Il cardinale Comastri: uno degli apostoli è Giuda, ma gli altri 11 sono martiri
L'intima gioia di essere sacerdote, l'immutata convinzione che il prete sia un elemento
fondamentale in ogni società, la denuncia della menzogna di chi vorrebbe fare dell'aberrazione
della pedofilia la cifra distintiva di una vocazione sacra. Si trova tutto questo
nel libro del cardinale Angelo Comastri intitolato "Donarsi è l'unico guadagno".
Edito dalle Edizioni San Paolo, il volume riflette sulla generosità e l'impegno che
sono alla base di una vita consacrata a Dio, in coincidenza con l'Anno Sacerdotale
in corso e il 150.mo della nascita di San Giovanni Maria Vianney. Il porporato ne
parla al microfono di padre Vito Magno:
R. – E’ nato
– potrei dire – come un bisogno di raccontare agli altri la gioia che io provo nell’essere
prete. Io non riuscirei ad immaginare un’altra vocazione per me, e mi sento talmente
felice di essere sacerdote, talmente grato al Signore per il fatto di avermi chiamato,
che ho voluto in qualche modo “cantare”. Il libro è un canto: un canto della bellezza
del sacerdozio. Ora, evidentemente, questo libro si trova a fare il suo percorso in
un momento di bufera attorno ai sacerdoti. Però, anche su questo vorrei dire: attenti.
Anche all’inizio del cammino sacerdotale c’è stato un traditore, ma gli altri 11 sono
tutti martiri! Oggi noi vediamo una debolezza nella vita di alcuni sacerdoti, ma i
sacerdoti non sono angeli: i sacerdoti sono impastati di Cielo e di Terra, e talvolta
prevale la Terra, anche nei sacerdoti. Ma c’è una folla enorme di sacerdoti che vive
il proprio sacerdozio con eroismo!
D. – Il suo libro
si apre con una frase di Giovanni Paolo II: “Questo è un tempo meraviglioso per essere
preti!” …
R. – E’ verissimo! E Giovanni Paolo II
l’ha dimostrato. Giovanni Paolo II era un prete contento, un prete felice di essere
sacerdote. Del resto, lui ha detto: “Il centro della mia giornata è la Messa”. Lui
viveva per l’Eucaristia.
D. – Ma in che senso si
può ancora chiamare “tempo meraviglioso”, quello in cui viviamo?
R.
– Ho letto un’intervista con Vittorino Andreoli che dice: “No, no, non è sorpassato
il sacerdote, anzi: è quanto mai attuale, perché la gente sempre più si rende conto
che non si può vivere di discoteche, non si può vivere di denaro, non si può vivere
di successo! Non è questo che riempie! C’è bisogno di qualcos’altro, e questo qualcos’altro
lo può dare soltanto il prete, cioè l’uomo di Dio”, perché alla fine è Dio che manca
all’uomo …
D. – Che cosa però dire della triste vicenda
degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti? Che cosa la colpisce
della Lettera scritta dal Papa agli Irlandesi?
R.
– Il Papa ha affrontato con molto coraggio questo fenomeno, e ha fatto bene a prendere
decisioni drastiche, a non nascondere nulla … Però, io vorrei che ad un certo punto
non si facesse di tutt’erba un fascio; che non si dicesse: pedofilo uguale prete.
Perché questa sarebbe la più grande ingiustizia e sarebbe una cattiveria veramente
atroce che approfitta di questo momento, di qualche debolezza, per gettare fango su
tutti, anche sulla santità di un esercito di sacerdoti.
D.
– La Chiesa non teme la verità, ma non si lascia neppure denigrare, ha detto il cardinale
Bagnasco. Pensa anche lei che degli scandali si stia facendo un uso strumentale?
R.
– Ha ragione il cardinale Bagnasco. Perché, se c’è un prete cattivo, dicono: sono
tutti così. Se c’è un prete santo, non dicono: sono tutti così!
D.
– Ma perché sul prete tutti hanno sempre qualcosa da dire, sia naturalmente nel bene
che nel male?
R. – Perché il prete rappresenta scelte
controcorrente. Il prete è un uomo di Dio. Il prete è l’uomo del Vangelo e il Vangelo
non sarà mai di moda: il Vangelo sarà sempre controcorrente. Il prete è l’uomo delle
beatitudini e beatitudini vuol dire: beati i poveri, beati i miti, beati i misericordiosi,
beati i pacifici, beati i puri di cuore, beati i perseguitati … Ecco, noi ci identifichiamo
con un Vangelo che non sarà mai di moda, ma nello stesso tempo sarà sempre il Vangelo
di cui ha bisogno il mondo se vuole trovare il sale che da sapore alla vita. Il prete
è al centro di mille contraddizioni.
D. – Intanto,
sotto accusa è entrato anche il celibato. C’è chi lo mette in rapporto con gli abusi
sessuali …
R. – Non è assolutamente vero! Non c’è
nessun rapporto di causa ed effetto tra celibato e pedofilia. La pedofilia è una perversione,
una malattia, una fragilità che si ritrova anche tra le persone sposate. Quindi, è
assolutamente una menzogna fare un’equazione di questo genere.
D.
– Esiste però una crisi di vocazioni sacerdotali: da che cosa può dipendere?
R.
– La crisi delle vocazioni evidentemente c’è, ma c’è anche prima della crisi delle
vocazioni, la crisi della vita: oggi non si genera più, oggi non si fanno più figli!
L’Occidente, è vero che è la terra del tramonto, perché non si ama più la vita, e
questo è paradossale. Quando un popolo diventa ricco, diventa egoista e quando diventa
egoista non genera più. Madre Teresa diceva: sono i poveri che fanno i figli, non
i ricchi, perché i poveri hanno la capacità di sognare, la capacità di investire anche
nella vita. L’Occidente essendo ricco, non fa figli e non essendoci più figli sono
pochissimi i giovani per cui - direi - è prodigioso che nascano vocazioni in questo
contesto. Eppure, nascono ancora … (Montaggio a cura di Maria Brigini)