altro gruppo di presuli. I colloqui di questi giorni in Vaticano sono stati un’occasione per tracciare un quadro della situazione negli Stati dell’Amapá e del Pará. Il servizio di Giada Aquilino:RealAudioMP3

Hanno trovato un Papa “attento” alle questioni del loro territorio, i vescovi brasiliani della regione Norte 2, che copre l’Amazzonia orientale. I presuli, in una conferenza stampa, ieri, presso la nostra emittente, hanno parlato delle grandi sfide dell'Amazzonia in campo ecologico e sociale. In particolare hanno messo l’accento sulla costruzione della centrale idroelettrica di Belo Monte sul fiume Xingu e delle 5 altre in progettazione sul fiume Tapajós. Nonostante le minacce di morte a tre vescovi per il loro impegno a fianco delle popolazioni autoctone, la Chiesa locale ha lanciato un allarme sulle prevedibili “disastrose” conseguenze di tali insediamenti industriali per tutta la zona. Ce ne parla mons. José Luiz Azcona, vescovo di Marajò:
 
R. – Una è già fonte di grandi discussioni, quella di Belo Monte, ma è già stata approvata la costruzione di altre cinque sul Rio Tapajós e ce ne sono altre due in programma per lo Stato dell’Amapá. Questa politica delle centrali idroelettriche colpirà profondamente il cuore dell’Amazzonia, creando gravissimi problemi all’ecologia, agli indigeni e all’umanità in generale.
 
D. – Come cambia la vita delle popolazioni autoctone, degli indigeni?
 
R. – Faccio un esempio, parlando della palma dell’olio di dendé, di cui nella nostra regione ci sono grandi piantagioni. Le grandi imprese comprano la terra dai contadini: loro, che hanno bisogno di denaro, vendono questi appezzamenti di terreno. E i grandi gruppi avviano una monocoltura di palma di dendé. Sull’argomento c’è molta disinformazione: al vertice di Copenaghen, in dicembre, questo programma è stato presentato come un modello di riforestazione dell’Amazzonia, quando in verità il concetto della monocoltura non si traduce in ciò. Non solo: la gente locale deve lasciare la regione perché non è più proprietaria della terra e si rifugia, come sta avvenendo, nelle periferie delle città. Di questo passo, la vita delle popolazioni indios cambierà in maniera radicale.
 
Il rischio quindi è lo stravolgimento di quello che è rimasto l’ultimo polmone della Terra. Ascoltiamo mons. Esmeraldo Barreto de Farias, vescovo di Santarèm:
 
R. – La primera implicaçao …
Per prima cosa, le popolazioni non sono state consultate sui progetti di tali centrali idroelettriche. Inoltre, gli indios dovranno lasciare le loro terre a causa di queste costruzioni. Tutte le famiglie che abitano in riva ai fiumi, che vivono della pesca, dovranno andar via dal loro luogo di origine: cambieranno completamente le condizioni di vita.
 
D. – Quali implicazioni ci saranno, dal punto di vista ecologico e climatico?
 
R. – Una grande parte …
Una vasta area di duemila chilometri verrà sommersa. La vegetazione e la fauna resteranno sott’acqua. Gli scienziati ritengono che anche lo stesso movimento delle turbine delle centrali contribuirà al riscaldamento globale del pianeta.
 
D. – Com’è impegnata la Chiesa al fianco di queste popolazioni?
 
R. – A Igreja …
La Chiesa vuole coinvolgere i gruppi indigeni e le popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi perché siano loro stessi ad assumere un dialogo con chi farà il progetto e con il governo che deve provvedere al riguardo.
 
Altra piaga della realtà amazzonica è lo sfruttamento sessuale dei minori: i vescovi brasiliani hanno evidenziato 100 mila casi di denunce negli ultimi 5 anni. Sentiamo mons. Pedro José Conte, vescovo di Macapá nello Stato dell'Amapá:
 
R. – E’ un problema grave. Un po’ lo viviamo tutti, perché lo sfruttamento dei minori, purtroppo, è diffuso. Comincia in casa e a volte diventa addirittura fonte di sostegno economico per la famiglia: la famiglia vive sullo sfruttamento di uno dei minori, figlio o figlia. Nello Stato dove vivo io, costruiranno un ponte sul Rio Oiapoque, che divide lo Stato dell’Amapá dalla Guyana francese: senza dubbio, creare una via di comunicazione è importante, ma se pensiamo a cosa succede tra il Brasile e l’Europa, passando per la Guyana francese, il Suriname, la Guyana inglese e il Centroamerica, noi prevediamo oltre al traffico delle persone, anche una migrazione dall’America Centrale. Quindi, oltre ai migranti che continuano ad arrivare in Amazzonia a causa della disoccupazione, delle sacche di povertà nel Nord-Est, ci saranno anche quelli dell’America Centrale. E allora rivolgiamo un appello a tutti, pure alla Caritas brasiliana, alla Caritas francese, alla Caritas Internationalis, per studiare modi di aiutare queste persone. La preoccupazione maggiore non è solo per gli uomini che vanno e che vengono alle frontiere: purtroppo è anche per le donne e i bambini.







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