Il Papa all’udienza generale: il sacerdote non è omologabile alla cultura dominante,
non annuncia se stesso ma Cristo. Appello per il terremoto in Cina
In questo tempo segnato dalla confusione sulle scelte fondamentali, il sacerdote è
chiamato ad annunciare la Verità del Vangelo: è l’esortazione di Benedetto XVI contenuta
nella catechesi all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro. Il Papa, che
è tornato ieri pomeriggio in Vaticano dalla residenza di Castel Gandolfo, si è soffermato
sul compito di insegnare della Chiesa, esercitato dal sacerdote. Al momento dei saluti,
il Pontefice ha rivolto un pensiero particolare alle vittime del terremoto che stanotte
ha colpito la Cina orientale. Il clima in Piazza San Pietro era particolarmente gioioso
con gli auguri dei fedeli al Papa per il suo 83.mo compleanno, il prossimo venerdì
16 aprile. Il servizio di Alessandro Gisotti:
All’udienza
generale, Benedetto XVI ha espresso la sua vicinanza al popolo cinese scosso dal terremoto
che ha colpito la provincia orientale di Qinghai causando centinaia di morti e migliaia
di feriti e ingenti danni:
“Prego per le vittime
e sono spiritualmente vicino alle persone provate da così grave calamità; per esse
imploro da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio in queste avversità. Auspico che
non verrà a mancare la comune solidarietà”. Quindi,
salutando i pellegrini venuti dalla Polonia, non ha mancato di rinnovare i suoi sentimenti
di cordoglio per le vittime della recente sciagura aerea in cui ha perso la vita anche
il presidente polacco. La catechesi del Pontefice è stata incentrata sul ministero
del sacerdozio e in particolare sull’insegnamento delle verità della fede, il munus
docendi. Un compito, ha osservato il Papa parlando a braccio, oggi particolarmente
urgente:
"Viviamo in una grande confusione circa
le scelte fondamentali della nostra vita e gli interrogativi su che cosa sia il mondo,
da dove viene, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare per compiere il bene, come dobbiamo
vivere, quali sono i valori realmente pertinenti. In relazione a tutto questo esistono
tante filosofie contrastanti, che nascono e scompaiono, creando una confusione circa
le decisioni fondamentali, come vivere, perché non sappiamo più, comunemente, da che
cosa e per che cosa siamo fatti e dove andiamo”. In
questa situazione, ha proseguito il Papa, ci viene in aiuto il Signore che aveva avuto
compassione per il popolo, per le pecorelle senza pastore che lo seguivano nel deserto.
Il Signore ha interpretato la Parola di Dio. “Egli stesso - ha aggiunto - è la Parola
di Dio e ha dato orientamento. E questa è la funzione “in persona Christi” del sacerdote”:
“Rendere
presente, nella confusione e nel disorientamento dei nostri tempi, la luce della parola
di Dio, la luce che è Cristo stesso in questo nostro mondo. Quindi il sacerdote non
insegna proprie idee, una filosofia che lui stesso ha inventato, ha trovato o che
gli piace; il sacerdote non parla da sé, non parla per sé, per crearsi forse ammiratori
o un proprio partito; non dice cose proprie, proprie invenzioni, ma, nella confusione
di tutte le filosofie, il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la
verità che è Cristo stesso, la sua parola, il suo modo di vivere e di andare avanti”. Sacerdozio
vuol dire essere immersi nella Verità, ha ribadito Benedetto XVI. E, nel contesto
dell’Anno Sacerdotale, ha rammentato che il sacerdote è chiamato ad annunciare la
Parola del Signore, la Verità che salva anche in tempi difficili come quelli attuali:
“Quella
del sacerdote, di conseguenza, non di rado, potrebbe sembrare 'voce di uno che grida
nel deserto' (Mc 1,3), ma proprio in questo consiste la sua forza profetica: nel non
essere mai omologato, né omologabile, ad alcuna cultura o mentalità dominante, ma
nel mostrare l’unica novità capace di operare un autentico e profondo rinnovamento
dell’uomo, cioè che Cristo è il Vivente, è il Dio vicino, il Dio che opera nella vita
e per la vita del mondo e ci dona la Verità, il modo di vivere”. Il
sacerdote, è stata ancora la sua riflessione, non deve avere la presunzione di imporre
la propria verità, bensì l’umile e lieta certezza di chi ha incontrato la Verità,
ne è stato afferrato e trasformato, e perciò non può fare a meno di annunciarla. Il
sacerdozio, ha detto Benedetto XVI, “nessuno può darselo, né cercarlo da sé”, è invece
“una risposta alla chiamata del Signore, alla sua volontà, per diventare annunciatori
non di una verità personale, ma della sua verità”. Quindi, ha invitato i sacerdoti
a guardare con fiducia l’esempio di San Giovanni Maria Vianney:
“Egli
era uomo di grande sapienza ed eroica forza nel resistere alle pressioni culturali
e sociali del suo tempo per poter condurre le anime a Dio: semplicità, fedeltà ed
immediatezza erano le caratteristiche essenziali della sua predicazione, trasparenza
della sua fede e della sua santità. Il Popolo cristiano ne era edificato e, come accade
per gli autentici maestri di ogni tempo, vi riconosceva la luce della Verità". Al
momento dei saluti in lingua italiana, il Papa ha rivolto un pensiero particolare
ai sacerdoti amici della Comunità di Sant’Egidio e ai Cappellani dell’Aviazione civile
provenienti da varie parti del mondo. Un saluto anche agli ufficiali e i militari
provenienti da Caserta, incoraggiati “a perseverare nel generoso impegno di testimonianza
cristiana anche nel mondo militare”.