Un forte terremoto di quasi 7 gradi ha colpito la provincia cinese del Qinghai, sull’altopiano
del Tibet. Il bilancio, ancora provvisorio, è di 400 morti e oltre otto mila feriti.
L’interruzione delle principali vie di comunicazione non ha ancora permesso un’effettiva
valutazione dei danni. Nel maggio del 2008 la provincia cinese del Sichuan, confinante
a nordovest col Qinghai, è stata colpita da un terremoto di magnitudo 8 che ha causato
oltre 87.000 morti. La mancanza di mezzi di soccorso nell’area rende difficoltosi
gli interventi più urgenti. La gente scava con le mani tra le macerie nella speranza
di trovare i superstiti. Circa cinquemila soccorritori si aggiungeranno, nelle prossime
ore, ai 700 militari già impegnati sul terreno. Tende, vestiti pesanti e coperte sono
stati inviati dal governo del Qinghai. Stefano Leszczynski ha intervistato
Francesco Sisci, corrispondente da Pechino per il quotidiano La Stampa:
R. – E’ una
zona difficile. E' lontana, faticosa da raggiungere. D’altro canto, se si può dare
una piccola, minima nota positiva in una situazione del genere, è che si tratta di
una zona scarsamente popolata. Diversamente dal Sichuan, dove avvenne il sisma nel
2008 e dove la densità della popolazione era altissima, qui invece la densità demografica
è bassa. Però il problema è stato molto grave: la condizione edilizia della zona era
molto debole e le case erano fatte praticamente di mattoni e legno. Quindi pare che
siano crollate come castelli di carta. Per questo ci si aspetta ancora, purtroppo,
molti morti.
D. – Quello che preoccupa soprattutto
è il dramma di una scuola, che è crollata con gli allievi che, nella maggior parte,
sono rimasti intrappolati. Come mai, dopo l’esperienza dei terremoti precedenti, la
Cina non ha avviato una campagna per il controllo degli edifici pubblici?
R.
– In teoria, la campagna per il controllo degli edifici pubblici, e in particolare
delle scuole, fu avviata proprio dopo la tragedia del terremoto del 2008. Adesso sembra
che, diversamente da quanto è accaduto nel Sichuan, la maggior parte delle scuole
abbia retto. Questo significa comunque che alcune delle scuole non hanno retto. Quello
che ci si aspetta, adesso, è uno scandalo pubblico per questi bambini intrappolati
dentro la scuola. Si prevede un’ulteriore stretta sugli edifici pubblici ma, soprattutto,
su quelli adibiti a scuola o ad ospedali, i più delicati e più fragili.