Prosegue la visita ad Limina dei vescovi brasiliani della Regione Norte 2: il Papa
ha ricevuto stamani un altro gruppo di presuli. I colloqui di questi giorni in Vaticano
sono stati un’occasione per tracciare un quadro della situazione negli Stati dell’Amapá
e del Pará. Il servizio di Giada Aquilino:
Hanno trovato
un Papa “attento” alle questioni del loro territorio, i vescovi brasiliani della regione
Norte 2, che copre l’Amazzonia orientale. I presuli, in una conferenza stampa, ieri,
presso la nostra emittente, hanno parlato delle grandi sfide dell'Amazzonia in campo
ecologico e sociale. In particolare hanno messo l’accento sulla costruzione della
centrale idroelettrica di Belo Monte sul fiume Xingu e delle 5 altre in progettazione
sul fiume Tapajós. Nonostante le minacce di morte a tre vescovi per il loro impegno
a fianco delle popolazioni autoctone, la Chiesa locale ha lanciato un allarme sulle
prevedibili “disastrose” conseguenze di tali insediamenti industriali per tutta la
zona. Ce ne parla mons. José Luiz Azcona, vescovo di Marajò: R.
– Una è già fonte di grandi discussioni, quella di Belo Monte, ma è già stata approvata
la costruzione di altre cinque sul Rio Tapajós e ce ne sono altre due in programma
per lo Stato dell’Amapá. Questa politica delle centrali idroelettriche colpirà profondamente
il cuore dell’Amazzonia, creando gravissimi problemi all’ecologia, agli indigeni e
all’umanità in generale. D. – Come cambia la vita delle popolazioni
autoctone, degli indigeni? R. – Faccio un esempio, parlando
della palma dell’olio di dendé, di cui nella nostra regione ci sono grandi piantagioni.
Le grandi imprese comprano la terra dai contadini: loro, che hanno bisogno di denaro,
vendono questi appezzamenti di terreno. E i grandi gruppi avviano una monocoltura
di palma di dendé. Sull’argomento c’è molta disinformazione: al vertice di Copenaghen,
in dicembre, questo programma è stato presentato come un modello di riforestazione
dell’Amazzonia, quando in verità il concetto della monocoltura non si traduce in ciò.
Non solo: la gente locale deve lasciare la regione perché non è più proprietaria della
terra e si rifugia, come sta avvenendo, nelle periferie delle città. Di questo passo,
la vita delle popolazioni indios cambierà in maniera radicale. Il
rischio quindi è lo stravolgimento di quello che è rimasto l’ultimo polmone della
Terra. Ascoltiamo mons. Esmeraldo Barreto de Farias, vescovo
di Santarèm: R. – La primera implicaçao … Per prima
cosa, le popolazioni non sono state consultate sui progetti di tali centrali idroelettriche.
Inoltre, gli indios dovranno lasciare le loro terre a causa di queste costruzioni.
Tutte le famiglie che abitano in riva ai fiumi, che vivono della pesca, dovranno andar
via dal loro luogo di origine: cambieranno completamente le condizioni di vita. D.
– Quali implicazioni ci saranno, dal punto di vista ecologico e climatico? R.
– Una grande parte … Una vasta area di duemila chilometri verrà sommersa.
La vegetazione e la fauna resteranno sott’acqua. Gli scienziati ritengono che anche
lo stesso movimento delle turbine delle centrali contribuirà al riscaldamento globale
del pianeta. D. – Com’è impegnata la Chiesa al fianco di queste
popolazioni? R. – A Igreja … La Chiesa vuole coinvolgere
i gruppi indigeni e le popolazioni che vivono sulle rive dei fiumi perché siano loro
stessi ad assumere un dialogo con chi farà il progetto e con il governo che deve provvedere
al riguardo. Altra piaga della realtà amazzonica è lo sfruttamento
sessuale dei minori: i vescovi brasiliani hanno evidenziato 100 mila casi di denunce
negli ultimi 5 anni. Sentiamo mons. Pedro José Conte, vescovo
di Macapá nello Stato dell'Amapá: R. – E’ un problema
grave. Un po’ lo viviamo tutti, perché lo sfruttamento dei minori, purtroppo, è diffuso.
Comincia in casa e a volte diventa addirittura fonte di sostegno economico per la
famiglia: la famiglia vive sullo sfruttamento di uno dei minori, figlio o figlia.
Nello Stato dove vivo io, costruiranno un ponte sul Rio Oiapoque, che
divide lo Stato dell’Amapá dalla Guyana francese: senza dubbio, creare una via di
comunicazione è importante, ma se pensiamo a cosa succede tra il Brasile e l’Europa,
passando per la Guyana francese, il Suriname, la Guyana inglese e il Centroamerica,
noi prevediamo oltre al traffico delle persone, anche una migrazione dall’America
Centrale. Quindi, oltre ai migranti che continuano ad arrivare in Amazzonia a causa
della disoccupazione, delle sacche di povertà nel Nord-Est, ci saranno anche quelli
dell’America Centrale. E allora rivolgiamo un appello a tutti, pure alla Caritas brasiliana,
alla Caritas francese, alla Caritas Internationalis, per studiare modi di aiutare
queste persone. La preoccupazione maggiore non è solo per gli uomini che vanno e che
vengono alle frontiere: purtroppo è anche per le donne e i bambini.