La solidarietà dei vescovi brasiliani al Papa. Intervista con mons. Giovenale, minacciato
per la lotta alla pedofilia
E’ in corso, in questi giorni, la visita ad Limina dei vescovi brasiliani della Regione
Norte II. Ieri, un primo gruppo di presuli è stato ricevuto in udienza dal Papa al
Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Tra loro anche mons. Flavio Giovenale,
vescovo di Abaetetuba, che al microfono di Cristiane Murray si sofferma sulle
sfide per la Chiesa della sua regione:
R. – La Regione
Nord II è l’Amazzonia orientale. Siamo 14 vescovi, due Stati del Brasile, un'area
geografica grande cinque volte l’Italia. Questa è la prima sfida: le distanze. Perché
in tutta questa area ci sono soltanto sette milioni di abitanti, e questo vuol dire
che le distanze tra una città e l’altra, tra una comunità e l’altra, sono molto grandi.
Oltre ad avere, in media, un prete ogni 20 mila abitanti, abbiamo un prete ogni 25
mila chilometri quadrati: ecco la prima sfida. La seconda sfida è la dimensione eucaristica,
nel senso che l’Eucaristia, lo sappiamo, fa la Chiesa e là, la maggior parte delle
comunità hanno la Messa solo due-tre volte l’anno. Perciò dobbiamo fare leva sulla
Parola di Dio, sulla formazione dei laici, dei catechisti, degli animatori di comunità,
che sono la nostra grande sfida e la nostra grande forza.
D.
– Da poco è stata creata la Commissione per l’Amazzonia, dopo la Campagna di fraternità.
Come sta lavorando?
R. – Sono vescovi di varie parti
del Brasile che cercano di fare in modo che il tema dell’Amazzonia - di questa regione
enorme e con poca popolazione, ma che ha una responsabilità sociale ed ecologica a
livello mondiale, ed allo stesso tempo una responsabilità di Chiesa e di evangelizzazione
- cercano di fare in modo, dicevo, che questo tema non cada nel dimenticatoio. Perciò,
si sta lavorando sia con l’invio di missionari, sacerdoti, religiosi, laici, sia con
progetti di appoggio alle attività sia pastorali sia sociali che le Chiese dell’Amazzonia
già hanno, in modo da poter sviluppare questa visione di missione nella Chiesa e che
in Amazzonia possa diventare realtà.
D. – Che cosa
vi aspettate da questa visita?
R. – La visita al
Papa è sempre un’emozione molto grande; il fatto che noi veniamo da molto lontano
– sono 10-15 mila chilometri! – è proprio la dimostrazione del fatto che noi amiamo
il Papa, gli vogliamo bene, amiamo la Chiesa, la Chiesa universale e ci sentiamo parte
di questa Chiesa e vogliamo dare il nostro contributo. Dal Papa noi aspettiamo un
abbraccio fraterno, uno stimolo a continuare anche su alcuni orientamenti … Abbiamo
anche portato la nostra solidarietà al Papa in questo momento così difficile per dirgli:
noi siamo con lei, anche perché questo problema della pedofilia da noi è vissuto in
prima linea, nel senso che noi combattiamo la pedofilia e per questo a volte si paga
anche di persona: nella vicenda dei tre vescovi minacciati, uno degli aspetti è la
pedofilia.
D. – Lei è uno dei vescovi minacciati
… gliel’ha detto, al Papa?
R. – Gliel’ho detto, gliel’ho
ricordato – lui lo sapeva già. Quando siamo stati ricevuti, è stata la prima cosa
che abbiamo fatto: dargli il nostro appoggio e dirgli “avanti con tutta forza!”.