Sudan al voto per eleggere il presidente e rinnovare il Parlamento
Importante tornata elettorale in Sudan, la prima a regime multipartitico in 24 anni.
Da oggi a martedì si voterà per eleggere il capo dello Stato, il Parlamento federale,
il presidente del Sud Sudan, i governatori e i vari parlamenti statali. Favorito per
la massima carica del Paese, il presidente in carica Omar Al Bashir, colpito da un
mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità avvenuti
in Darfur. Questa decisiva tornata elettorale può rappresentare una svolta per il
Paese africano e per le sue emergenze? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre
Giulio Albanese, esperto di Africa:
R. – Sulla
carta direi di sì. Poi bisogna vedere se finalmente si riuscirà a passare dalle parole
dalle buone intenzioni, ai fatti. Dico questo perché il ritiro, da questa tornata
elettorale, delle principali formazioni dell’opposizione la dice lunga. In sostanza,
c’è quasi la convinzione che comunque sarà Al Bashir a vincere queste elezioni.
D.
– Il presidente Bashir è stato colpito da un mandato di cattura internazionale, mai
eseguito – bisogna anche dire questo – su un Paese. Una sua vittoria potrebbe far
cambiare l’approccio della comunità internazionale nei suoi confronti?
R.
– Bashir spera, proprio attraverso questa vittoria, di essere per certi versi legittimato
di nuovo sul piano internazionale. Una cosa è certa: farà di tutto, in una maniera
o nell’altra, per scongiurare la divisione del Paese, guardando soprattutto a quello
che sarà poi l’appuntamento referendario in programma il prossimo anno, per quanto
concerne l’autonomia, l’indipendenza del Sud.
D.
– Il Sud del Paese è una questione risolta solo sulla carta, attraverso un trattato.
Poi c’è il Darfur, la martoriata regione occidentale del Sudan. Per la comunità internazionale
rimangono queste le urgenze da risolvere quanto prima...
R.
– Indubbiamente. Anche perché - non dimentichiamolo - il Sudan è di fatto è una sorta
di “linea di faglia” tra Oriente e Occidente. E’ chiaro che la soluzione di tutti
i problemi, che da tanti anni assillano questa nazione, sarà possibile solo ed unicamente
se la comunità internazionale iuscirà ad esercitare pressione sulle parti in conflitto.
D.
– Perché la comunità internazionale, soprattutto a livello di grandi potenze, appare
molto divisa nell’interpretare quella che è la situazione sudanese…
R.
– E’ chiaro che c’è un elemento che condiziona moltissimo lo scenario sudanese, che
spesso viene sottovalutato. Questo Paese praticamente galleggia sul petrolio e purtroppo
'l’oro nero' rappresenta paradossalmente una sciagura per il popolo sudanese, non
fosse altro perché tutti i conflitti che hanno insanguinato questa nazione in questi
anni hanno sempre avuto prevalentemente questa matrice. Allora è chiaro che
la comunità internazionale, da questo punto di vista, ha degli interessi che sono
evidenti, legati proprio al controllo di questo grande bacino degli idrocarburi. Un
accordo sul piano internazionale, per quanto concerne la spartizione dei proventi
dell’oro nero che riguardi non solo le parti in conflitto ma anche le grandi potenze,
potrebbe per certi versi garantire un processo di pacificazione.